Il Consiglio di Stato boccia il decreto del Mise sul canone in bolletta: bisogna chiarire quali dispositivi sono soggetti all’imposta e risolvere le problematiche di privacy; per Giacomelli “utile suggerimento di integrazione e chiarimenti”.
Esplodono in polemiche le associazioni di categoria creando un fastidioso frastuono di fondo. Si apre un ulteriore capitolo nella vicenda del canone Rai che, da luglio, dovrebbe essere inserito nella bolletta elettrica. Dopo le difficoltà nell’approvazione della norma (inserita nella legge di stabilità a seguito di una serie interminabile di modifiche e revisioni) e le ulteriori complicazioni dovute al ritardo del decreto ministeriale, adesso si aggiunge la recente bocciatura da parte del Consiglio di Stato di quest’ultimo. Secondo palazzo Spada, infatti, il decreto scritto dal Ministero dello Sviluppo Economico non offre una precisa “definizione di apparecchio tv” oltre a non precisare esplicitamente che il canone è dovuto una sola volta, a prescindere dal numero di dispositivi che si possiedono. Mentre il secondo punto sembra più che altro un eccesso di precisione (visto che il decreto indica che l’imposta sia dovuta una volta per la casa di residenza), non è invece la prima volta che si sente parlare della problematica dei dispositivi interessati; la definizione di “apparecchio atto o adattabile alla ricezione del segnale” lascia, infatti, non pochi dubbi nell’epoca dello streaming con pc, tablet e smartphone perfettamente idonei a ricevere le trasmissioni radiofoniche e televisive. Esiste realmente, dunque, la necessità di specificare meglio quest’aspetto, come del resto era già stato sottolineato a più riprese (anche da questo periodico) già all’inizio dell’iter legislativo. Altra criticità evidenziata, riguarderebbe una problematica di privacy dovuta, sempre secondo il Consiglio di Stato, alla considerevole mole di dati che dovranno scambiarsi gli enti coinvolti senza che esista una sola e “disposizione regolamentare” riguardante il rispetto della riservatezza. Il tutto, arriva fra l’altro a ridosso della scadenza del 30 aprile, data ultima entro la quale gli utenti, che secondo le nuove condizioni risultano esentati dal pagamento dell’imposta, devono far pervenire le opportune autocertificazioni per non doversi ritrovare la gabella nella bolletta di luglio. Secondo il sottosegretario alle comunicazioni Giacomelli, il parere del Consiglio di Stato è da interpretarsi come “un utile suggerimento di integrazioni e chiarimenti” e fa sapere, inoltre, che si sta considerando la possibilità di estendere al 15 di maggio la scadenza del 30 aprile sopracitata. Più drastiche sono invece le associazioni dei consumatori che, appena ricevuta la notizia, hanno iniziato ad azzannarsi per spolpare per primi l’osso; si passa dal parlare dell’inaccettabile tentativo “di fare cassa sulle tasche delle famiglie” (principio secondo il quale si potrebbero attaccare le tasse in generale) al suggerimento di “rinunciare del tutto al provvedimento”, dimenticandosi categoricamente di discutere le ragioni avanzate dal Consiglio di Stato, che non ha affatto bocciato il principio generale alla base. Sembra di stare in mezzo ad una sorta di teatro degli orrori mentre la scadenza di luglio sembra sempre di più troppo vicina per l’applicazione dei necessari correttivi. (E.V. per NL)