Radio. Un secolo fa la nascita della prima stazione commerciale sull’idea (rivoluzionaria) che il pubblico paga il servizio con l’ascolto degli spot

Oggi è così scontato che ormai non ci si pensa più, mentre, quasi un secolo fa, l’idea che il pubblico di un servizio editoriale pagasse la prestazione del medium con l’impegno morale ad ascoltare gli spot saldati da un terzo (l’inserzionista) era una scommessa rivoluzionaria.

Sulla base di queste premesse, tra il 20 e il 31 agosto 1920, Edward Willis Scripps, editore del The Detroit News (piccolo giornale locale della famosa metropoli del Michigan che aveva ereditato dal padre), ricevette l’autorizzazione a sperimentare trasmissioni radio attraverso una licenza commerciale per l’attività di radiodiffusione sonora di carattere commerciale in ambito locale sotto la sigla WWJ 8MK (identificativo che riconduceva al prestanome di Scripps, Michael DeLisle Lyons). L’emittente – e ciò sembra incredibile in un universo mediatico che fa perdere il senso del tempo (You Tube ci sembra esistere da sempre, nonostante sia stato fondato solo nel 2005) – è ancora oggi in onda (sui 950 kHz AM e in FM e HD Radio su 97.1 MHz, oltre che sulla relativa e omonima piattaforma televisiva), sotto il cappello (dal 1989) del network CBS. In realtà, già un decennio prima, qualcuno aveva pensato di gestire privatamente l’invenzione di Guglielmo Marconi come strumento editoriale, ma lo scoppio della 1^ Guerra Mondiale aveva imposto una riserva statale all’utilizzo del mezzo di comunicazione. Un vincolo decaduto il 1° ottobre 1919 e di cui Scripps aveva acquisito consapevolezza sulla scorta delle collaborazioni con l’inventore Lee DeForest – che aveva venduto i diritti commerciali per i suoi innovativi sistemi trasmissivi all’American Telephone & Telegraph Company, riservandosi però il diritto di commercializzare materiale ad uso "amatoriale e sperimentale" (clausola che gli consentì di affittare il trasmettitore DeForest OT-10 al Detroit News con contratto del 28 maggio 1920) – e col visionario Thomas E. Clark, che il 4 aprile 1906, dal piroscafo Clark a Detroit, aveva sperimentato trasmissioni radio private, fondando addirittura una società per la gestione della stazione (che tuttavia sarebbe presto fallita per prematurità del mercato). Esperienze così coinvolgenti che avevano spinto l’editore ad installare nella redazione del suo giornale l’emittente radio, affidandola alla cura di un radioamatore di soli 17 anni, cioè il citato Michael DeLisle Lyons. La sperimentazione sortì effettivi positivi e il 31 agosto, il Detroit News annunciava in prima pagina l’inizio delle trasmissioni del «Detroit News Radiophone», condotto da Malcolm Bingay, amministratore della testata della carta stampata e, di fatto, primo anchorman della WWJ. La frequenza impiegata era quella dei 1500 KHz in modulazione di ampiezza e, compatibilmente con la rapida diffusione di apparati riceventi sempre più economici, veniva sintonizzata da un pubblico in veloce espansione, interessato dagli incontri di boxe di Jack Dempsey e alle imprese dei Cleveland Indians, miscelati ad una playlist musicale e di intrattenimento artistico. In definitiva, il più diffuso formato dei giorni nostri: il cd. "music & news". Si era alla vigilia di una rivoluzione mondiale: due anni dopo nasceva infatti in Gran Bretagna la Bbc, la British Broadcasting Company, mentre nel 1924 l’Italia avrebbe battezzato, l’URI (Unione radiofonica italiana), appellata nel 1942 EIAR (Ente italiano audizioni radiofoniche) e, dal 1944, RAI (Radio audizioni italiane, poi mutuato in Radiotelevisione italiana). E mentre nel vecchio continente il mezzo radiofonico esordiva sotto l’egida dei monopoli statali, che soprattutto nei regimi totalitari divenne strumento di propaganda di massa, negli USA era ormai il denaro degli investitori a muovere a indirizzare i contenuti delle trasmissioni. Una rivoluzione nella rivoluzione. Anche se, a ben pensarci, poco sarebbe cambiato in termini di libertà di palinsesto. (M.L. per NL)

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