Radio, TER: 1.279.000 persone ascoltano la radio ma non ricordano quale. Metodo di rilevazione sbagliato o segnale di allarme?

modello, modello

Pubblicati di recente i dati di ascolto TER, già ampiamente metabolizzati dagli addetti ai lavori e celebrati indistintamente da tutti i gruppi editoriali; a prescindere da vincitori e vinti tutti i comunicati stampa hanno, in ogni caso, decantato un momento favorevole nonostante la perdita di quasi  un milione di ascoltatori inducesse a qualche riflessione su sostanza e metodo, che verosimilmente, a microfoni chiusi e nelle stanze del potere, sarà cominciata.
Pur al netto della disomogeneità rispetto allo stesso periodo dello scorso anno che potrebbe avere giustificato qualche differenza nei dati rilevati, è chiaro che le avvisaglie di un problema ci siano tutte e probabilmente (questo almeno è quello che ci auspichiamo) qualche cambiamento di rotta verrà intrapreso sia a riguardo del metodo di rilevazione che di un modello radiofonico forse non più adatto ai tempi.

Vedremo cosa succederà a Radio Capital con l’avvicendamento tra Zucconi e Giannini, novità certe anche a Radio 24 già annunciate dal direttore generale commerciale Massimo Colombo e attendiamo sempre botti e sorprese dal gruppo Mediaset, fresco di acquisizione di RMC (almeno sul piano preliminare, posti i vincoli antitrust conseguenti all’acquisizione del gruppo Finelco che imponevano uno stop a nuovi acquisti fino al 2020) arrivata a rimpolpare un carniere già molto ricco che ne fa al momento il gruppo editoriale con il maggior numero di ascolti.
La rete ammiraglia del gruppo di Suraci che continua comunque ad essere la più seguita come emittente singola è anche quella che ha subito la perdita più massiva; archiviato subito dalla messa in onda il promo ”8.483.000 persone ogni giorno ascoltano RTL”, è sicuramente cominciato anche per loro il periodo della riflessione e dello studio delle contromosse.

Ma proprio a proposito di numeri, un dato spesso sottaciuto è quello relativo a coloro che, pur dichiarando di ascoltare la radio, non riescono però a ricordarne nessuna o fanno talmente confusione nella propria testa dal non saper poi associare nessuna memoria ai nomi delle emittenti formulati dall’intervistatrice durante l’indagine telefonica.
È un numero di una rilevanza notevole che induce sicuramente a qualche considerazione, certamente sul metodo ma sicuramente anche sul fatto in sé.
A voler vedere il bicchiere mezzo pieno si tratta comunque di persone che continuano ad usufruire del mezzo per ascoltare musica e informazione, ma è pur vero che lo fanno in maniera talmente distratta e superficiale da non memorizzare il nome dell’emittente.radio vs spotify 1 - Radio, TER: 1.279.000 persone ascoltano la radio ma non ricordano quale. Metodo di rilevazione sbagliato o segnale di allarme?
Se per la perdita generale di quasi un milione di ascoltatori le spiegazioni per certi versi sono più facili da trovare, migrazione verso Spotify, numeri eccessivamente alti nella precedente rilevazione che si stanno a mano mano ridimensionando, locali in crescita etc., volendo invece analizzare il dato degli immemori il ventaglio delle possibili ipotesi che potrebbero giustificarlo è veramente ampio.

Colpa nella maggior parte dei casi di programmazioni di flusso troppo simili tra loro, in qualche caso pure di acronimi anch’essi con diverse assonanze che generano più di un tentennamento nella testa di chi poi viene chiamato ad esprimere la propria opinione.
Fa riflettere che, nonostante il nome ben leggibile sul display, il marchio ben visibile e promozionato in visual radio e sui social, alla resa dei conti i numeri di chi, pur ascoltando, non trovi nessuna emittente che riesca a fidelizzarlo in alcun modo siano ugualmente così alti.

A parziale giustificazione bisogna comunque riconoscere che in diversi casi si tratta di utenti che utilizzano il medium solo ed esclusivamente in maniera disattenta: zapping selvaggio alla ricerca della canzone preferita, abbassamento volume quando parla lo speaker, cambio stazione alla minima avvisaglia di cluster pubblicitario.
Sappiamo perfettamente che esistono e che almeno per una buona parte di loro nessuna strategia radiofonica riuscirebbe mai a catturarli e quindi è solo per tutti gli altri, la cui distrazione è causata dal non trovare realmente quello che vogliono, su cui si potrebbe lavorare per cercare di riportarli a casa.

Anche perché si tratta di un numero considerevole, tra l’altro destinato tristemente ad innalzarsi con l’approdo del digitale che aumenterà a dismisura l’offerta accrescendo anche, conseguentemente, la possibile confusione.
Un altro numero rilevato attraverso il metodo dell’indagine TER che merita una discussione più approfondita, che affronteremo nei prossimi giorni, è quello relativo a 1.728.000 persone che ascoltano ”altre radio” non censite dal sondaggio.
Anche in questo caso un elemento importante su cui ragionare e che apre prospettive di cui vale sicuramente la pena di discutere. (U.F. per NL)

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