Al Radio Show 2017 di Austin di settimana scorsa (5-8 settembre), uno dei più importanti convegni al mondo sul settore radiofonico, si è parlato anche e soprattutto del futuro di alcuni gruppi editoriali in crisi.
Proprio per questo motivo, l’incontro tra i principali ceo, quest’anno moderato da Scott Flick (partner di Pillsbury Winthrop Shaw Pittman LLP), ha lasciato molto spazio al punto di vista di Wall Street grazie alla partecipazione, oltre che dei responsabili di compagnie di broadcast e telco, anche di esponenti del ramo bancario e assicurativo.
Davis Hebert, direttore della Wells Fargo, compagnia di servizi finanziari fondata nel lontano 1852, ha esternato tutta la propria preoccupazione sulla situazione economica nella quale versano iHeartMedia e Cumulus: “Per entrambe le aziende è difficile che nel 2018 non avvenga una qualche ristrutturazione societaria. Non c’è molta sabbia nella clessidra e non ci sarà nessun giro d’affari significativo fino a quando le situazioni di iHeart e Cumulus non saranno sistemate”.
Quanto alle allarmistiche conclusioni del Rapporto Miller il meeting ha lasciato aperte le porte ad un eventuale New Radio Deal grazie al quale i due broadcaster (e altri in condizioni non differenti, come CBS ed Entercom) possano risanare il proprio deficit e sviluppare un nuovo modello di business. Naturalmente, la ristrutturazione del debito della piattaforma con sede a San Antonio è la condicio sine qua non difficilmente eventuali nuovi investitori usciranno allo scoperto.
Su un piano più vasto, il prospetto di una riforma fiscale, pubblicizzata oltremodo da Donald Trump in campagna elettorale e ancora in fase embrionale nonostante le recenti dichiarazioni del Segretario del Tesoro Steve Mnuchin, potrebbe agevolare anche il comparto media. Ma, al di là della possibile riduzione delle aliquote pagate dalle imprese sul reddito prodotto, allo stato attuale delle cose il debito contratto da alcune compagnie radiofoniche è un ostacolo all’intervento di nuovo creditori.
Sotto i colpi inferti da Spotify e soci iHeart paga una calma piatta dal punto di visto della raccolta pubblicitaria proprio mentre aumenta la concorrenza delle applicazioni per la connected car (lo snodo dove si giocherà il futuro della radio); a tutto ciò va aggiunto lo spauracchio più che fondato di nuove piattaforme web facilmente attuabili e a costo zero, attraverso Instagram e Facebook (argomenti peraltro all’ordine del giorno anche all’omologo consesso europeo IBC).
Nel suo lungo intervento Hebert ha cercato di tracciare la strada per evitare il collasso del sistema tradizionale: bilanci in pareggio, sviluppo della multipiattaforma (nella direzione della hybrid radio, soluzione ormai acquisita in tutto il mondo), incremento dell’advertising e dell’audience.
Proprio la frammentazione del pubblico, unita, a volte, ad un’incapacità ad interagire con il nuovo mondo social, è la motivazione principale dell’attuale stato di crisi del mercato. Per il futuro prossimo il dirigente di Wells Fargo ha previsto un calo dei ricavi del settore radiofonico del 2% nel 2017 e dell’1% circa per quanto riguarda l’anno prossimo. Il catalizzatore di clienti nel lungo periodo, paradossalmente, potrebbe essere uno spostamento del medium verso alcune strategie del podcasting (in aggiunta anche ad app come Shazam for Radio). “L’opportunità della radio nel podcasting – ha dichiarato Steve Goldstein, fondatore e ceo di Amplifi Media – è a livello locale con diversi esempi di host radio che eseguono podcast mirato territorialmente”.
Per il famoso audio programmer l’originalità del palinsesto di un’emittente – si veda ad esempio il caso Dave Ramsey – ha sempre più un ruolo fondamentale nella sopravvivenza di una stazione.
La versatilità delle web radio evolute ed altamente tematiche, che negli Stati Uniti cattura l’attenzione di un utente su cinque sotto i ventinove anni, secondo Goldstein potrebbe rappresentare un utile riferimento per le difficili sfide che attendono la radio tradizionale. (M.R. per NL).