Non capita tutti i giorni che una trasmissione, per quanto annunciata in pompa magna ed al suo esordio stagionale, faccia uno share doppio rispetto alla media della rete.
Succede poi ancora più raramente che un programma stabilisca il suo primato assoluto in quattro anni di vita e dai piani alti dell’azienda che lo produce, piuttosto che complimenti, calici di spumante al cielo, non riceva neanche un piccolo “grazie”, smorzato, sussurrato. E’ il destino di Michele Santoro e della troupe di Annozero, ricominciato, quest’anno, tra il clamore generale per i tentativi di silurazione plurimi ricevuti nelle settimane successive all’esordio in video. Una volta capito che era impossibile censurare Santoro (perché un poco confliggente con la nostra Carta costituzionale), la nomenclatura Rai (la cui composizione riflette le quote partitiche in Parlamento) aveva tentato di ostracizzare uno dei punti di forza della sua trasmissione, quel pungente Marco Travaglio, che ai suoi datori di lavoro dell’azienda pubblica quando va in onda fa l’effetto della peperonata di sera. Ciò che è accaduto si sa, con il giornalista torinese ospite della trasmissione, quindi a costo zero (ha annunciato, però, che si tratta dell’ultima volta: non dovesse ricevere il rinnovo del contratto non presenzierà più gratuitamente, facendo guadagnare share e introiti pubblicitari all’azienda che vuole metterlo alla porta), ed una prima puntata brillante, certo provocatoria ma non incentrata sulla cronaca dei giorni scorsi (se non con un breve intro del conduttore, che spiegava le sue ragioni). Santoro ha mandato in video uno stranamente impacciato Feltri, evidentemente messo in difficoltà da un Corrado Formigli indifferente all’inquietante busto di Mussolini che lo osservava mentre discuteva col direttore de “il Giornale”. E poi: un redento Filippo Facci, che parlava di “comitati elettorali a Mediaset” e la prima in una tv italiana (eccezion fatta per Sky Tg24) dell’escort più famosa d’Italia, Patrizia D’Addario. E un tripudio di personaggi più o meno trascinanti: Giorgio Bocca, sbandierante il suo sentimento antitaliano che tanto ha fatto irrigidire Maurizio Belpietro, presente in studio assieme ad una Concita Di Gregorio particolarmente in forma; un libero e a ruota libera Enrico Mentana; un non entusiasmante Dario Franceschini; un battagliero (ma qualche volta in palese difficoltà) Italo Bocchino e, naturalmente, l’ospite per caso, Marco Travaglio. L’attesa per il ritorno dell’inferocito Santoro era tanta e avrà soddisfatto taluni e deluso altri, avrà fatto irritare gli uni e gongolare altri. Un dato, però, è condiviso da tutti: il 22,8% di share ottenuto, a dispetto del pur altissimo, per la rete ospitante, 19,68% di media dello scorso anno. A questo proposito, ci tocca fare un appunto, porgendo le nostre scuse ai lettori per un articolo pubblicato due giorni fa sullo stessa tema dal nostro periodico, a firma di chi vi scrive. Annozero va onda anche quest’anno su Raidue, rete di cui ha fatto la fortuna e che, nonostante gli annunci di “non gradimento” da parte del suo neo direttore Liofredi, se lo tiene ben stretto per i risultati economici indiscussi che ottiene. Nel nostro articolo si parlava di un passaggio su Raitre: cenere sul capo, quindi. Tornando ai dati di Santoro, ad ogni modo, oltre al quasi ventitré per cento di share, record assoluto per la trasmissione, festeggiato con un cartello appeso sul muro d’ingresso della redazione, snoccioliamo altre cifre: 15.294 mila contatti, con una media di 5 milioni e 592 spettatori, con una permanenza media del 35,6%. Con picchi in occasione dell’intervista alla D’Addario, di un intervento di Belpietro e dell’intervista redentrice di Filippo Facci. Prima dell’exploit finale di Vauro (34,74% di share, numeri che fanno invidia a Raiuno). Il numero di oggi de “Il Fatto quotidiano”, che continua a sbancare in edicola, al suo quarto giorno di vita, indica poi un curioso confronto. La puntata di Annozero si intitolava “Farabutti”, in “onore” alle parole di Berlusconi pronunciate a Porta a Porta, nell’ormai famosa trasmissione “a reti unificate”. Unificate perché – sì ricorderà – per l’occasione il direttore generale Masi aveva ritenuto necessario spostare il programma di Vespa eccezionalmente in prima serata (giovedì sera, mentre Santoro si cimentava sull’impervio terreno della libertà di stampa, il conduttore aquilano dedicava la sua puntata a Padre Pio), cancellando dal palinsesto possibili concorrenti (Ballarò su tutti), per dar spazio ai numeri sciorinati dal premier sulle soluzioni adottate per i terremotati dell’Aquila. Decisione, in verità, che si era rivelata non particolarmente felice, dal momento che l’ex (ex?) Sua Emittenza, che aveva approfittato della vetrina e della diretta per attaccare a muso duro i giornalisti “farabutti” che gli fanno la guerra, aveva ottenuto uno scarno 13,47% di share, facendo rimpiangere al direttore di Raiuno Mazza le belle fiction di una volta. “23 a 13 per Santoro” scrive Wanda Marra sul “Fatto”. Non ci sentiamo di dire “Ventitrè e basta”, che già di per sé è un risultato eccezionale. (Giuseppe Colucci per NL)