Il problema della radio non è la difficoltà di raggiungere obiettivi posti troppo in alto, ma la malsana abitudine a porsi obiettivi bassi e, una volta raggiunti, ad accontentarsi.
Questo è il punto di vista di Wayne Ens, consulente specializzato nel settore radiotelevisivo, condensato in un recente articolo su InkRadio.it, testata di riferimento della radiofonia statunitense. Secondo Ens, chi lavora nel settore radiofonico – nello specifico quello statunitense, ma il discorso può essere esteso a livello globale – si sarebbe lasciato talmente tanto prendere dal panico originato dalla crisi dei media, da piombare in un circolo vizioso di autocommiserazione anziché cercare una soluzione efficace per superare il momento di difficoltà.
I problemi della radio sono reali: il mercato pubblicitario continua a restringersi per tutti i media tradizionali, in favore sempre più dell’online, che erode sempre più le risorse che una volta erano appannaggio esclusivo di radio, tv e carta stampata; inoltre, la “vecchia” radio FM soffre ora la competizione diretta di altre forme di audio-intrattenimento e audio-informazione via IP (web radio tematiche, brand bouquet, podcast informativi).
Wayne Ens ritiene però che le difficoltà esistenti dovrebbero stimolare chi lavora nel settore radiofonico a cercare nuove soluzioni, mentre invece la maggior parte dei broadcaster si autoconvince che non ci sia nulla da fare e abbassa progressivamente l’asticella dell’offerta e, conseguentemente, degli obiettivi. Questo atteggiamento, e non la crisi in sé per sé, sarebbe – secondo Ens – la causa del vortice discendente che sta travolgendo il settore. L’esperto ha citato un esempio di scuola che funziona da efficace parabola: la storiella di Luigi, proprietario di un foodtruck specializzato in hot dog, che ha fatto la propria fortuna usando materie prima di qualità, restando aperto a lungo e investendo molto in pubblicità; poi, spaventato dall’allerta dell’arrivo di una fase di recessione economica, segue i consigli del figlio, più informato ed istruito di lui: usare materie prime meno costose, chiudere prima per consumare meno energia, spendere meno in pubblicità.
Il risultato della strategia difensiva, però, non è quello di salvare l’attività dalla congiuntura economica negativa, ma di affossarne vendite e guadagni, autoavverando la funesta profezia. Luigi, per paura, ha sacrificato le caratteristiche che rendevano la sua attività di successo, mentre avrebbe dovuto puntare proprio su quelle per superare i tempi difficili: traslando l’esempio sulla radio, ciò su cui ci si dovrebbe concentrare – a parere di Ens – è l’essere “live and local”, cioè offrire contenuti in diretta (e non registrati, come avviene sempre più spesso) e dalla forte connotazione locale (troppe volte snaturata in favore della ricerca di un pubblico numericamente più ampio).
Si tratta di due caratteristiche evidentemente “tradizionali”, ma specifiche del medium in discorso: secondo la prospettiva fin qui descritta, la chiave di volta del superamento della crisi sarebbe il focus su queste features, l’opportunità di cambiare ed evolversi senza tradire l’anima della radio, bensì investendovi risorse ed energie in maniera decisa e convinta. (V.D. per NL)