Il New York Post, confermando le indiscrezioni pubblicate qui qualche settimana fa, riferisce che il creditore più grande di iHeart Media sarebbe pronto a sottoscrivere un accordo per un piano di ristrutturazione del debito.
Il fondo Franklin Resources starebbe infatti lavorando con le società di investimento PJT Partners per definire il piano da presentare alla società la prossima settimana.
Franklin possiede 2,3 miliardi di dollari del debito da 20 miliardi di iHeart, per il quale avrebbe intenzione di chiedere agli altri creditori ed agli azionisti di ottenere una quota di maggioranza nel broadcaster a fronte di una riduzione dell’esposizione (si parla di un miliardo di dollari, che dovrebbero essere pagati prima che i titolari di azioni possano prendere qualsiasi distribuzione o dividendi).
La proposta di Franklin è comunque condizionata all’assenso di quella degli altri creditori, guidati da Symphony Asset Management, che ha fatto sapere che “non firmeranno nessun nuovo accordo, a meno che Franklin non abbia accettato le loro condizioni”.
Ad ogni modo, mentre è altamente probabile che si addivenga ad una soluzione del pasticcio finanziario, posto che l’alternativa sarebbe un crack spaventoso che non converrebbe a nessuno, dubbio rimane il futuro di iHeart se non si metterà mano radicalmente ad un modello di business del tutto superato. La fruizione radiofonica sta infatti cambiando profondamente, passando da un sistema di relativamente poche stazioni orientate a molti utenti a quello di molte emittenti (IP) destinate a relativamente pochi utenti, puntando a mantenere inalterata la massa degli ascolti.
Ma il problema più imminente dei grandi broadcaster di tutto il mondo è quello di evitare di finire fagocitati dagli OTT di Internet (Google, Facebook, Amazon), come sta succedendo alla tv.
Per farlo la radio deve mutare pelle imparando dalla Waterloo della tv: il confronto con YouTube.
E quello che accadrà con la ristrutturazione di iHeart sarà un percorso molto istruttivo per tutti. (M.L. per NL)