Forse la vendita di una delle tre emittenti del gruppo GEDI alla famiglia Angelucci – Radio Capital – si farà e magari a breve. Ma non è questo il punto, considerato che gli effetti sottesi all’operazione, sul mercato, si sono già verificati.
La sintesi
Si ritorna a parlare della possibile vendita di Radio Capital dal gruppo GEDI alla famiglia Angelucci (che edita i quotidiani Il Giornale, Libero, Il Tempo). Secondo il quotidiano Il Foglio, sarebbe imminente la definizione del deal.
Operazione che, probabilmente, avrebbe un impatto sul mercato non tanto per l’acquisizione in sé (difficilmente l’ingresso degli Angelucci nel mercato nazionale con una sola emittente a bassa classifica d’ascolto potrà alterare gli equilibri consolidati), quanto per i segnali che manda.
E cioè, da una parte, la volontà di disimpegno di GEDI dal settore radiofonico, ancorché per una sola delle tre emittenti nazionali possedute (il massimo possibile ai tempi della L. 223/1990, ma anche il minimo per poter incidere sul mercato, secondo il mantra di Silvio Berlusconi) e, dall’altra, l’attuale valore delle imprese radiofoniche e – considerato il peso dei relativi asset nei bilanci societari – delle frequenze FM.
Asset (non più) strategico
A riguardo, secondo alcuni osservatori, per GEDI la radio non sarebbe più strategica o quantomeno non lo sarebbero quelle diverse da Radio DeeJay, sicché, se vi fosse un (altro) compratore anche m2o potrebbe fare l’eventuale stessa fine. Ma sono voci (regolarmente smentite, ma, si sa, anch’esse fanno spesso parte dei giochi)…
Valori degli asset
L’unica questione significativa, almeno ai nostri occhi, paiono essere i valori dell’asset concessione nazionale + impianti FM + marchio, ormai noti (e non smentiti).
12 vs 30
Asset valutato dagli Angelucci 12 milioni di euro e da GEDI tra 25 e 30 (quindi 25). Importo che, evidentemente, ha allungato la trattativa, che, però, ora potrebbe essere in dirittura d’arrivo. Perché piuttosto di niente, si dice, potrebbe essere meglio piuttosto.
Il nodo
Ridistribuzione
Consistenza organica che, qualora non trasferita alla newco degli Angelucci (che avrebbero escluso tale possibilità), avrebbe potuto (rectius, potrebbe) imporre la ridistribuzione sugli altri asset di Elemedia o, più in generale, di GEDI, appesantendone la gestione.
Il cane e la sua coda
E, quindi, rideterminando quel problema di costi che si vorrebbe correggere attraverso l’alienazione di un bene (evidentemente) considerato non più funzionale alle logiche di gruppo.
Frizioni e contenziosi
Peraltro, l’esperienza insegna che operazioni di questa portata quasi mai si concludono senza frizioni sindacali e contenziosi giudiziali.
I valori…
Comunque sia, tornando al discorso iniziale dell’interesse specifico sulla questione, quand’anche volessimo limitarci a valutare l’oggetto della trattativa, cioè brand, concessione e ferro (le frequenze FM), dalla ricostruzione effettuata, l’iscrizione a bilancio 2022 di quest’ultimo nella s.p.a. Elemedia è di circa 86 mln di euro.
Ripartizione
Dei quali una quarantina riferibili a Radio DeeJay e presumibilmente poco meno di una trentina a Capital ed il resto a m2o (bilanciamenti attraverso migrazioni di impianti da Capital a m2o a parte).
… in caduta libera
Tutto sommato – spiegavamo qualche mese fa – valori non molto disallineati da quelli di mercato (a differenza di altri gruppi che hanno iscritto valutazioni totalmente scollegate dalla realtà), anche se in caduta libera (nella prospettiva di un azzeramento entro il 2035).
Vita utile del bene
Quest’ultimo aspetto è infatti particolarmente rilevante, considerato che un eventuale acquirente dovrebbe suddividere il valore d’acquisto del bene per i suoi anni di vita utile.
Orizzonte temporale FM
Quindi per andare al sodo, al netto degli (importanti) costi d’esercizio delle frequenze FM acquisite e dell’impegno economico per la realizzazione e promozione del prodotto, il business plan degli Angelucci dovrebbe tenere in considerazione la durata di vita residua della modulazione di frequenza e quindi l’effettiva potenzialità di sfruttamento degli impianti analogici.
Il comportamento degli utenti
Non tanto in previsione di improbabili switch-off FM/DAB+, quanto per disaffezione dell’utenza e costrizioni tecnologiche. Non è infatti elemento irrilevante di valutazione il fatto che le nuove autoradio discriminano la FM a favore del DAB+.
Il futuro sulle quattro ruote
E presto faranno la stessa cosa a danno di quest’ultimo, favorendo soluzioni streaming come Android Auto ed Apple Car Play. Anzi, in qualche caso già lo fanno.
Quel che resta dell’analogico
Quando parliamo di FM, del resto, ci riferiamo all’ultimo baluardo analogico nelle comunicazioni elettroniche.
Scelte differenti
Un bastione su cui il gruppo GEDI ha confidato forse più di altri gruppi radiofonici, più sensibili ed attivi sulle piattaforme di distribuzione digitale.
Senza il traino
Ben si comprende, quindi, la scarsità di soggetti interessati ad un asset troppo radicato sull’analogico e niente affatto brillante per riscontri di audience, che, una volta acquisito, non godrebbe più del traino commerciale del prodotto di punta (DeeJay) e comunque delle sinergie editoriali di gruppo.
I conti
Circostanza rilevante nel caso di specie, considerato che già la marginalità delle attività radiofoniche di Elemedia è quasi insignificante nell’universo GEDI (ricavi di 490 mln nel 2022, -6% vs 2021): nel 2012 i ricavi radiofonici erano di 60,4 milioni di euro, con un risultato operativo positivo per 16,4 milioni; nel 2022 i ricavi erano scesi a 57 milioni di euro, con un risultato operativo crollato a 2,6 milioni, di cui è facile ipotizzare la componente di Capital (se esistente).
Dubbi
E che, ovviamente, avevano da subito sollevato molti dubbi sulla possibilità di collocazione dell’asset Radio Capital ai valori auspicati da GEDI, che troppo poco aveva fatto in questi anni (e sta facendo tuttora) per dematerializzarsi, cogliendo la necessità di seguire la via degli OTT.
Incentivo al superamento del concetto di broadcasting
Come detto in apertura, è quindi ormai certo che questa operazione – che si faccia o meno – costituirà un forte incentivo per tutti i player che ancora non l’hanno fatto, ad abbracciare i processi di bypass dei multiple-system operator nel controllo o nella distribuzione del contenuto, prima di trovarsi solo con del ferro da rottamare.
Il precedente
Peraltro, la vicenda di Capital fa venire alla mente un’altra operazione, complicata e molto simile per principi economico-finanziari-editoriali, conclusasi poco più di un anno fa nella stessa famiglia editoriale: la vendita de L’Espresso.
Conclusioni
Quindi, per concludere, il punto non è che gli Angelucci comprino Radio Capital o meno, in termini di riflessi sul mercato della radiofonia nazionale (che al più si polverizzerà ulteriormente) ma quanto valgano oggi le emittenti. O almeno quanto pesa la componente materiale. (M.R. per NL)