E’ andata come era scontato che andasse. Nessuno, alla fine, ha alzato un dito per aiutare la massa del comparto: nell’indifferenza di sindacati di categoria, forze politiche, ma anche di piccoli editori stessi, ad essere privilegiati sono stati i colossi dell’etere locale, proprio quelle emittenti a rischio default perché appensatite da dipendenti assunti all’epoca dei contributi d’oro.
Il Consiglio dei Ministri, su proposta del Presidente Paolo Gentiloni, del Ministro per lo sport con delega all’editoria Luca Lotti e del Ministro per lo sviluppo economico Carlo Calenda, ha approvato ieri, in esame definitivo, il regolamento per il riparto delle risorse del Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione.
Il provvedimento approvato dal CdM, che ha come criteri di merito il sostegno all’occupazione, l’innovazione e la qualità della informazione, è stato adottato ai sensi della legge di stabilità 2016, che ha destinato parte delle risorse derivanti dal recupero dell’evasione sul canone – fino a 100 milioni di euro – per il Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione. Da tale ammontare, fino a 50 milioni saranno destinati alle emittenti radio televisive locali e si andranno a sommare alle risorse già previste per il sostegno alle emittenti locali, pari a circa 67 milioni per il 2017.
Secondo la definitiva formulazione del Regolamento (stesa sulla base del parere del Consiglio di Stato successivamente integrato da puntualizzazioni in sede di esame delle commissioni parlamentari competenti), sarà praticamente impossibile l’accesso da parte delle emittenti più piccole, quantomeno per le tv (che costituiscono i quasi tre quarti del comparto): infatti le televisioni locali, se servono un territorio maggiore di 5 mln di abitanti dovranno avere almeno 14 dipendenti, di cui almeno 4 giornalisti; se illuminano una popolazione tra 1,5 e 5 mln, dovranno avere in organico almeno 11 dipendenti, di cui almeno 3 giornalisti; se coprono un’area fino 1,5 mln di utenti, almeno 8 dipendenti di cui almeno 2 giornalisti. Più gestibile la situazione per le radio: i requisiti sono di almeno 2 dipendenti (requisito peraltro obbligatorio per preservare la concessione commerciale), di cui però almeno un giornalista (con gli oneri conseguenti).
Il passo successivo, a parte la la formalità della firma del presidente della Repubblica e la pubblicazione in Gazzetta, sarà in decreto attuativo che fisserà le modalità di presentazione della domande anche per gli anni 2016 e 2017 (la procedura sarà a regime per i contributi del 2018), che avverrà solo in via telematica.
“Si tratta, a tutti gli effetti, di un regolamento “salva maxi emittenti”, visto che torta sarà spartita esclusivamente tra le grandi reti regionali televisive (e le superstation), spesso oggetto di gravissime crisi di gestione (non raramente confluite in procedure concorsuali) che senza tale sussidio governativo, reso in extremis, avrebbero visto il proprio futuro segnato da dichiarazioni di fallimento”, commenta Giovanni Madaro dell’Area Affari Economici della struttura di competenze a più livelli Consultmedia (collegata a questo periodico). (M.L. per NL)