La scelta dei Radiohead è diventata un caso. Un caso di cui tutti stanno parlando e sul quale si è espresso anche il Wall Street Journal, in questa occasione particolare per denunciare la politica, presumibilmente scorretta, per la quale si stanno distribuendo dischi in stile “pwyw” (acronimo inglese di “pay what you want”, “paga quanto vuoi”, ndr). L’idea è quella di permettere il download integrale del disco dal sito ufficiale della band in questione, a fronte di un’offerta libera, con la possibilità, espressa chiaramente, di ottenere il disco anche in forma totalmente gratuita. Questo è il piano d’azione dei Radiohead, già messo in atto in tempi recenti da band meno note e che starebbe incuriosendo altri nomi famosi, come succede per i Nine Inch Nails o per gli Oasis, che vorrebbero testare sulla loro pelle la stessa strategia di marketing. Perché di marketing effettivamente si tratta: se la facciata è quella di una band “buona” che decide dall’oggi al domani di scontrarsi, apparentemente, con la volontà di major e, più i generale, con il profitto dell’industria musicale, la realtà è decisamente molto diversa. Non dovendo più considerare molte di quelle voci di spesa, derivanti dalla regolare produzione di un compact disc, i musicisti che si affidano alla distribuzione online, possono, oltre tutto molto facilmente per il Wsj, ottenere profitti più alti. La rivista di Murdoch avrebbe così calcolato che, una band qualunque, guadagnerebbe di più del normale anche se il disco venisse pagato meno della metà del prezzo consigliato al mercato. Ciò che ha fatto diventare caso questa notizia è proprio il fatto che, la media dei prezzi pagati finora, secondo indiscrezioni arrivate da persone nell’entourage della band, sarebbe di circa 4 sterline (7 euro), cifra decisamente superiore a qualunque previsione. Così la testata, ora del gruppo di Murdoch, preferisce mettere in cattiva luce la band inglese, chiedendo espressamente perché, tra le altre cose, i Radiohead avrebbero rilasciato il disco “In Rainbows” online, in una versione mp3 solo da 160 Kbps (infatti sarebbe stato possibile distribuire i singoli brani con qualità superiore, ndr).
Non rimane però alcun dubbio sul fatto che il mercato musicale stia cambiando con l’arrivo, e soprattutto l’imporsi, del digitale. I dati Nielsen dimostrano infatti che a fronte di una perdita del 29% di diffusione del cd, i download legale dei brani è cresciuto, nei primi tre mesi di quest’anno del 57%. Che la distribuzione online sul modello Radiohead diventi un classico nel giro di qualche anno? (Marco Menoncello per NL)