Radio. UK, sorpresa da analisi Media Nations di Ofcom: i radiofonici sbagliano completamente prospettiva

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Il rapporto Media Nations di Ofcom è un’analisi del consumo e delle tendenze dei media in UK. In tempi relativamente recenti, Media Nations ha ampliato l’analisi del mezzo radio affiancandolo all’universo (più ampio) audio. Dall’ultima edizione emerge un doppio errore tipicamente commesso dai radiofonici.

Media Nations: tendenze note ed emergenti

L’ultimo rapporto Media Nations (qui per download) di Ofcom (il regolatore indipendente degli operatori delle comunicazioni nel Regno Unito) ribadisce alcune tendenze ormai pienamente assimilate anche da noi. Come la fruizione del mezzo radiofonico in forma sempre più eterogena (multipiattaforma) o la diminuzione dell’ascolto della radio via etere, da una parte per la progressiva scomparsa nelle case dei ricevitori radio tradizionali e dall’altra per la disaffezione verso la live radio (a fronte di contenuti o demand del pubblico più giovane). Ma evidenzia anche alcuni aspetti meritevoli di riflessioni.

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Audio

Parliamo, naturalmente, dei servizi audio on demand, quali prodotti tematici (radio verticali, declinati in brand bouquet), ma soprattutto di podcast, segmento che registra una crescita (anche se non particolarmente esaltante) anche nel difficile (per la radio) target 15/34 anni. Per il quale, viceversa, la live radio su ricevitore tradizionale rappresenta ormai meno di un quarto dell’ascolto.

Ricevitori indoor dispersi

Nel merito, nel confronto dal 2015 al 2020 il rapporto Media Nations mostra un calo della live radio su ricevitori tradizionali di 20 punti, compensato parzialmente da un aumento di 7 punti di quella online (quindi con un deficit di 13 punti). Nello stesso periodo il podcast è, come detto, aumentato solo marginalmente. Segnatamente di 4 punti.

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Streaming audio on demand bloccato dal Covid

Viceversa, i servizi di streaming on demand come Spotify e YouTube hanno visto una forte crescita. Tuttavia, curiosamente, i ripetuti lockdown da Covid-19 anziché aumentare la progressione dei fenomeni e quindi l’arretramento della radio, sembrano averli non rallentati, ma bloccati del tutto.

Asocializzazione

La motivazione del blocco è da approfondire, anche se presumibilmente da ricondurre al maggior tempo a disposizione per la fruizione radiofonica nell’indoor e la ricerca di un coinvolgimento ed una interazione maggiore da parte di un pubblico forzatamente asocializzato.

Doppio errore

Il secondo aspetto interessante che emerge dal rapporto Media Nations è il doppio errore tipicamente commesso dai radiofonici. Parliamo del confondere il modello catch-up radio con quello dei podcast radiofonici, promuovendoli entrambi su un pubblico sostanzialmente indifferente verso di essi. I giovani, ovviamente.

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Primo: catch-up radio non è podcasting

Il primo errore, dicevamo, è confondere il servizio di somministrazione in 2^ battuta di un programma live radio (non si può parlare di replica in quanto è una seconda emissione live e non già on demand), denominato catch-up radio. Quest’ultima, tecnicamente, è una formula adottata dalle emittenti per consentire agli utenti la fruizione dei contenuti in giorni e orari diversi da quelli in cui sono mandati in onda, tramite canali appositamente predisposti o archivi online dai quali le trasmissioni si possono scaricare.

Secondo: podcast nativo

Il secondo, assimilabile al primo, è connotare come podcast una trasmissione che è catch-up radio. Il podcast, come noto, nasce esclusivamente per una fruizione on demand. Non discende da un’emissione live, perché altrimenti sarebbe, appunto, catch-up radio. Quindi il podcast deve seguire una logica concettuale (ideativa e produttiva) connotata alla sua esclusiva fruizione on demand.

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Il meglio della minestra riscaldata

Esempio da manuale dell’errore è il podcast Best of the breakfast show (o morning show). Se infatti è vero che astrattamente tale trasmissione non sarebbe catch-up radio, perché collazione di diversi programmi (best of), non può, tuttavia, nemmeno essere considerata podcast. E ciò perché, di fatto, è un riciclo di contenuti già trasmessi.

Canarini nelle miniere di carbone

L’indagine Media Nations di Ofcom mette in luce questi errori. Ed è importante che i radiofonici ne prendano atto, riflettendo sul fatto che l’on-demand non deve essere strumentale al live radio, ma un modo di comunicare completamente diverso. E che il pubblico più sensibile a questi svarioni è proprio quello che la radio sta cercando disperatamente (e per ora inutilmente) di recuperare. I giovani, che aborrono il riciclo. (M.L. per NL)

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