Siamo in mezzo al guado. Tecnicamente la crisi è finita: i segnali di ripresa da marzo sono stati precisi e concordanti e la percezione generale è, in tal senso, positiva. Tuttavia, il conto del disastroso semestre settembre 2008/febbraio 2009 (con particolare riferimento ai paurosi primi due mesi dell’anno) è stato consegnato al settore radiofonico locale questa estate: il ritardo medio dei pagamenti va dai tre ai sei mesi, così creando alle imprese un impatto finanziario negativo posteriore che difficilmente subirà un’inversione prima di fine anno. Poi, col 2010 comincerà, secondo gli analisti, a mostrarsi con più luminosità la ripresa e, verosimilmente, anche la difficoltà monetaria si lenirà progressivamente. Questa crisi, però, è collimata con il compimento di alcuni fenomeni in nuce da almeno un anno, che, anche se non lasceranno necessariamente profonde cicatrici, probabilmente cambieranno per sempre alcuni aspetti del settore. In questo articolo cercheremo di tracciare sommariamente tali fenomeni. Primo: i valori degli impianti FM dopo aver raggiunto (nel 2007) il massimo storico si sono ormai assestati o, in diversi casi, corretti su livelli più razionali. Ciò è stato determinato, prima di tutto, dal fatto che la cerchia dei potenziali acquirenti si è ridotta, poiché già una significativa parte dei maggiori player ha raggiunto la dimensione diffusiva congeniale e quindi ha rallentato la corsa alla implementazione impiantistica. Eppoi gli editori hanno compreso (o stanno realizzando) che il fatto che la loro impresa sia valutata tanto quanto gli impianti asserviti, conduce a considerare pari a zero l’avviamento editoriale; condizione che si traduce in una mortificazione personale, prima che in una bizzarria economica. Tra l’altro, assegnare alla consistenza impiantistica dell’emittente tutto il valore economico dell’azienda genera la tendenza psicologica degli editori locali (e forse non solo loro) a contrastare qualsiasi sviluppo tecnologico per la distribuzione del segnale alternativo all’FM, nel timore che essa possa da ciò subire una svalutazione. Terzo: l’improvvisa difficoltà economico-finanziaria prodotta dalla crisi mondiale ha indotto, in genere, a due differenti comportamenti. C’è stato l’imprenditore radiofonico che si è atterrito e ha preso convulsamente a fendere i costi, senza una strategia precisa, creando spesso un tracollo qualitativo del prodotto e producendo un circolo vizioso dal quale sarà molto gravoso uscire. Dall’altra parte, invece, vi è chi ha agito contro lo tsunami economico con risoluzione e, per rendere più competitivo il proprio prodotto, ha riscoperto quella creatività radiofonica italiana (non ineluttabilmente costosa) che era stata messa nel cassetto per troppo tempo. Tra i due estremi, si è posata una terza reazione: la ricerca di contenuti di qualità in outsourcing per limitare, da una parte, i costi di produzione e, dall’altra, per offrire alla propria utenza trasmissioni di maggiore qualità. In questa prospettiva è stata registrata una richiesta di opportunità di syndication, formula che era sembrata negli ultimi anni perdere di smalto. Ciò spiega, per certi versi, l’interesse di molti editori locali per un progetto quale quello di RLM (la nuova offerta editoriale dichiaratemente in syndication di Franco Mignani, storico editore di Lattemiele), di cui abbiamo parlato qualche settimana fa e che solo un paio d’anni fa sarebbe probabilmente passata inosservata. Quarto: molti editori locali hanno capito che per fare una buona radio locale non basta una lucida intuizione, ma ad essa devono soccorrere speciali competenze per la traduzione in pratica. In tal senso, il contributo di consulenti editoriali/artistici e di marketing qualificati (si contano sulle dita di una mano in Italia) ha provato, in ormai molte occasioni, la propria importanza per il rilancio di emittenti appannate. Quinto: dal punto di vista commerciale, la crisi ha pungolato, nelle reazioni più virtuose, un’inventiva per l’accrescimento delle potenzialità del mezzo radiofonico locale, che ancora troppo spesso è abusato per la veicolazione di spot fiacchi e mediocri con campagne pubblicitarie destinate già dall’esordio al fallimento. Deleteria è poi la tendenza degli ultimi anni a vendere le radio locali "a pacchetto" sul relativo mercato, facendo perdere nel mucchio eventuali peculiarità singole che meriterebbero sessioni pubblicitarie studiate ad hoc. Anche in questo caso, opportuno per una efficace ristrutturazione del comparto commerciale risulta un esame prudenziale di tipo scientifico del bacino illuminato per poter esaltare una missione imprenditoriale di successo. Sesto: sul piano tecnico si stanno comprendendo le potenzialità del connubio tecnologico. Fare webcasting, non significa, infatti, solo riproporre sulla rete quanto irradiato in FM, ma sfruttare le enormi possibilità di Internet per integrare e migliorare il prodotto/servizio (podcasting, contributi audio/video di supporto; informazioni accessorie; strumenti di interazione e controllo editoriale e commerciale; ecc.). Si spera ora che da questa dura e intensa esperienza la radiofonia locale italiana trarrà giovamento, correggendo quegli errori che ne hanno finora ostacolato la definitiva maturazione.