Il mercato radiotelevisivo italiano ha registrato nel 2015 ricavi superiori ai 9mld, sulla stessa linea dell’anno pregresso: è quanto si evince dai dati presentati pochi giorni addietro durante l’assemblea annuale di Confindustria RadioTv a Roma.
Per la prima volta Sky grande assente. Franco Siddi, presidente dell’associazione, ha aperto le danze con una panoramica del settore che ha visto crescere gli investimenti adv su radio e tv a fronte della precaria situazione del segmento locale. 25mila occupati diretti, 75mila se contiamo l’intero settore. 413 i canali tv nazionali che fanno capo a 110 editori nazionali e internazionali. La pubblicità nazionale ammontava nel 2015 a 7,6mld ed ha subito un negativo contraccolpo di un quinto del suo valore dal 2008. La tv mantiene la quota più alta del mercato, pari al 48%, internet è al 27,7% e la stampa al 16%. Si prospettano svariate sfide per il mercato, a partire dal processo di liberazione delle frequenze in 700 MHz (entro il 2022), che verranno poi assegnate alla banda larga mobile: su questo punto Siddi si è soffermato a lungo, avanzando al governo una richiesta di road map per gestire la transizione e un nuovo piano frequenze. Inoltre, si è tornato a chiedere che a livello europeo si impongano agli over the top le medesime regole cui devono sottostare broadcaster ed editori. Ha presenziato all’assemblea anche il sottosegretario MiSe Antonello Giacomelli, che ha annunciato l’estensione alla tv e alle radio locali il beneficio fiscale sulla pubblicità incrementale, previsto per la campa stampata all’interno del disegno di legge sull’editoria. In secondo luogo ha garantito che l’Italia è al lavoro su una road map per le frequenze come richiesto dagli operatori. Giacomelli è inoltre tornato su un rilevante argomento dell’audiovisivo, quello del tax credit: “Interverremo anche su quote e diritti, ma c’è un protagonismo dei soggetti del mercato su cui la politica non può intervenire: siamo sicuri che come sistema Italia siamo al massimo nell’export di prodotto audiovisivo italiano? O c’è qualcuno che ancora si illude che i confini nazionali siano le colonne d‘Ercole del proprio business televisivo?”. Giacomelli ha chiesto agli operatori di apportare un significativo contributo: “Il governo deve creare la cornice perché si sviluppi il mercato e creare parità di condizioni, come abbiamo fatto sulla banda ultralarga perché l’accesso a Internet è il moderno servizio universale. Il level playing field è ormai una formula magica, basta citarlo nei convegni per sentirsi a posto, ma non è compito di Google quello di armonizzare il livello fiscale europeo e non è compito degli Over the top di creare gli Stati Uniti d’Europa. Le regole non sono sufficienti, la sfida riguarda i protagonisti del mercato ed è quella della centralità del prodotto audiovisivo italiano. È indifferente chi è il soggetto che produce contenuti? Non sono un fan dell’italianità come il Fazio non televisivo, ma è giusto che il tax credit pagato dai cittadini premi soggetti internazionali?”. (S.F. per NL)