Dopo l’uscita dell’altro giorno sull’obbligo di trasmettere una quota minima di musica italiana, che ha sollevato una comprensibile alzata di scudi da parte delle emittenti radiofoniche, Franceschini ci riprova questa volta rivolto alle tv.
“Confindustria Radio Televisioni e le altre imprese televisive si dichiarano sorprese e dispiaciute delle dichiarazioni espresse oggi a mezzo stampa dal Ministro Franceschini”, fa sapere una nota inviataci poco fa da CRTV.
“Le emittenti nazionali – spiega il comunicato trasmesso alla nostra redazione – nel ricordare il loro disappunto nei confronti di un decreto legislativo che limita per legge la loro capacità economica ed editoriale, ribadiscono che hanno sempre affrontato la questione degli obblighi di investimento e programmazione con un atteggiamento costruttivo. Liquidare con una battuta le preoccupazioni di un intero comparto, che negli ultimi 12 anni ha investito oltre 10 miliardi di euro nell’audiovisivo e dà lavoro a circa 26.000 persone, non aiuta il dialogo tra governo e industria.
Le riforme che producono valore, infatti, sono di solito il frutto di un lavoro congiunto e non di atti muscolari o movimenti di orgoglio. In precedenza e in Parlamento era peraltro emersa l’importanza di tenere unita la filiera del settore, con le associazioni dei produttori che avevano sollevato temi in parte comuni alle imprese televisive. Si è invece scelta una strada diversa e divisiva, penalizzante per un solo settore.
Le nuove norme rendono l’Italia un’eccezione purtroppo negativa nel panorama europeo e sarà il tempo a dimostrare l’impraticabilità di una legge che non ha nulla in comune con il modello francese (peraltro mai invocato dai broadcaster), che si allontana dal dettato della direttiva europea, che è redatta senza un’analisi d’impatto economico e che rischia di rendere del tutto marginale la produzione italiana a livello internazionale. Riguardo all’ aumento della qualità conseguente all’ applicazione del decreto…. magari bastasse una norma in più per vincere gli Oscar!”, conclude Confindustria Radio e Tv. (E.G. per NL)