"La Rai non è un soprammobile con tanti oggetti inutili di cui potersi disfare facilmente. La decisione del governo di chiamare la Rai ad un sacrificio di 150 milioni per il risanamento dei conti dello Stato dovrà essere allora verificata intelligentemente dall’azienda e dallo stesso Esecutivo perché non ci siano scelte meramente tecniche che alla fine abbiano come risultato l’impoverimento della funzione di servizio pubblico".
E’ il monito di Franco Siddi, segretario della Federazione nazionale della stampa. "Vendere beni immobili delle sedi regionali e fare risparmi in una loro riorganizzazione può essere cosa buona e giusta. Sarà bene, però – argomenta Siddi – evitare qualsiasi tentativo di chiusura di presidi, fondamentali per il pluralismo diffuso, oltre che per la coesione civile del Paese attraverso un servizio pubblico di informazione, cultura e rappresentazione della vita sociale e pubblica sottratta a interessi privati. Per quanto riguarda l’autorizzazione a vendere Rai Way, anche qui si tratterà di verificare concretamente come questa ipotesi potrà essere declinata. La vendita totale sarebbe un danno per il Paese, non tanto per l’azienda, perché si priverebbe di un asset fondamentale per la libertà di comunicazione come il potere e la gestione delle frequenze e della stessa capacità trasmissiva. Altro sarebbe l’introduzione di nuovi elementi societari e di efficienze gestionali. Occorrerà quindi bene intendersi nello sviluppo di un processo delicato che sarà positivo solo se davvero creerà opportunità di maggiore competitività e qualifica azione della Rai". Quanto all’editoria, infine, "bene la conferma dei fondi per un settore in crisi, che ha bisogno di poter rilanciare innovazione e occupazione professionale, meno bene la cancellazione della pubblicazione dei bandi pubblici sui giornali. Sarà utile un riflessione – conclude il segretario della Federazione nazionale della stampa – che tenga insieme le spese possibili per questo servizio da parte della Pubblica Amministrazione e soprattutto l’opzione trasparenza su materie oltremodo delicate come appalti e concorsi pubblici. I mezzi della moderna comunicazione in rete da soli non bastano ad assicurarla". (ANSA).