Radio. Si vendono sempre meno radio AM/FM/DAB, ma va peggio per i ricevitori IP, mai concretamente decollati. Cosa non ha funzionato?

ricevitori ip pure

Se non si vendono quasi più radio AM/FM/DAB stand alone, va ancora peggio per i ricevitori IP che, dal loro avvento nei primi anni 2000, non sono mai riusciti ad ottenere una penetrazione sufficiente nel mercato da giustificarne una produzione in grande stile. Cosa non ha funzionato e perché?

Sintesi

Con l’avvento dello streaming lineare radiofonico, agli inizi del nuovo millennio, alcuni pensavano che i ricevitori IP avrebbero cambiato la fruizione delle radio tradizionali (la cui progressiva scomparsa ha condotto, in Italia, all’attuale presenza in una casa su quattro), sostituendole tout court, tanto che addirittura i primi modelli imitavano il design di quelle AM/FM, anche se somministravano solo flussi streaming lineari.
Come noto, non è andata così: il mercato dei ricevitori IP non è mai concretamente decollato e la vendita dei dispositivi stand alone per la fruizione esclusiva di contenuti radio è rimasta di nicchia.
Chiaramente siamo tutti consapevoli che il fallimento della vendita di tali prodotti è stata determinata, inizialmente, dalla loro eccessività complessità e, successivamente, dall’avvento di strumenti più pratici, come gli smartphone, i tablet, i pc, le smart tv e, da ultimi (ma non per importanza strategica), gli smart speaker.
Quindi, la domanda provocatoria del titolo andrebbe riformulata in senso più circoscritto: in realtà, avrebbe potuto andare diversamente?

I primi passi verso i ricevitori IP

All’inizio del nuovo millennio, l’era dello streaming ispirò lo sviluppo dei ricevitori IP, dispositivi, simili per aspetto e funzionamento alle radio AM/FM, dalle quali si distinguevano per la capacità di sintonizzarsi sui feed audio del web. Questo mix di familiarità e di contenuti digitali sembrava anticipare un futuro luminoso per il mercato dell’elettronica di consumo, tanto che molti produttori lanciarono modelli pensati per il grande pubblico.

Ottimismo eccessivo

Il mercato era estremamente ottimista, poiché all’epoca non esistevano molti dispositivi connessi che potessero far supporre la concorrenza eterogena poi verificatasi”, ha dichiarato al periodico RadioWorld (che ha approfondito il tema del fallimento dell’industria dei ricevitori IP) Greg Fadul, CEO di Grace Digital, azienda che creò la sua prima radio internet nel 2008 e che tuttora ha una variegata offerta di ricevitori IP. “Questi dispositivi erano concepiti per rimpiazzare le radio tradizionali che avevamo in casa”, ha osservato l’imprenditore.

Le prospettive di una nuova era per l’ascolto radiofonico

“Invece di avere un ricevitore AM/FM che limitava la sintonizzazione ad un centinaio di stazioni, i ricevitori IP permettevano l’accesso a migliaia di emittenti diffuse in streaming, senza confini territoriali” ha spiegato James Cridland, futurologo radiofonico. Aziende come la citata Grace Digital, Pure, Revo, Tangent, C. Crane (CC WiFi), Roku e SLIMP3 (poi diventata Logitech Squeezebox), svilupparono i primi modelli, proponendo un approccio innovativo all’ascolto radiofonico.

Pionieri ma di un successo temporaneo

“Nel 2006 abbiamo introdotto il nostro primo ricevitore IP” ha ricordato a RW Jessica Crotty, CEO di C. Crane. “Il nostro focus era su radio stand alone che funzionassero immediatamente, appena accese e connesse alla rete. Tuttavia, molte delle prime radio richiedevano software complessi o erano difficili da configurare”. 

Mancata imposizione sul mercato

Sebbene alcuni marchi siano sopravvissuti, molti altri non sono riusciti ad imporsi sul mercato. E’ il caso di Logitech, che ha interrotto la produzione delle Squeezebox nel 2012, segnando una fine per una delle linee di maggior successo di quel periodo.

Il fallimento del mercato di massa

Logitech si è ritirata dal mercato, così come altri produttori, poiché non si è mai sviluppata una reale domanda”, afferma Fadul.
In realtà, a segnare il destino dei ricevitori IP è stata l’evoluzione dello streaming: mentre le radio offrivano solo audio, piattaforme emergenti come YouTube evolvevano includendo video, basandosi su un innovativo (per i tempi) approccio on demand.

L’avvento dei dispositivi smart

Gli smartphone e gli smart speaker hanno contribuito a rendere superflui i dispositivi dedicati esclusivamente all’ascolto lineare via IP.

L’ascesa degli smartphone e degli altoparlanti intelligenti

Ed infatti con l’avvento di telefoni ed altoparlanti “intelligenti”, il bisogno di ricevitori IP stand alone si è ridotto drasticamente. “L’adozione di smartphone e smart speaker ha probabilmente avuto l’impatto maggiore, poiché questi dispositivi hanno reso possibile l’ascolto della radio con maggiore facilità,” ha spiegato Crotty.

Aggregatori dipendenti

Inoltre, molti aggregatori di contenuti per ricevitori IP, come Reciva, non sono riusciti a stare al passo con l’evoluzione tecnologica, portando alla chiusura dei loro servizi (nel caso di specie nel 2021) e così rendendo inutilizzabili i dispositivi che puntavano ad essi per organizzare l’offerta. D’altra parte, anche prima dell’arrivo di smartphone e smart speaker i problemi di connettività Wi-Fi limitavano l’accesso ai flussi streaming radiofonici, frenando così il mercato rispetto alle iniziali prospettive.

Problemi di connettività

A ciò si aggiungeva un altro ostacolo alla diffusione delle radio via internet: la necessità di una connessione ad alta velocità, che all’epoca era rara. “Molte persone non avevano il Wi-Fi in casa ed i primi ricevitori IP avevano solo connessioni ethernet, difficili da trovare nelle abitazioni domestiche” ricorda Cridland.

Bassa qualità audio

Inoltre, la qualità dei contenuti era spesso insufficiente per gli standard di ascolto radiofonico: “I flussi online delle stazioni non erano di alta qualità (addirittura 32 kbps), senza considerare che molte stazioni AM/FM non trasmettevano ancora online,” aggiunge il futurologo, annotando come, peraltro, “gli alti costi per i diritti musicali scoraggiassero le emittenti al webcasting”.

L’impatto dell’iPhone ed il declino dei ricevitori IP

Con la diffusione dei telefoni connessi (gli smartphone, con l’iPhone in testa), la necessità di un dispositivo stand alone per l’ascolto della radio in streaming si ridusse ulteriormente, mentre le emittenti radiofoniche preferivano sviluppare app dedicate, per attirare gli ascoltatori o sfruttare le opportunità dei grandi aggregatori (come TuneIn), consentendo al contempo la raccolta di metriche utili per la vendita di pubblicità digitale in preroll.

Interfaccia complessa

Inoltre, l’interfaccia dei ricevitori IP era spesso complessa: per gli utenti, la gestione di oltre 10.000 stazioni (oggi sono aggregate da piattaforme come TuneIn oltre 100.000 stazioni) era poco intuitiva, rendendo l’esperienza meno piacevole rispetto ai nuovi dispositivi digitali.

Sfide e ostacoli legali

Oltre ai problemi tecnologici, le emittenti in streaming hanno dovuto affrontare anche ostacoli legati alle licenze per lo sfruttamento di diritti d’autore e diritti connessi. “Alcune stazioni radio bloccavano i contenuti al di fuori del territorio dell’emissione via etere per motivi di licenza, rendendo difficile per noi fornire agli ascoltatori ciò che desideravano – ha spiegati Crotty -. La diffusione di app proprietarie e i costi di licenza hanno reso il mercato dei ricevitori IP meno accessibile e poco redditizio per i produttori“.

L’evoluzione degli smart speaker

Piuttosto, gli smart speaker sono dei ricevitori IP travestiti da dispositivi più moderni. Gli altoparlanti intelligenti sono eccellenti per ascoltare la radio live e quindi, in un certo senso, i ricevitori IP stand alone non sono mai stati così popolari come oggi,” ha provocato Cridland. “La possibilità di ascoltare musica e notizie in streaming sugli smart speaker dimostra come la tecnologia dei ricevitori IP abbia contribuito a plasmare l’era dell’ascolto digitale. Anche se in una forma differente”. (M.R. per NL)

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