In una dichiarazione della SEC (Securities and Exchange Commission, l’ente federale statunitense preposto alla vigilanza della borsa valori, analogo all’italiana Consob) alla fine della scorsa settimana, iHeart Communications ha illustrato in dettaglio le trattative in corso dell’azienda con i creditori per trovare un modo per gestire oltre 20 miliardi di dollari di debiti (oggettivamente insanabili nel complesso).
iHeart Media Inc. (già Clear Channel Media Holdings, Inc.) è un’azienda statunitense con sede a San Antonio, Texas. Il 16/09/2014, CC Media Holdings è stata rinominata iHeartMedia, Inc., mentre Clear Channel Communications è diventata iHeart Communications Inc.
Con 860 stazioni radio AM e FM negli Stai Uniti, iHeart Media è il più grande operatore radiofonico nazionale. Consapevole del mutare dei tempi, la società ha ampliato la propria presenza sull’IP, creando il brand bouquet online iHeart Radio (750 canali), che è esso stesso una piattaforma aggregatrice.Sennonché, appesantita dalla gestione di infrastrutture costose ed un modello di business probabilmente superato, il colosso ha iniziato a scricchiolare sui propri piedi d’argilla.
La società guidata da Bob Pittman, il creatore di MTV, dovrà saldare entro il 2019 l’ingente cifra di 8 miliardi di dollari su un complesso di un debito lievitato fino a 20 miliardi.
Nel 2016 il gigante americano aveva lanciato un servizio streaming di discreto successo basato su Napster, ma le entrate dalla raccolta pubblicitaria non sono state sufficienti a far risalire la china. Così l’azienda di San Antonio è finita sull’orlo della bancarotta, motivo per cui da due anni è iniziata un’attività di “riesame” dell’infrastruttura diffusiva via etere, integrata da una gestione fatta di tagli e contenimento dei costi. Ad aprile 2017 si era tentato di convincere i creditori a rifinanziare più di 14 miliardi di vecchi debiti con nuovi e attraverso la cessione di quote della Clear Channel Outdoor Holdings, ma la proposta era stata rifiutata.D’altra parte, il management del gruppo già alla fine del 2016 aveva espresso forti dubbi sulla possibile continuità operativa nei successivi 12 mesi vista la difficoltà a ripianare i 350 milioni di dollari di finanziamenti in scadenza nel 2017. Dì lì in poi è stato un susseguirsi di febbrili trattative che hanno portato all’esame dei creditori varie soluzioni per far fronte al default.
Sta di fatto che, all’inizio di questo mese, l’iHeart Board ha concordato di non effettuare un pagamento di interessi di 106 milioni di dollari e punta ad una rinegoziazione del debito coi principali creditori con finanziatori che propongono 5,5 miliardi di dollari in una iHeart ricapitalizzata (oltre 5-7 anni), col 94,75% di capitale in iHeart e il 100% di proprietà in iHeart Outdoor.La controproposta di iHeart agli istituti di credito è di 5,5 miliardi di dollari in nuovi debiti, 89,5% di capitale in iHeart e 100% di proprietà in iHeart Outdoor (il 10 gennaio iHeart ha proposto l’88,3% di equity in iHeart e il 100% di proprietà in Outdoor).
Nelle rappresentazioni che riportiamo vi sono le due proposte più recenti di ristrutturazione che sono state depositate presso la SEC il venerdì scorso.Intanto la società, anche al fine di dare un segnale al mercato (ed ai creditori), sta alacremente studiando una profonda revisione del suo modello di business nella direzione di un accelerazione del processo di progressivo disimpegno della gestione di costose infrastrutture puntando a nuove soluzioni editoriali più orientate alle richieste del mercato, in particolare a riguardo del promettente business delle auto interconnesse e dei brand bouquet, dove, peraltro, come detto in apertura, iHeart è stata pioniera. (E.G. per NL)