Regalo a Radiofreccia dal Decreto Maxi Ristori? “Noi le risorse le abbiamo raccolte sempre e solo sul mercato. La questione è diversa“. Interviene direttamente il presidente di RTL 102,5, del cui gruppo editoriale fa parte Radiofreccia, tirata in ballo da La Repubblica come principale beneficiaria della riforma dell’art. 27 c. 6 D. Lgs 177/2005 attraverso un emendamento presentato al Decreto Maxi Ristori.
La stortura che l’emendamento Maxi Ristori vuole correggere risale al 1990: non c’è più il sinallagma
“La legge, nel 1990 (L. 223/1990, ndr), istituì le ‘radio comunitarie’, senza fini di lucro, con facilitazioni, finanziamenti e minore affollamento pubblicitario – spiega Suraci in una nota -. Nel tempo sono venuti meno facilitazioni e finanziamenti, restando solo i limiti pubblicitari, a quel punto del tutto illogici.
Ristori? Noi le risorse le abbiamo raccolte sempre e solo sul mercato
Cancellarli, rendendo uniforme il sistema radiofonico, non significa ‘regalare’ nulla, perché le risorse dovranno essere reperite sul mercato. Come abbiamo sempre fatto e senza altri gruppi editoriali alle spalle. Da indipendenti. Per l’erario non solo non si tratta di un esborso, ma di una futura maggiore entrata, visto che la crescita di nuovi strumenti genererà il relativo gettito fiscale”.
Parliamo piuttosto della colossale fregatura della sperimentazione infinita del DAB
“Più che il regalo (inesistente) sarebbe bene ricordare la fregatura (colossale): sono anni che investiamo nella Radio digitale, il Dab, essendo abbastanza ingenui da credere nelle leggi e nelle scadenze che quelle prevedono, ma, mentre il nostro impegno economico è reale e passato, il rispetto statale delle leggi dello Stato è immaginario e futuro, sicché i nostri soldi restano in attesa che si ponga fine a una grottesca stagione di ‘sperimentazioni’ e si passi alla regolarità europea del mercato. Ancora una volta: senza soldi pubblici, liberi e in concorrenza”, conclude il presidente di RTL 102,5.
Aeranti-Corallo: norma Decreto Maxi Ristori destabilizzante per il settore
Intanto, sulla norma controversa è intervenuta anche l’Associazione Aeranti-Corallo esprimendo un forte dissenso. “Tale emendamento se approvato in via definitiva, metterebbe in discussione gli equilibri raggiunti negli anni tra il comparto commerciale e quello comunitario, a discapito di entrambe le tipologie di emittenza radiofonica, svalorizzando sia gli investimenti effettuati dalle emittenti radiofoniche commerciali, sia i principi di cui sono portatrici le emittenti radiofoniche comunitarie“, aveva spiegato l’ente esponenziale in un comunicato inviato oggi a questo periodico.
Sistema di regolamentazione anacronistico con lacci e lacciuoli inutili
“In realtà, quanto sta emergendo in queste ore dimostra solo il profondo anacronismo di numerose norme che ancora ingessano il sistema radiotelevisivo italiano. Un coacervo giuridico basato su lacci e lacciuoli che potevano avere un senso – se lo avevano – con la diffusione esclusivamente analogica, ma che lo hanno completamente perso in ambiente digitale”, spiega Giovanni Madaro, economista di Consultmedia.
Non è lo status giuridico che delimita il prodotto, ma esso stesso
“Nell’era della multipiattaforma IP, che senso ha distinguere tra radio locali e nazionali, tra commerciali e comunitarie? La differenza la fa il contenuto ed il gradimento del mercato, non la copertura FM o lo status concessorio“, conclude Madaro. (E.G. per NL)