RAJAR 4-2023: ascolto UK per il 43% in DAB, per il 28% in AM/FM, per il 26% via IP (di cui 11% con app e sito e ben il 15% attraverso smart speaker).
Esplode l’ascolto della BBC via IP dopo la strategia di convogliare fruizione in OTT.
Ma i dati dicono molto di più, quanto a tendenze.
Sintesi
Mentre flette notevolmente la fruizione radiofonica analogica (AM/FM, ridottasi al 28%) al cospetto di quella digitale (43% DAB + 26% IP), l’audio on-demand proprietario di BBC Sounds, la piattaforma OTT del colosso radio inglese, è cresciuto del 55% in due anni.
Numeri da paura
E parliamo di numeri da paura: nel quarto trimestre del 2023, appena annunciato da RAJAR (l’indagine sull’ascolto radiofonico in UK), l’app BBC Sounds ha toccato 231 milioni di ascolti.
Strategia
Confermando l’efficacia della strategia del broadcaster di convogliare l’offerta sulla principale piattaforma proprietaria disintermediata. Ma i dati mostrano anche un altro, forse imprevisto, risultato.
BBC Sounds e al suo consumo in continua evoluzione
L’analista radiofonico James Cridland nella sua ultima newsletter ha posto l’attenzione sulle performance di BBC Sounds, la piattaforma over the top (cioè disintermediata) UK nell’ultimo quadrimestre dell’indagine sull’ascolto radiofonico RAJAR.
Prodotti captive
Ad essere cresciuti sono, in generale, i prodotti captive: ascolto lineare e podcast non di terze parti, che invece sono scesi.
Ripartizione dell’ascolto per piattaforma
Con una ripartizione dell’ascolto radiofonico ormai ampiamente digitale: col 43% degli utenti che fruiscono in DAB, il 28% in AM/FM, il 26% via IP (di cui 11% con app e sito e ben il 15% attraverso smart speaker), le tendenze sono ormai evidenti.
Il recupero dell’ascolto lineare
“Nel primo trimestre del 2021, l’app BBC Sounds aveva totalizzato 149 milioni di ascolti di radio e podcast on-demand, mentre i podcast della BBC erano stati scaricati 265 milioni di volte in tutto il mondo”, spiega Cridland.
231 mln di ascolti
“Nel quarto trimestre del 2023, i cui dati sono appena stati rilasciati, l’app BBC Sounds raggiunge 231 milioni di ascolti di radio e podcast on-demand, mentre i download globali di podcast della BBC si sono ridotti a 222 milioni.
Audio on demand proprietario + 55% in 24 mesi
L’audio on-demand di BBC Sounds è cresciuto del 55% in due anni; mentre il consumo di podcast di terze parti della BBC è diminuito del 16%.
Cosa significa la diminuzione dell’ascolto dei podcast di terze parti
Secondo Cridland, la diminuzione del consumo di podcast delle terzi parti, nonostante sarà “visto come un successo da una parte del management della BBC”, è un fenomeno da studiare in quanto potrebbe avere riflessi non indifferenti e non necessariamente positivi.
Scelta disintermediazione oculata
Resta comunque il fatto che la scelta della BBC di concentrare la fruizione dei suoi contenuti in forma disintermediata sta risultando sempre più oculata.
Trasformazione OTT
Come sosteniamo da tempo, la nuova sfida degli editori radiotelevisivi è trasformarsi, nel più breve tempo possibile, in OTT, cioè fornitori di contenuti non intermediati dalle reti di distribuzione (DTT, sat, DAB, FM) agendo al di sopra delle stesse.
Modello di business
Il modello di business degli editori sta cambiando, come cambiò alla fine del millennio scorso quello delle case discografiche, alle prese con un crollo costante delle vendite dei supporti fisici (dischi, cd, nastri) che, secondo alcuni, avrebbe annientato il comparto.
La rinascita dei discografici
Eppure dalla morte del supporto materiale i discografici hanno iniziato una lenta ma progressiva ricostruzione, che li ha condotti all’attuale condizione, estremamente positiva.
La cura del male dal male. Che forse tanto male non era…
Solo guardando al mercato italiano, il bilancio dei primi sei mesi dell’anno per il mercato della musica segna infatti una crescita complessiva del 14.2%, con un fatturato di oltre 175 milioni, trainato dallo streaming.
La crisi di 25 anni fa
Cioè proprio da ciò che aveva causato la crisi di venticinque anni fa.
L’opportunità di Einstein
Albert Einstein disse: “La crisi può essere una vera benedizione per ogni persona e per ogni nazione, perché è proprio la crisi a portare progresso. La creatività nasce dall’angoscia, come il giorno nasce dalla notte oscura. È nella crisi che nasce l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie”.
La crisi del lineare
Ed è dalla crisi dell’ascolto lineare che può – deve – iniziare la nuova era degli editori radiotelevisivi, integrando la propria offerta attraverso piattaforme proprietarie (app e sito) organizzate come piattaforme OTT ospitanti i canali lineari e i contenuti on demand (catch-up, podcast, contenuti accessori).
Facilitatore di piccoli OTT
“Stiamo terminando il trial di una piattaforma di facilitazione del caricamento e della distribuzione istantanea di contenuti audio/video on demand su piattaforme proprietarie (siti ed app) e terze parti (piattaforme di aggregazione, smart tv, smart speaker, hbbtv, ecc.)”, aveva spiegato qualche mese fa a NL Francesco Triolo di Meway, società che ha presentato in queste settimane una soluzione OTT per emittenti radiotelevisive disponibile con la formula del canone mensile.
Il mercato reagisce alle richieste
Confermando il recepimento di tendenze ormai evidenti.
I milioni si fanno…
L’era dei milioni di ascoltatori sul singolo prodotto si avvicina al termine per molti. La continua moltiplicazione dell’offerta determina frammentazione e il modello editoriale (ed organizzativo) deve adattarsi di conseguenza.
… anche con la somma di numeri più piccoli
Specificatamente recuperando, attraverso l’on demand, la massa di ascolto persa sul lineare.
L’esempio della BBC
BBC, a cui abbiamo dedicato un ampio report di analisi sull’offerta OTT audio, l’ha capito prima di tutti e nel frattempo ha maturato un notevole vantaggio competitivo.
Privilegi
Privilegio che sta mettendo a reddito soprattutto con contenuto on demand di alta qualità, sviluppando anche economie di scala, considerato che molti prodotti testati positivamente come podcast sono già evoluti in fiction tv.
Disintermediate gente, disintermediate…
Disintermediare non è, come pensano molti broadcaster, necessariamente un male. L’hanno capito gli artisti musicali, che con la crisi delle vendite fisiche hanno maturato la convinzione che non dipendere da pochi ineludibili canali di distribuzione comportava dei vantaggi in termini di emersione agendo attraverso piattaforme OTT.
Canali di grande distribuzione e multicanalità
Ma l’hanno capito i commercianti dipendenti dalla grande distribuzione, a sua volta aggredita dai processi di disintermediazione attraverso le vendite online.
Prima o poi
Lo capiranno anche gli editori radiotelevisivi ancora troppo vincolati ai canali di distribuzione via etere e da modelli di somministrazione lineare. Chi prima, chi dopo. (M.R. per NL)