Landolfi contro: si mira allo spezzatino.
Intanto RaiNet annuncia: siamo bravissimi
Non c’è tempo per ripensamenti, il cambiamento è necessario, i nuovi media avanzano e le necessità di Stato, azienda e consumatori cambiano: questi alcuni dei messaggi che ieri hanno fatto da contorno alla presentazione dell’ipotesi di rivoluzione per la RAI presentata dal ministro alle Comunicazioni Paolo Gentiloni. L’idea è di fare della RAI una fondazione a cui facciano capo tre diverse società, una per gestire la rete, una per operare come emittente pubblica finanziata dal canone ed un’ultima per operare come emittente pubblica sostenuta dalla pubblicità.
A poche settimane dalla bozza di contratto di servizio che, se passerà così com’è, trasformerà il rapporto tra RAI ed Internet, il ministro vuole aprire ad una consultazione pubblica che entro marzo consenta di rimaneggiare le linee guida presentate ieri e formare un disegno di legge del Governo. Alla consultazione parteciperanno, assicura il Ministro, “tutti coloro che hanno titolo a dare un contributo”. Alcuni incontri sono già in agenda.
Sono ipotesi, ha spiegato Gentiloni, che delineano un futuro nel quale secondo il Ministro sarà più chiaro al contribuente cosa il canone va a finanziare, si ridurrà l’ammontare complessivo della pubblicità “intercettata” dalla RAI e sarà per questa più facile operare in un mercato estremamente dinamico, fatto di competitor internazionali e nuovi media. Di interesse il fatto che il contratto di servizio tra RAI e Stato durerà sei anni, ma eventuali variazioni al canone saranno decise ogni tre anni. I sei anni serviranno anche a far sì che le nomine del consiglio di amministrazione di fondazione e società controllate avvengano in modo slegato dalle legislature, che durano cinque anni. Questo dovrebbe garantire una maggiore possibilità che i CdA siano almeno in parte indipendenti dal vento politico del momento.
Da stabilire, da qui a marzo, ci sono cose essenziali come la composizione del CdA, sulla quale vi sono varie ipotesi, e da superare naturalmente le moltissime diffidenze verso una “revolution” di questo tipo. Che secondo Gentiloni, però, “non è un’opzione” ma, per così dire, una via obbligata. Secondo Gentiloni si deve lavorare sulle linee guida con “prudenza” ma sapendo che le novità “non sono un optional”. “Non vorrei – ha spiegato – che sia troppo diffusa l’opzione del “lasciamo tutto così com’è”. Altrimenti, in prospettiva futura, la tv pubblica rischia moltissimo”.
Gentiloni sintetizza in cinque obiettivi la “revolution” RAI: “Sfuggire alla tendenza all’omologazione tipica del duopolio, ridurre la dipendenza della Rai dalla pubblicità, puntare sull’innovazione, conquistare l’autonomia dal governo e dalla politica, intesa come degenerazione del rapporto fra Rai e partiti, fissare regole di funzionamento tipiche di un’azienda, in modo da garantirle stabilità, efficienza, capacità di prendere decisioni di medio e lungo periodo”.
Che la strada sia tutta in salita è già chiarissimo. Il presidente della Commissione di Vigilanza sulla RAI, Mario Landolfi, ha criticato le linee guida: “Di solito quando il Governo vuole riformare un settore presenta un articolato, un progetto di legge. Qui, invece, si apre un dibattito il cui fine ultimo è lo spezzatino della RAI, la svendita a qualcuno. Questo mi sembra il succo politico dell’operazione”. Landolfi, che è critico anche sull’ipotesi delle tre società separate, che prefigurerebbero lo “spezzatino”, concorda invece sul canone triennale e sulle proposte di Gentiloni per “esenzioni per i meno abbienti, togliendo questo odioso balzello a carico di chi non se lo può permettere”.