Una «violazione della legge» e una «illegittima menomazione delle attribuzioni del Parlamento».
Tale fu, a giudizio della Corte Costituzionale, la revoca del consigliere Rai Angelo Maria Petroni da parte del governo senza una deliberazione in tal senso della commissione di Vigilanza. La Consulta lo spiega nelle motivazioni della sentenza sul caso, depositate oggi, che fanno esultare il Pdl, convinto che la pronuncia confermi «la bontà della legge Gasparri». Ma a movimentare la giornata di Viale Mazzini è anche il nuovo allarme lanciato dal direttore generale Claudio Cappon: la gelata pubblicitaria si aggrava – scrive a tutti i dipendenti – e impone nuovi tagli nel 2009 per 60-70 milioni. La Corte si appella al principio costante in base al quale la rimozione dei componenti del cda «è in ogni caso assoggettata alla valutazione della commissione»: anche quando la nomina spettava ai presidenti di Camera e Senato, ricorda la Consulta, non era previsto alcun parere della Vigilanza sui componenti da nominare, ma era prevista «una deliberazione della commissione nell’ipotesi di revoca». La stessa legge Gasparri attribuisce sì al ministero dell’Economia una «scelta discrezionale» sul consigliere fiduciario, senza alcun intervento della Vigilanza, ma prescrive che la revoca di «tutti gli amministratori» venga «preceduta da una conforme deliberazione della commissione». Inutile appellarsi, secondo la Corte, all’interpretazione letterale della norma che prevede che tali disposizioni entrino in vigore dopo l’avvio della privatizzazione della Rai, perché non c’è «alcun ragionevole motivo» per cui nel frattempo la revoca venga «assoggettata a un regime eterogeneo rispetto a quello voluto del legislatore negli ultimi decenni». Plauso dal Pdl: per il sottosegretario alle Comunicazioni Paolo Romani, «esce confermata la bontà dell’impianto della legge Gasparri; viene riconosciuto come perfettamente legittimo al ministero dell’Economia il diritto di nominare un suo rappresentante nel cda Rai; si riconferma la centralità del Parlamento come unico depositario del diritto di revoca del rappresentante del governo e degli altri componenti del cda». Dal Pd replica Fabrizio Morri: «Restano tutti gli errori della Gasparri, che condanna la Rai all’impossibilità di una vera autonomia dai governi in carica». Intanto Cappon chiede ai dipendenti Rai ulteriori sacrifici per «60-70 milioni di euro», dopo i tagli da 110 milioni già decisi e le correzioni alla spesa che dovrebbero consentire al bilancio 2008 di chiudere in sostanziale pareggio. «Le prospettive per i prossimi mesi – scrive il dg – appaiono particolarmente difficili»: servono perciò «un’attenzione ancora più accentuata ai costi, una rigorosa selezione delle scelte compatibili e comportamenti, anche personali, rigorosi e coerenti assolutamente indispensabili per superare la crisi». Anche l’indotto, ammonisce Cappon, dovrà fare la sua parte: produttori, artisti, fornitori dovranno tagliare almeno del 10% le loro richieste. Per far fronte alla situazione, rilanciano i dirigenti dell’Adrai e l’Usigrai, all’azienda «serve un governo stabile e nel pieno dei suoi poteri». (ANSA).
Tale fu, a giudizio della Corte Costituzionale, la revoca del consigliere Rai Angelo Maria Petroni da parte del governo senza una deliberazione in tal senso della commissione di Vigilanza. La Consulta lo spiega nelle motivazioni della sentenza sul caso, depositate oggi, che fanno esultare il Pdl, convinto che la pronuncia confermi «la bontà della legge Gasparri». Ma a movimentare la giornata di Viale Mazzini è anche il nuovo allarme lanciato dal direttore generale Claudio Cappon: la gelata pubblicitaria si aggrava – scrive a tutti i dipendenti – e impone nuovi tagli nel 2009 per 60-70 milioni. La Corte si appella al principio costante in base al quale la rimozione dei componenti del cda «è in ogni caso assoggettata alla valutazione della commissione»: anche quando la nomina spettava ai presidenti di Camera e Senato, ricorda la Consulta, non era previsto alcun parere della Vigilanza sui componenti da nominare, ma era prevista «una deliberazione della commissione nell’ipotesi di revoca». La stessa legge Gasparri attribuisce sì al ministero dell’Economia una «scelta discrezionale» sul consigliere fiduciario, senza alcun intervento della Vigilanza, ma prescrive che la revoca di «tutti gli amministratori» venga «preceduta da una conforme deliberazione della commissione». Inutile appellarsi, secondo la Corte, all’interpretazione letterale della norma che prevede che tali disposizioni entrino in vigore dopo l’avvio della privatizzazione della Rai, perché non c’è «alcun ragionevole motivo» per cui nel frattempo la revoca venga «assoggettata a un regime eterogeneo rispetto a quello voluto del legislatore negli ultimi decenni». Plauso dal Pdl: per il sottosegretario alle Comunicazioni Paolo Romani, «esce confermata la bontà dell’impianto della legge Gasparri; viene riconosciuto come perfettamente legittimo al ministero dell’Economia il diritto di nominare un suo rappresentante nel cda Rai; si riconferma la centralità del Parlamento come unico depositario del diritto di revoca del rappresentante del governo e degli altri componenti del cda». Dal Pd replica Fabrizio Morri: «Restano tutti gli errori della Gasparri, che condanna la Rai all’impossibilità di una vera autonomia dai governi in carica». Intanto Cappon chiede ai dipendenti Rai ulteriori sacrifici per «60-70 milioni di euro», dopo i tagli da 110 milioni già decisi e le correzioni alla spesa che dovrebbero consentire al bilancio 2008 di chiudere in sostanziale pareggio. «Le prospettive per i prossimi mesi – scrive il dg – appaiono particolarmente difficili»: servono perciò «un’attenzione ancora più accentuata ai costi, una rigorosa selezione delle scelte compatibili e comportamenti, anche personali, rigorosi e coerenti assolutamente indispensabili per superare la crisi». Anche l’indotto, ammonisce Cappon, dovrà fare la sua parte: produttori, artisti, fornitori dovranno tagliare almeno del 10% le loro richieste. Per far fronte alla situazione, rilanciano i dirigenti dell’Adrai e l’Usigrai, all’azienda «serve un governo stabile e nel pieno dei suoi poteri». (ANSA).