«È azzardato parlare di crisi del Tg1», sottolinea Minzolini, puntando il dito contro un traino meno brillante del passato, «l’ulteriore affollamento» della fascia 20-20.30 con l’arrivo su Rai3 del programma di Lucia Annunziata e le voci sul futuro della testata che finiscono per «destabilizzarla».
Saltano le nomine nel cda Rai ed è bufera. I consiglieri del centrodestra chiedono il rinvio del pacchetto con due direzioni e una vicedirezione presentato dal dg Lorenza Lei, facendo infuriare Paolo Garimberti. «Basta giochini politici, che paralizzano il cda. O dimostriamo di saper prendere decisioni o andiamo a casa», tuona il presidente, facendo appello alle istituzioni, affinche «il vento Monti cominci a spirare anche nella tv pubblica». Un clima infuocato a pochi giorni dalla decisione sul rinvio a giudizio per peculato per il direttore del Tg1 Augusto Minzolini, che ieri sera ha visto il suo notiziario raccogliere nuovamente meno ascolti del Tg5. All’ordine del giorno del giorno del cda, oltre ai palinsesti invernali che sono stati approvati (il giovedì sera nello spazio che fu di Annozero c’è un programma informativo, ma senza indicazione del conduttore), figurava un pacchetto di nomine indicate dal direttore generale: Carlo Nardello allo Sviluppo strategico, Valerio Fiorespino alle Risorse tv e Giancarlo Biacca alla vicedirezione Abbonamenti. Dal centrodestra è arrivata a sorpresa la richiesta di rinvio e la tensione è salita alle stelle, dopo la notizia di un incontro avvenuto ieri tra i cinque consiglieri della vecchia maggioranza e tre esponenti di spicco di Pdl e Lega Nord: Paolo Romani, Maurizio Gasparri e Roberto Maroni. «Quanto successo è scandaloso – sostiene un furioso Garimberti -. Il cambiamento improvviso dell’orientamento dei consiglieri rende lecito il sospetto che la scelta non sia legata a considerazioni di carattere tecnico, ma politico. Invece di dedicarsi ad incontri carbonari, questi consiglieri ci dicano cosa vogliono fare». Il presidente spiega questo atteggiamento con la volontà di far capire chi comanda davvero in azienda, ma non si spinge oltre. A Viale Mazzini, in ambienti del centrosinistra, lo stop dei consiglieri di centrodestra viene letto come «un avvertimento» al dg, chiamato a decidere sulla sospensione o meno di Minzolini il 6 dicembre prossimo in caso di rinvio a giudizio per peculato. Secondo le stesse fonti, l’intenzione sarebbe anche quella di ottenere lo spostamento di Nardello, considerato vicino al centrodestra, alle Risorse tv, area ritenuta strategica perchè gestisce tutti i contratti. «Non partecipo a dietrologie – afferma il consigliere di maggioranza Antonio Verro -. La richiesta di rinvio è legata al fatto che alcune deleghe assegnate a Nardello gli conferivano competenze che si sovrapponevano ad altre direzioni». Sull’incontro di ieri, Verro spiega che «si è parlato di tutto» e aggiunge di non credere «che vada in qualche modo giustificato». Per il collega Angelo Maria Petroni con le parole di Garimberti «si è ufficialmente aperta la campagna per la prossima consiliatura dell’Azienda». «Piuttosto che assistere ad una deriva – è la dura presa di posizione dell’altro consigliere Nino Rizzo Nervo -, è più responsabile certificare che questo vertice è giunto al capolinea». Garimberti invita anche il premier Mario Monti e il ministro Corrado Passera a guardare alla Rai, indicando come priorità la lotta all’evasione del canone e la riforma della governance. Il presidente si dice inoltre «pronto a convocare d’urgenza un cda per discutere del caso Minzolini in caso di rinvio a giudizio». Il centrosinistra continua a chiedere la sostituzione del direttore del Tg1, anche alla luce del sorpasso di ieri dell’edizione delle 20 del Tg5 (21.89% di share contro il 21.59%), dopo quello più accentuato di domenica sera. «È azzardato parlare di crisi del Tg1», sottolinea Minzolini, puntando il dito contro un traino meno brillante del passato, «l’ulteriore affollamento» della fascia 20-20.30 con l’arrivo su Rai3 del programma di Lucia Annunziata e le voci sul futuro della testata che finiscono per «destabilizzarla». (Michele Cassano per ANSA)