Dallo Studio economico del settore radiofonico italiano (ricavi complessivi nel 2014: 481 mln di euro, in calo rispetto ai 517 del 2013) di Confindustria emergono di indicatori molti interessanti del medium. Questo periodico ha quindi deciso di pubblicare da oggi specifici stralci della suddetta ricerca con le necessarie riflessioni.
La prima analisi verte sui ricavi medi di 407 società radiofoniche locali (costituite sotto forma di società di capitali), che nel 2014 si sono divise 130,2 mln di euro (351,1 mln sono andati alle nazionali): ben 280 di queste non superano i 250.000 euro di ricavi, mentre 58 si collocano nella fascia tra 250.000 e 500.000 euro. Circa la metà di queste ultime (28) sviluppano ricavi tra 500.000 e 750.000 euro e 15 si collocano nella fascia superiore, che arriva a 1 mln di euro. Dodici società hanno ricavi fino a 1,5 mln di euro e 5 giungono a 2 mln, mentre 8 si collocano tra i 2 e 5 mln di euro e solo una supera tale valore. Il 40% dei ricavi totali è sviluppato in Lombardia e Lazio, mentre tali regioni, unitamente (in ordine di importanza) a Veneto, Emilia Romagna e Puglia rappresentano il 56% del volume economico. Il trend, contrariamente a quello delle nazionali, continua ad essere negativo, registrando circa il -16% dei ricavi, il -28,3% del risultato operativo e addirittura il -101,6% del risultato d’esercizio nel rapporto 2014 vs 2013 (le regioni con minore redditività sono Basilicata, Molise e Valle d’Aosta). Sui bilanci delle emittenti locali (che, declinate in 1040 marchi, impiegano 1471 lavoratori contro i 476 delle 21 radio nazionali – comprese le 5 radio pubbliche in FM e le due comunitarie – esclusi i dipendenti RAI) pesa la riduzione dei contributi pubblici, ridottisi mediamente del 22% per ogni anno dal 2010 al 2014. (M.L. per NL)