Superstation radiofoniche a 30 mln di abitanti o al 50% della popolazione nazionale?
Torna di attualità l’ipotetico dossier legislativo riservato di cui avevamo dato conto tre anni fa che sonderebbe il terreno nell’ottica di un emendamento all’art. 2 c. 1 lettera v) del D. Lgs. 177/2005. Emendamento volto ad un notevole innalzamento (si mormora il doppio) del limite di copertura delle radio locali, attualmente fissato a 15 milioni di abitanti.
La modifica andrebbe in soccorso di diversi soggetti seminazionali interessati a svilupparsi ulteriormente, cioè le cd. superstation, emittenti giuridicamente non codificate (frutto di una famosa elaborazione dottrinale a margine dell’approvazione della L. 66/2001).
Di queste ultime l’Antitrust aveva preso atto nella famosa relazione resa in occasione dell’operazione di acquisizione del gruppo Finelco (Radio 105 e Virgin Radio) da parte di Radiomediaset (al tempo editore solo di R 101 e GBR-Radio Orbital). L’ente di controllo della concorrenza e del mercato in quell’occasione aveva definito le superstation “radio locali di notevole dimensione, c.d. super-areali o super-station, che sono in grado di raggiungere un numero notevole di ascoltatori, quasi al pari di radio nazionali, in aree molto vaste del territorio italiano”.
La questione della riforma dell’ambito diffusivo radiofonico si innesta in un dibattito in corso da quasi venti anni, esattamente dall’indomani dell’entrata in vigore della L. 66/2001 ed legata a due distinte considerazioni.
La prima costituita dall’anacronismo della regolamentazione del sistema radiofonico italiano che, alla luce del peso sempre maggiore raggiunto dalle piattaforme distributive di contenuti via web, per definizione nazionale o addirittura internazionale, distingue ancora i titoli in funzione dell’ambito territoriale raggiunto con le diffusioni via etere (FM e DAB+). La seconda determinata dal nanismo imprenditoriale indotto da un quadro normativo superato, che rischia indirettamente di favorire l’affermarsi degli OTT del web, in particolare dei servizi di streaming on demand.
Sul piano giuridico rileva poi l’incomprensibile distinzione di “ambito locale” effettuata tra radio e televisioni dal legislatore, che lo ha fissato ex D. Lgs. 177/2005 in 15 milioni di abitanti per la radiofonia (art. 2 c. 1 lettera v) e “in uno o più bacini, comunque non superiori a dieci, anche non limitrofi, purché con copertura inferiore al 50% della popolazione nazionale” (art. 2 c. 1 lettera z) per la tv. Perché due pesi e due misure per tipologie editoriali che dovrebbero essere identiche (e tali sono state fino al 2001)? (E.G. per NL)