La notizia relativa al piano industriale della Rai, di cui per la verità non si sentiva più parlare da qualche mese, è stata pubblicata dal Ministero dello Sviluppo Economico venerdì scorso 4 ottobre: “Nella giornata odierna si è riunita presso gli uffici del MiSE la Commissione paritetica di cui all’articolo 22 del Contratto nazionale di servizio tra il Ministero dello Sviluppo economico e la Rai-Radiotelevisione italiana S.p.A., con all’ordine del giorno le determinazioni di competenza MiSE sul piano industriale presentato dalla RAI, secondo quanto previsto dall’articolo 25, comma 1, lett. u) del Contratto nazionale di servizio.
La componente del Ministero dello Sviluppo economico della citata Commissione, dopo aver esaminato e valutato il piano industriale della Rai per il triennio 2019-2021, ha formulato le determinazioni di propria competenza ritenendo il Piano presentato compatibile con quanto previsto dal Contratto stesso. La Commissione paritetica ha convenuto altresì di monitorare la tempistica di attuazione del piano attraverso riunioni bimestrali”.
Via libera a Salini
Poche righe per dare una notizia in realtà abbastanza rilevante, poiché in questo modo il Ministero retto dal Cinquestelle Stefano Patuanelli dà un sostanziale via libera al sofferto piano voluto dall’AD Rai Fabrizio Salini, che, dopo essere stato ‘indicato’ a suo tempo proprio dal partito di Di Maio per quella posizione, aveva vissuto con una certa difficoltà tutto l’anno del Governo giallo-verde.
Anche in Rai era a lungo sembrato che fosse la Lega di Salvini a ‘dettare la linea’ e le posizioni conquistate, a partire dalla direzione di Rai1 e dalla presidenza di Marcello Foa, erano state gestite con una certa efficacia.
Signori, si cambia!
Fino alla pausa di agosto, insomma, la posizione di Salini e la sorte del suo piano sembravano in forse e già qualcuno cercava un nome alternativo per la guida della Tv pubblica. Ma la crisi di Ferragosto e il successivo cambio di Governo hanno ovviamente cambiato tutto e di colpo sono sembrate in bilico invece le posizioni di Teresa De Santis alla direzione di Rai1 (che è riuscita a ottenere il passaggio di Fabio Fazio a Rai2) e dello stesso Foa.
Sarà un caso, allora, che l’approvazione del piano industriale arrivi oggi, con il ministro Patuanelli in primo piano e mentre non è stato ancora deciso chi al Mise avrà (se qualcuno le avrà) le deleghe nel campo delle comunicazioni?
Il PD protagonista ma non del tutto
Il PD sembrava lanciato a governare il settore dei media nel Governo Conte 2 ma dopo le deleghe assegnate ad Andrea Martella nel campo dell’editoria (a rimarcare il netto cambio di rotta rispetto all’epoca di Vito Crimi), allo Sviluppo Economico Gianpaolo Manzella non ha ancora avuto appunto la delega delle Comunicazioni e non è ancora detto che la avrà, come si diceva. E a complicare ancora le cose ecco che c’è stata pure la scissione dal PD di Matteo Renzi (che si appoggia nientemeno che a Lucio Presta, e non solo nel campo della comunicazione), con la creazione di Italia Viva.
Possono sembrare questioni ‘collaterali’ rispetto al mondo dei media in quanto tale ma se si pensa che la politica in Rai è (quasi) tutto e si osserva quanto riesca costantemente a fare notizia, qualsiasi cosa faccia, Michele Anzaldi (a nome di Renzi) proprio sul tema della Rai, ecco che il quadro si presenta più complicato, rispetto a quel che sembrava solo alcuni giorni fa, per il PD.
Paragone passa la mano
Da parte loro, i Cinquestelle hanno completato il riposizionamento sul tema sostituendo in Vigilanza il proprio capogruppo Gianluigi Paragone, contrario al Governo con il PD, con la assai meno conosciuta Francesca Flati, considerata molto più ‘moderata’ rispetto a Paragone.
Tante direzioni, tante poltrone
Ma torniamo al piano industriale di Salini, approvato nel marzo scorso, che prevede, come si sa, la creazione di tutta una serie (nove, per la precisione) di nuove direzioni ‘orizzontali’ della Rai, che (almeno sulla carta) renderanno meno centrali le attuali reti e i loro direttori: si tratta delle direzioni che si occuperanno di intrattenimento prime-time, intrattenimento day-time, intrattenimento culturale, fiction, cinema e serie Tv, documentari, ragazzi, nuovi formati e digital, approfondimenti, il tutto sul modello soprattutto della transalpina France Television.
Per le news, si sa, Salini ha dovuto invece un po’ ‘abbozzare’ e limitarsi a una possibile integrazione fra Rai News, Tgr e Televideo, lasciando inalterati i principali Tg. Poi ci sono da creare il famoso canale in inglese e quello istituzionale.
Il punto debole di questa che sembra una forte ristrutturazione della Rai è quello della creazione di tutta una serie di nuovi direttori e incarichi, cosa che di certo non aiuterà a smorzare gli appetiti dei partiti rispetto a queste nuove posizioni di potere.
Zingaretti come Salvini?
Qualcuno ha poi reso nota nei giorni scorsi la notizia di un incontro avvenuto di recente fra lo stesso Salini e il segretario del PD Zingaretti (che non avrebbe avanzato richieste di poltrone o nuove strategie), indiscrezione (non smentita) che sembra ricalcare le notizie analoghe di incontri, mesi fa, fra Salini e Salvini, con relative polemiche.
Ancora un cambio a Rai1?
Il piano industriale, che dovrà essere realizzato in un arco di tre anni, andrà ora in Vigilanza per un parere non vincolante che comunque conterà e poi eventualmente si entrerà nel vivo. Ma nel frattempo le reti continueranno a contare e il Cda, con una nuova maggioranza giallo-rossa che sembra essersi già delineata, potrebbe presto avvicendare qualche direttore, anche approfittando dell’obbligatoria sostituzione a Rai2 di Carlo Freccero, che, come pensionato, poteva restare solo un anno e qui davvero non si capisce perché, a parte il divertimento personale del diretto interessato, questo incarico sia stato assegnato a condizioni simili. A fare le spese dei nuovi equilibri di Governo potrebbe essere proprio la De Santis a Rai1, mentre Foa cercherà di blindarsi e i Tg anche stavolta non dovrebbero essere toccati.
Dell’iniziativa di luglio dei Cinquestelle, che volevano abolire il canone, invece, non si dovrebbe parlare più. (M.R. per NL)