Una recente decisione del TAR Lazio ha posto fine ad un’annosa diatriba trascinatasi per anni a causa del contegno piuttosto ondivago e contraddittorio dell’Ispettorato Territoriale Lombardia.
Infatti, tale ufficio aveva intimato ad un’emittente radiofonica locale il ridimensionamento della potenza d’esercizio del proprio impianto trasmittente rispetto a quella dichiarata ed assentita in concessione.
La determinazione dell’ispettorato nasceva dagli esiti di una verifica nel corso della quale l’impianto dell’emittente (per problemi transitori) era stato rilevato operare a 3000, anziché 5000 W.
Contro tale ordinanza reagiva la società titolare dell’emittente radiofonica (patrocinata dall’Avvocato Gianluca Barneschi del foro di Roma), attivandosi avanti al T.A.R. Lazio.
Nonostante l’opposizione in giudizio del M.I.S.E., il T.A.R. Lazio ha riconosciuto la fondatezza del ricorso in riferimento alle dedotte violazioni del codice delle comunicazioni elettroniche (D. Lgs. 259/2003) e all’irrazionalità del provvedimento.
Infatti il T.A.R. Lazio ha affermato la “evidente illogicità ed abnormità, oltreché da contraddittorietà anche con la concessione a monte rilasciata, in quanto, da un lato si accerta la violazione della potenza di irradiamento (per 3.000 watt) e, dall’altro, si ordina di mantenere detta potenza accertata illecita, cioè pari a 3.000 watt in luogo dei 5.000 autorizzati”.
Il Ministero dello Sviluppo Economico è stato anche condannato a rifondere alla ricorrente le spese di giudizio. (G.B. per NL)