L’ERT, emittente radiotelevisiva pubblica greca, annuncia di voler drasticamente ristrutturare i propri asset radiofonici in onde medie. La BBC smantella storiche installazioni e si avvia verso la completa dismissione degli impianti sulle onde corte.
La crisi che imperversa in Europa comincia a coinvolgere anche il servizio pubblico radiotelevisivo, e lo fa a partire dal fratello povero dell’etere, ovvero il settore radio. L’evoluzione tecnologica, accelerata dai problemi di bilancio, spinge sempre più verso le modulazioni digitali e le alte frequenze, così gloriose stazioni che hanno fatto la storia della radiofonia si apprestano a chiudere i battenti. Nel momento in cui il settore pubblico, inevitabilmente, ridimensiona la propria presenza nello spettro radioelettrico, sempre maggiore spazio viene ceduto ai privati, che ne traggono ghiotte occasioni di business. Se infatti le bande di frequenza delle origini della radiofonia sono ormai inutilizzabili ad uso commerciale, altre (e in special modo la ben nota gamma UHF da 300 a 3000 MHz) sono teatro di una battaglia all’ultimo sangue tra broadcaster radio-TV e protagonisti dell’internet mobile. L’esito del conflitto si risolverà probabilmente all’insegna della convergenza dei media, ma il valore delle frequenze è destinato in ogni caso a salire, dato il crescente fabbisogno di banda dei sempre nuovi servizi digitali multimediali. E allora appare logico che gli stati, unici proprietari dell’etere, cerchino di ottenere un ritorno economico dalla cessione di questa preziosa risorsa, commisurato almeno ai succosi profitti che i privati prevedono di realizzare nel prossimo futuro, una volta ottenuta la disponibilità delle frequenze. Il principio dovrebbe apparire valido in generale, a prescindere dalle condizioni più o meno disastrate delle casse dello Stato e del debito pubblico. Non così in Italia, dove solo alla vigilia dell’approvazione di una manovra finanziaria da ultima spiaggia ci si accorge che il tesoro rappresentato dalle frequenze del cosiddetto dividendo digitale interno sta per essere tranquillamente omaggiato al solito manipolo di oligopolisti. Un risveglio colpevolmente tardivo, soprattutto da parte di quelle opposizioni che sino a ieri si battevano per far ammettere Sky al beauty contest, nella speranza di trovare una sponda televisiva a buon mercato, e ora gridano al conflitto di interessi rivendicando giustizia ed equità. Fuori tempo massimo. (E.D. per NL)