I media cambieranno poco dopo il Covid-19. Lo tsunami economico li toccherà prevalentemente quanto a tipologia di inserzionisti, non per il modello di business in sé. La radio si riapproprierà dell’indoor, recupererà gli spazi occupati da Spotify, mentre in tv si farà più netta la separazione tra televisione lineare e streaming video on demand. Una nuova generazione di investitori pubblicitari si farà avanti. E ci sarà un’esplosione di aggregazione tra editoria tradizionale, online, radio e tv. Ecco gli scenari del futuro che aspetta i media col nuovo mondo.
Nulla sarà più come prima? In parte
Si dice che dopo il Covid-19 nulla sarà più come prima. A distanza di quattro mesi dalla scoperta del nuovo virus e a poco più di un mese e mezzo dalla sperimentazione sulla nostra pelle, si cominciano a delineare alcuni effetti della pandemia che ha sconvolto gli equilibri socio-economici mondiali.
Le premesse
I punti fermi sono:
1) col Covid-19 ci dovremo convivere a lungo (almeno altri 6 mesi), in attesa che venga scoperta una cura efficace (probabile) o un vaccino universale (meno);
2) alcuni modelli socio-economici non saranno più sostenibili;
3) la possibilità di un effetto elastico dell’economia in generale, a causa della progressione a tegola del contagio (che ne prolunga la pressione globale), secondo gli economisti, lascia lo spazio in termini di probabilità alla possibilità di una ripresa meno vigorosa (ma non necessariamente lenta), ma, soprattutto, settorializzata.
Alcuni ambienti economici difficilmente potranno riprendere con le stesse modalità di prima (ne abbiamo già parlato a fondo in un altro articolo, al quale rimandiamo).
In Media stat…
Altri invece passeranno indenni dalla crisi, quantomeno per schemi di business.
I media, che, ovviamente, subiscono oggi pesantemente gli effetti economici della crisi, non sono però destinati, come altri comparti, a rivedere le proprie strutture organizzative e commerciali.
Il modello di business non cambia
La radio, la tv, l’editoria, fatti salvi i normali adeguamenti sanitari cui saranno (sono) chiamate tutte le imprese, non subiranno particolari alterazioni.
Cambieranno gli inserzionisti
Cambierà la platea degli inserzionisti: i locali pubblici lasceranno spazio all’e-commerce di prossimità o ai new player del web entertainment (gaming in particolare).
Gli eventi ed i grandi centri di aggregazione diverranno buyer di spazi pubblicitari meno importanti dei distributori di prodotti per la pulizia, dei servizi di sanificazione ambientale e dei venditori di materiale sanitario.
E ancora, i settori eterogenei legati alla sostenibilità ambientale (fonti di energia rinnovabili), il food & beverage, occuperanno gli spazi (pubblicitari) liberati per un (bel) po’ di tempo dal turismo di massa (crociere, viaggi, ecc.). Grande distribuzione alimentare, farma, Tlc, ISP, assicurazioni e banche diverranno i principali clienti di radio, tv ed editoria.
I cambiamenti più importanti, caso mai, saranno di natura tecnologica
La ridotta mobilità, che a lungo ci caratterizzerà anche dopo il termine del lockdown, incentiverà la fruizione indoor verso la quale le emittenti radiofoniche dovranno recuperare il terreno perso in questi anni a favore delle quattro ruote.
La colonizzazione della multipiattaforma, in particolar modo attraverso l’integrazione IP e DTT, subirà una fortissima accelerazione per evitare di perdere quote rilevanti di audience.
Mentre Spotify dovrà attuare contromisure per evitare l’emorragia di ascolti iniziata con la crisi Covid-19, le radio avranno la possibilità di riappropriarsi di quegli spazi che l’OTT dello streaming audio aveva sottratto attraverso lo sviluppo (e soprattutto la promozione) di brand bouquet di emittenti verticali IP (ma realizzate cum grano salis, non senza logica e convinzione come qualcuno ha sin qui fatto).
Mainstream su informazione e approfondimento
Lato tv, l’offerta mainstream della tv lineare si concentrerà soprattutto sull’informazione e l’approfondimento, mentre fiction e film si allocheranno prevalentemente sulle piattaforme di streaming video on demand, il cui modello di business saranno gli abbonamenti massivi low cost (< 10 euro/mese).
Paywall e aggregazioni
Anche l’editoria tradizionale ed online, che insieme alla tv ha più beneficiato in termini di aumenti dell’audience, vedrà un adeguamento degli inserzionisti, rimanendo la pubblicità il core business commerciale, considerato che il paywall troverà ragione solo a fronte di abbonamenti dal costo poco significativo (1 o 2 euro al mese).
Probabili invece fortissimi processi di aggregazione tra radio, tv ed editoria, promossi sia da esigenza di vendita attraverso programmatic che dall’essenza stessa della multipiattaforma. (M.L. per NL)