Un’immagine si ripresenta davanti agli occhi stanchi di Sandro Curzi, il più anziano consigliere d’amministrazione della Rai, che ha recentemente sconfitto un brutto male ai polmoni che da anni lo teneva in ostaggio. L’immagine è quella della troupe di Sky Tg24, una cricca di ragazzi che, al volante di moto e motorini arrivano sul luogo del delitto oltre mezz’ora prima degli stanchi carrozzoni della Rai. La ripartenza dell’azienda di Stato, secondo Curzi, parte proprio da qui: dall’innovazione tecnologica. Ma non solo, la ricetta del saggio comprende anche una decisa virata dal modello che oggi prevale e che è quello dei reality, dei talkshow che parlano solo di gossip, dei fallimenti come “X Factor”. Altrimenti, sostiene, la Rai finirebbe come l’Alitalia, prosciugata, sfruttata e poi bistrattata, fino ad essere trattata come un paria che nessuno vuol toccare.
La Rai è in mano a microcorporazioni, “microfeudi”, come Curzi li chiama. Sono loro il vero cancro dell’azienda, secondo lui. Sono piccole logge che si autoalimentano, che sfruttano gli appoggi politici, che finiscono per segmentare la Rai in un’infinita serie di lotti, difficili da scardinare. Gli ultimi dati, poi, sono stati davvero agghiaccianti: ieri sera tutte e tre le reti Rai hanno totalizzato nel complesso il 31% di share, a fronte del 51% delle reti Mediaste, una vera debacle. La sola Canale 5 ha totalizzato il 28%, quasi quanto tutti i canali dell’azienda avversaria. E poi, sempre secondo quanto Curzi sostiene, il ritorno di Bonolis per Sanremo, le continue chance date alla Ventura dopo gli ultimi flop, programmi come “L’Italia sul Due”, dovrebbero lasciare il posto ad altri modelli, ad un altro genere di servizio pubblico che non è quello attuale, sempre più omologato sulla falsa riga (e con risultati, se volgiamo, ancor più scadenti) dei programmi tipici della tv commerciale.
La Rai deve uscire da questo stallo, deve rigenerarsi, uscendo dalle logiche del potere politico e puntando, investendo su un’innovazione tecnologica e tematica, attesa oramai da oltre dieci anni. Altrimenti si corre il rischio di finire come Alitalia. Parola di Sandro Curzi. (Giuseppe Colucci per NL)