La sensazione, inquietante, è che la gestione politica della diffusione della radio via etere rischi di sfuggire di mano.
Il contenuto dell’art. 50 c. 10 della controversa bozza di revisione del TUSMAR (Testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici, per cui è prevista un’audizione degli operatori oggi e che NL ha potuto esaminare) – all’evidenza di genesi meramente accademica – recita: “L’Autorità adotta il piano nazionale di assegnazione delle frequenze radiofoniche in tecnica analogica in modo coordinato con il piano di assegnazione delle frequenze radiofoniche in tecnica digitale“.
Pianificazione tardiva
Cosa significano queste poche parole apparentamente innocue, ancorché profondamente anacronistiche (pianificazione FM con 45 anni di ritardo dalle prime ipotesi e a 31 anni dalla L. 223/1990 che ne aveva codificato la previsione)?
Combinato
Per comprenderle, occorre combinare il contenuto del c. 10 coi cc. 5 e 6 dell’art. 50 della bozza di revisione del TUSMAR. Il primo (c. 5) stabilisce che “L’Autorità adotta e aggiorna i piani nazionali di assegnazione delle frequenze radiofoniche e televisive in tecnica digitale, garantendo su tutto il territorio nazionale un uso efficiente e pluralistico della risorsa radioelettrica, una uniforme copertura, una razionale distribuzione delle risorse fra soggetti operanti in ambito nazionale e locale, in conformità con i principi del presente decreto.
Coordinamento internazionale
Al fine di escludere interferenze nei confronti di Paesi radioelettricamente confinanti, in ciascuna area di coordinamento definita dagli accordi internazionali sottoscritti dal Ministero dello sviluppo economico e dalle autorita’ degli Stati confinanti in attuazione della decisione (UE) 2017/899, del 17 maggio 2017, di cui al comma 1026, sono oggetto di pianificazione esclusivamente le frequenze attribuite all’Italia dagli accordi stessi. Le frequenze in banda III VHF sono pianificate sulla base dell’Accordo di Ginevra 2006 e di successivi accordi internazionali sottoscritti dal Ministero dello sviluppo economico, per la radiofonia digitale e, ove necessario, per il servizio televisivo digitale terrestre.
Off limits
Le frequenze per il servizio televisivo digitale terrestre, in banda III VHF e 470-694 MHz, non attribuite internazionalmente all’Italia nelle aree di coordinamento definite dagli accordi internazionali di cui al presente comma, non possono essere pianificate dall’Autorità ne’ assegnate dal Ministero”.
Risorse
Il secondo (c. 6) recita: “Nella predisposizione dei piani di assegnazione di cui al comma 5 l’Autorità adotta il criterio di migliore e razionale utilizzazione dello spettro radioelettrico, suddividendo le risorse in relazione alla tipologia del servizio e prevedendo di norma per l’emittenza nazionale reti isofrequenziali per macro aree di diffusione”.
Coordinamento
Ciò posto, cosa potrebbe intendere il legislatore con “coordinamento” tra Piano digitale e Piano analogico?
Switch off FM/FM
Che anche le risorse FM (ma solo quelle coordinabili a livello internazionale a mente del c. 5, tenuto conto che solo quelle RAI allo stato lo sono) debbano essere suddivise in relazione alla tipologia del servizio e prevedendo di norma per l’emittenza nazionale reti isofrequenziali per macro aree di diffusione? Cioè un azzeramento delle attuali occupazioni con contestuale riassegnazione come avvenuto con il digitale terrestre? Uno switch-off non tra FM e DAB+, quindi, ma tra attuale utilizzo della FM e futuro impiego della stessa in maniera coordinata.
Switch off FM/DAB+
Oppure che allo sviluppo del DAB+ debba fare da contraltare lo spegnimento dei trasmettitori FM territorialmente sovrapposti?
Azzardo a favore degli OTT
In entrambi i casi, si tratterebbe di un azzardo tecnologico, foriero di una inevitabile destabilizzazione del sistema radiofonico. Più di quanto stia già facendo la concorrenza delle piattaforme di streaming on demand sul mercato pubblicitario anche locale.
Switch-off FM/FM, Switch-off FM/DAB+, switch-over FM/DAB+
In realtà, l’unica soluzione adottabile con raziocinio è incentivare lo switch-over, cioè il passaggio naturale e progressivo da FM a DAB+ senza colpi di testa e di coda. Lasciando così com’è l’occupazione della modulazione di frequenza, fino al suo naturale disimpegno o riutilizzo (magari proprio per lo sviluppo della radio digitale via etere, che sarebbe l’Uovo di Colombo).
Data limite?
E, per evitare che – come sta accadendo in qualche paese europeo – ciascuno possa andare per la propria strada, fissando una data di partenza (non di termine!) degli spegnimenti FM, compatibile con gli sviluppi tecnologici e di mercato.
Quale? La buttiamo lì: il 2030. (M.L. per NL)