Il 1° agosto ha ricevuto l’assenso dalla VIII commissione permamente del Senato (pur con importanti annotazioni) il regolamento concernente i contributi a tv e radio locali, in particolare i criteri di riparto tra i soggetti e le procedure di erogazione delle risorse dell’apposito Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione.
Ricordiamo che dopo il parere del Consiglio di Stato espresso lo scorso 3 luglio, il ministro per i Rapporti con il Parlamento aveva trasmesso lo schema di decreto del Presidente della Repubblica alle Camere, ai fini dell’acquisizione del parere parlamentare.
Il testo era stato acquisito dalle commissioni VII e IX della Camera (rispettivamente Cultura, scienza, istruzione e Trasporti, poste, telecomunicazioni) e dalla commissione VIII del Senato (Lavori pubblici, comunicazioni) per esprimere dentro il 10/08 osservazioni di merito. In termini più brevi – il 26/07 per la Camera e 31/07 per il Senato – e solo sulle questioni di propria competenza, avrebbero dovuto pronunciarsi anche la commissione Bilancio (V) della Camera c le commissioni I (Affari Costituzionali) e V (Bilancio).
Nel merito, alla Commissione, “pur valutando favorevolmente l’impostazione generale dello schema di decreto, appare opportuno un ulteriore affinamento dei meccanismi individuati per il riparto delle risorse, per meglio realizzare gli obiettivi di sostegno al pluralismo, di innalzamento della qualità, dell’innovazione e della professionalità delle emittenti locali“. Diverse sono state quindi le puntualizzazioni, consultabili qui con riserva di successivo approfondimento.
Il testo approvato enfatizza anzitutto l’assegnazione dei contributi alle sole emittenti locali, con opportune precisazioni a tutela di quelle comunitarie, introducendo specificazioni a riguardo della regolarità previdenziale, ad esempio prendendo “in considerazione il numero medio dei dipendenti occupati nei due esercizi precedenti, fermo restando che tale requisito deve essere posseduto alla data di presentazione della domanda” ed introducendo la condizione che “Per i dipendenti in cassa integrazione, con contratti di solidarietà e quelli a tempo parziale e, nel caso in cui la medesima società presenti più domande per più marchi/palinsesti e/o presenti domande in più regioni, per i dipendenti impiegati per marchi e palinsesti diversi dal primo e/o diffusi in più di una regione si dovrà tener conto delle percentuali dell’impegno contrattuale in termini di ore effettivamente lavorate. In via transitoria, per le domande relative agli anni 2016 e 2017, il punteggio è quantificato sul numero medio dei dipendenti effettivamente applicati all’attività di fornitore di servizi media audiovisivi o di emittente radiofonica per la regione e per il marchio/palinsesto oggetto della domanda, nell’anno di competenza del contributo e nell’anno precedente”.
E’ stata poi sostituita la tabella contenente i “Criteri applicativi di valutazione ai sensi dell’art. 6”.
Le associazioni di categoria e i sindacati – che pure si erano mostrati critici verso il contenuto del provvedimento – avevano spinto per un’accelerazione delle tempistiche per poter finalmente avviare le procedure per il riconoscimento dei contributi per il 2016 e 2017, ma l’approvazione definitiva del regolamento da parte del Consiglio dei Ministri avrebbe avvenire solo una volta acquisito il parere delle Commissioni. Stante l’approvazione è possibile che il via libere possa arrivare prima di ferragosto.
Il settore è comprensibilmente in fibrillazione, considerato che la totale riscrittura del modello contributivo salverà le maxiemittenti televisive locali che, in questi ultimi anni, si sono quasi sempre dibattute in crisi economiche e finanziarie molto serie (non sono poche quelle in default oggetto di procedure concorsuali, quali concordati e fallimenti), ma annienterà le piccole tv che trovavano nel “contributo fisso” una importante fonte di introito, anche se va osservato che, per converso, la gran parte delle televendite dovrà migrare da una parte all’altra, formando un qualche bilanciamento. Analogamente avverrà nel settore radiofonico, dove a trovare soddisfazione saranno le emittenti che dispongono di redazioni effettive, con giornalisti dipendenti assunti e produzione informativa concreta, mentre le radio commerciali automatizzate col minimo di dipendenti di natura non giornalistica (spesso costituito dagli stessi soci), o le comunitarie “sulla carta” (cioè di sola musica, con autoproduzione inesistente), è bene che facciano serie riflessioni sull’opportunità di sviluppare autonome forme di sostentamento per il futuro. (M.L. per NL)