Ruggiero e Gavrila (docenti universitari e relatori di Universi sonori): chiara differenza tra mercato inglese e italiano, francese e spagnolo. Mentre in Gran Bretagna l’ascolto rimane abbastanza costante durante e post pandemia, in Italia, Spagna e Francia, nel 2020 c’è stata una rottura nelle modalità trasmissive tradizionali.
Tuttavia, mentre per la Francia, che trasmette prevalentemente in FM, il ritorno alla normalità è risultato particolarmente difficile, in Italia la tenuta del mercato radiofonico è stata maggiore.
Nel 2020 la radiovisione è cresciuta di circa l’11%, con oltre 41 milioni di adulti che ascoltano programmi radiofonici, 27 milioni che utilizzano anche altri dispositivi oltre a quello tradizionale e all’autoradio, 10 milioni ascoltano programmi radiofonici solo su altri dispositivi.
Il problema che si pone è quello della rilevazione dell’audience. Le metodologie attuali di rilevazione delle audience non sono più in grado di restituire la realtà di un ecosistema sonoro estremamente complesso e diversificato rispetto a 15 anni fa.
Il convegno Universi sonori
Mercoledì 29 marzo 2023 a Roma si è tenuto Universi sonori (dalla radio tradizionale ai nuovi spazi di produzione e ascolto), un convegno “sul presente e sul futuro dell’ecosistema sempre più complesso e diversificato della radiofonia”.
L’iniziativa, nata dalla collaborazione tra il Dipartimento di Comunicazione e ricerca sociale dell’Università Sapienza e Confindustria Radio Televisioni, con l’obiettivo di condividere con la comunità universitaria e dei giovani, più in generale, i principali trend e le idee progettuali intorno alla radio e al consumo di contenuti audio ha visto la partecipazione di operatori radiofonici e studiosi.
NL ha raggiunto due di questi per approfondire alcuni temi trattati.
Gli interlocutori
I docenti sono il prof. Christian Ruggiero, ricercatore in Sociologia dei Processi Culturali e Comunicativi, presso l’Università Sapienza di Roma, esperto di comunicazione politica e sociologia del giornalismo e con Mihaela Gavrila , professore associato di Studi Televisivi e Sociologia dei Processi Culturali e Comunicativi presso la medesima università.
Universi sonori
(Newslinet) – La vostra analisi su quali elementi si è basata, relativamente al mezzo radio?
(Christian Ruggiero) –“Universi sonori” è stata l’occasione per cercare di incrociare i risultati di diverse analisi, con diversi focus specifici.
Il punto di partenza riguarda quello di cui oggi parliamo quando ci riferiamo al “mezzo radio”: è evidente che non possiamo fare riferimento solo al il broadcast analogico, perché nella struttura, che è ancora vivissima, del flusso one to many, un ruolo fondamentale ormai da diversi anni spetta alla trasmissione in digitale, dunque a simulcast e DAB.
Ecosistema Audio-Suono
È per questo che l’Ufficio Studi Rai ha coniato il termine “Ecosistema Audio-Suono” – la cui versione in lingua inglese è stata presentata all’inizio della sessione pomeridiana del convengo. Le tecnologie distributive di quella che una volta avremmo semplicemente chiamato “radio” devono necessariamente convivere, e la moltiplicazione dei punti di accesso (ossia dei luoghi nei quali si ascolta la radio) e dei dispositivi a disposizione degli utenti per un consumo che spazia dal live all’on demand, conducono a forme di convivenza sempre più interessanti per noi studiosi.
Gli studiosi della Radio
Occorre poi considerare la pluralità di soggetti che studiano la radio, oltre all’Università. Abbiamo già citato l’Ufficio Studi della Rai, che porta avanti una storica tradizione di collaborazione anche con diversi soggetti universitari. Ma le modalità di produzione e consumo del prodotto radiofonico sono oggetto di studio per una pluralità di altri soggetti, dalle associazioni “di categoria”, come Confindustria RadioTelevisioni che con il Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale della Sapienza ha organizzato il convegno, fino alle società di ricerche di mercato.
Interesse per il podcast
È significativo, in questo senso, che l’interesse per il podcast abbia trovato spazio in un intervento di IPSOS in qualche modo definitorio del campo di studio, di tono quasi accademico, e poi in uno di una società di sviluppo del Digital Audio, MDE Audio Strategy, che ha invece focalizzato l’attenzione sulla frontiera più avanzata del mercato pubblicitaria, il branded podcast.
Approcci complementari
Tra gli obiettivi del convegno c’era la volontà di mostrare plasticamente come su determinati temi gli strumenti, gli approcci, gli sguardi di soggetti diversi, pubblici e privati, potessero essere complementari. E crediamo di esserci riusciti.
Le differenze tra i mercati
(NL) – Quali sono le principali differenze del mercato italiano rispetto agli altri mercati europei da voi valutati?
(Mihaela Gavrilla) – È interessante, ma non sorprendente, tenuto conto dell’estensione globale della pandemia da Covid 19 e delle modalità con le quali è stata affrontata nei pasi europei ed extra-europei, notare una chiara differenza tra il mercato inglese e quelli italiano, francese e spagnolo. Mentre in Gran Bretagna l’ascolto rimane abbastanza costante durante e post pandemia, con leggere variazioni in decremento, diverso è il caso dell’Italia, della Spagna e della Francia, che vedono nel 2020 un vero momento di rottura, soprattutto per le modalità trasmissive tradizionali.
Francia e Italia
Tuttavia, mentre per la Francia, che trasmette prevalentemente in FM, il ritorno alla normalità è risultato particolarmente difficile, principalmente per le radio musicali, in Italia la tenuta del mercato radiofonico è stata maggiore.
I dati di Universi sonori
In effetti, lo dimostrano i dati illustrati durante il convegno da Albino Pedroia, a conferma di altre fonti disponibili, anche se in Italia la radio non ha mai avuto la fortuna che ha avuto in altri paesi europei, ha rinvigorito le sue energie (e quindi il suo valore economico) se abbinata ad altri dispositivi. Lo evidenziano anche le rilevazioni nel periodo della pandemia da COVID 19.
Altre forme di vita radiofonica
A fronte di una diminuzione dell’ascolto della radio nelle sue modalità tradizionali di trasmissione (scende vertiginosamente in particolare l’ascolto in auto e in mobilità, a causa delle restrizioni agli spostamenti e del lockdown), aumenta l’ascolto televisivo delle radio.
La radiovisione nel 2020
Nel 2020 la radiovisione è cresciuta di circa l’11% rispetto all’anno precedente, con picchi durante il primo periodo di lockdown.
Alcune ricerche del periodo post-pandemia (dati Censis 2021) parlano di oltre 41 milioni di adulti italiani che ascoltano programmi radiofonici, 27 milioni utilizzano anche altri dispositivi oltre a quello tradizionale e all’autoradio, 10 milioni ascoltano programmi radiofonici solo su altri dispositivi, primo fra tutti il televisore.
42 mln di radiovisionari
In relazione a quest’ultimo aspetto, nel 2021 i radiospettatori da schermo televisivo sono quasi 4,2 milioni, e sono aumentati del 4,7% negli ultimi due anni; quelli che seguono i programmi radiofonici da smartphone o cellulare sono quasi 3,4 milioni, e sono aumentati del 18,6% rispetto all’anno della pandemia; crescita del 7,3% anche per gli ascoltatori della radio via pc o tablet.
Radio in streaming
Infine, 1.232.000 italiani (un aumento del 4,2% tra il 2019 e il 2021) ascoltano la radio in tv utilizzando solo l’audio (Censis 2021).
Radio evergreen
Questi numeri dimostrano come la radio abbia saputo rigenerarsi nel tempo ibridandosi con altri media e sintonizzandosi sui nuovi gusti e comportamenti degli italiani, riuscendo al tempo stesso a conservare il proprio valore accompagnando e interagendo con la vita di fasce di pubblico attraverso età, condizione sociale e condizione economica.
Rilevazioni d’ascolto
Il problema che si pone è quello della rilevazione dell’audience, in considerazione dell’integrazione tra le varie piattaforme disponibili. Le metodologie attuali di rilevazione delle audience non sono più in grado di restituire la realtà di un ecosistema sonoro estremamente complesso e diversificato rispetto a 15 anni fa. Un corretto monitoraggio degli ascolti può garantire anche un adeguamento degli investimenti pubblicitari nel mercato radiofonico italiano.
Podcast e catch-up radio
(NL) – Si dice che il podcast e la catch-up radio stiano alla radio come le piattaforme SVOD stanno alla tv lineare via etere. Condividete?
(Christian Ruggiero) – Non è necessariamente così. Una differenza fondamentale riguarda i punti di accesso ai quali abbiamo già accennato, i luoghi nei quali si ascolta la radio. La tv, anche nella stagione dell’on demand, ha una fruizione prevalentemente casalinga, e su questo piano il confronto “regge”.
In e outdoor
Ma la radio ha da sempre avuto una fruizione particolarmente importante fuori casa – in un libro che per noi è un classico, “Storia della comunicazione moderna. Sfera pubblica e dimensione privata”, Patrice Flichy la annovera, con il walkman, tra i mezzi in grado di creare delle vere e proprie “bolle” entro le quali gli individui possono portare con sé un pezzetto di privato in ogni luogo pubblico. Storicamente questo si collega all’ascolto dell’autoradio, e dunque alle fasce orarie di mobilità verso e da il luogo di lavoro.
Dashboard
Ma i cruscotti delle automobili si sono evoluti proprio per consentire la ricezione di flussi diversi da quelli del broadcast, e il tragitto quotidiano può essere dedicato all’ascolto della propria talk radio preferita come a quello di un podcast. Di più: un tragitto un po’ più lungo, per esempio verso una meta di villeggiatura, può divenire un’occasione di binge-listening.
Universi sonori. La bolla radiofonica
Non dobbiamo poi dimenticare che la radio accompagna gli individui nella “bolla” che descrivevamo prima, e che passa per lo smartphone che ormai ognuno di noi ha in tasca. E non è un caso che una delle più riuscite definizioni di podcast – non a caso derivante da uno spot pubblicitario di un’immobiliare newyorkese – definiva un viaggio di un’ora in metropolitana per arrivare a Manhattan come l’occasione ideale «di ascoltare ogni giorno due puntate da sessanta minuti del proprio podcast preferito».
Streaming nemico. Ma di chi?
(NL) – Lo streaming audio on demand non radiofonico (quindi fuori dalla catch-up radio che è di fatto un derivato radiofonico) sottrae ascolto alla radio o sostituisce il vecchio consumo di cd/dischi che conviveva con essa (radio)?
(Christian Ruggiero) – Lo streaming è senza dubbio un “nemico” più della musica registrata che della radio. La chiave è la fruizione on demand, che richiama più il tradizionale atto di metter su un disco (vinile o compact che fosse) per ascoltare ciò che il nostro umore ci suggeriva in quel preciso momento, o qualcosa che volevamo condividere con qualcuno che era con noi nella stanza.
Disco-teca
In questo senso, il vantaggio di avere una “disco-teca” universale a portata di click è inarrivabile. La radio può ancora contare su due elementi. Uno è l’ascolto “randomico”, dettato dalla volontà di farsi accompagnare dalla musica senza la responsabilità di scegliere cosa sentire, e potendo invece provare il piccolo brivido dell’imprevisto.
Ascolto fidelizzato
L’altro è l’ascolto “fidelizzato”, legato non solo alla programmazione di una certa stazione, ma alle scelte che ci vengono proposte dai suoi protagonisti, deejay che mantengono, nonostante tutto, il loro ruolo di mediatori del gusto, di figure alle quali demandiamo con piacere la scelta di farci ricordare un brano che abbiamo amato o di farcene conoscere uno che potremmo amare.
Universo trasformativo
(NL) – La vostra indagine ha correttamente rilevato l’attualità della cd. multipiattaforma. Tuttavia, l’ecosistema radiofonico è ormai anche visual (DTT + IP + sat) e testuale (social + sito). Ha ancora senso parlare di Radio intesa come solo audio?
(Mihaela Gavrila) – È chiaro che siamo di fronte a un universo trasformativo, che funziona da forza centripeta per tante forme espressive. Oralità, scrittura, video, social media, trovano spazio di espressione nella nuova radiofonía e nei nuovi universi sonori, sempre più permeabili, fluidi, intrecciati con gli altri spazi di esperienza mediali.
Formule radiofoniche
Nella radio convergono spesso formule espressive e modalità distributive che riassumono, rendendolo a portata di tasca e di orecchio l’intero universo del Media Entertainment. Ma anche nelle parole composte come (radio-visione; audio-suono; radio-dramma/fiction; web radio etc) possiamo rintracciare la forza della radio che con mitezza si piega senza rinunciare alle sue specificità alle logiche di funzionamento degli altri mezzi, accettandone la convivenza e l’ibridazione e contribuendo dall’alto dei suoi cento anni di vita al miglioramento dell’ecosistema audio-suono e mediale, più in generale.
I nemici della Radio
(NL) – Quali sono i rischi principali nel futuro per la Radio?
(Mihaela Gavrila) – Personalmente ritengo che la Radio avrà ancora un lungo percorso da fare. Così com’è accaduto per la televisione, anche nel caso della radio, proprio quando s’inizia a parlare del suo tramonto, diventa un oggetto d’interesse per studiosi e pubblico ancor più interessante.
Si parla molto ultimamente delle “voice revolution”, come di un percorso sostitutivo della radio. Tuttavia, non è la stessa cosa e non siamo di fronte a una cannibalizzazione, ma a un’integrazione.
Voice revolution
La “voice revolution”, per diventare radio, storia e storie esige lo sviluppo dell’armonia tra suoni, musica e parlato, risorsa che permette l’attribuzione di senso e trasformazione del mezzo radiofonico in un reale strumento di intimità.
Oltre la musica
In questo, oltre alla musica, che ha da sempre svolto un ruolo importantissimo e caratterizzante per la radiofonia italiana, la voce e il parlato assumono una funzione decisiva in termini di seduzione del pubblico, di fidelizzazione e persino di risposta alternativa e più affidabile in momenti di crisi come quello generato dalla pandemia.
Universi sonori segno della vocazione socializzante della radio
In effetti, anche l’evento da noi promosso con Confindustria Radio Televisioni, “Universi sonori” (20 marzo 2023) è segno concreto della vocazione socializzante della radio, che ha riunito i principali attori dell’industria radiofonica e la comunità della formazione, con un chiaro progetto: dimostrare che l’universo dell’audio-suono trova spazio di amplificazione nella coorte dei giovani.
Incontro virtuoso
L’incontro virtuoso tra le università e la radiofonia nelle sue declinazioni professionali e industriali potrebbe portare conseguenze positive in entrambi i settori: per il mondo della formazione sta avvenendo un maggiore avvicinamento alle pratiche creative, produttive e distributive, mentre la linfa rigenerativa dell’innovazione propria al hub scientifico e creativo delle università si può riversare negli spazi espressivi e operativi della radiofonia.
I ragazzi e la Radio
Bisogna ricordare, inoltre, che nei momenti di difficoltà, come quelli degli ultimi anni, i media sono diventati preziosi alleati dei giovani. E la radio nello specifico ha offerto un buon esempio, riconosciuto dai ragazzi, che dichiarano di ricavarne soddisfazione e garanzie dai contenuti radiofonici. In tale contesto, la resistenza della radio non era scontata, anche perché all’interno delle case italiane ci sono concorrenti: televisione e internet su tutti.
Universi sonori. I presupposti
In altre parole, se i giovani sono il futuro e hanno individuato nella radio e nel suono la colonna sonora del loro divenire, ci sono tutti i presupposti per immaginare una concreta proiezione nell’avvenire di questo mezzo fluido, che ha sempre saputo reinventarsi e adattarsi a una storia sociale e tecnologica sempre più accelerata. (E.G. per NL)