I contenziosi interferenziali in FM, nell’arco di tre lustri, sono diminuiti del 90% in sede giurisdizionale (cioè avanti ai giudici civili) e del 70% in sede amministrativa (presso gli Ispettorati del Ministero delle imprese e del made in Italy).
Cosa è successo: non ci sono più i disturbi FM o si destinano meno risorse economiche per i tentativi di risoluzione degli stessi?
Premessa
Secondo una elaborazione dell‘Osservatorio Consultmedia, che forma il database (gestito dalla società di analisi strategica Media Progress) a fondamento del modello scientifico di valutazione economica di asset radiotelevisivi, tra cui gli impianti FM – metodologia adottata anche dall’Agenzia delle entrate (Metodo Consultmedia™) – la litigiosità in modulazione di frequenza, fenomeno esclusivamente italiano connesso all’esercizio di impianti in assenza di una preventiva pianificazione e successiva assegnazione dei diritti d’uso per la radiodiffusione sonora in tecnica digitale, è diminuita in 15 anni del 90% in sede giurisdizionale (cioè avanti ai giudici civili) e del 70% in sede amministrativa (presso gli Ispettorati del Ministero delle imprese e del made in Italy)“, come aveva rivelato esattamente un anno fa a NL una fonte ministeriale.
Sintesi
L’etere FM in quindici anni ha raggiunto quell’equilibro che nei trenta anni precedenti non era riuscito a conseguire risolvendo gran parte dei contenziosi interferenziali?
La riduzione delle potenze di esercizio motivata dagli aumenti dei costi energetici (in parte rientrati, a dire il vero) ha ridotto la mutua perturbazione radioelettrica?
Oppure il nucleo degli esercenti degli impianti FM si è così ridotto da aver favorito la definizione delle liti attraverso accordi e scambi tra soggetti che, bene o male, hanno rapporti diretti e costanti?
O ancora la modulazione di frequenza non è più considerata così strategica da essere destinataria della quasi totalità delle risorse economiche di una società editrice radiofonica? E ciò tanto più che i valori degli impianti FM, nella stragrande parte del territorio nazionale, sono crollati ad un decimo di quello che era esattamente 20 anni fa (il massimo storico era stato toccato infatti intorno al 2004, quando un impianto cittadino a Milano era stato valutato 4 milioni di euro)…
Concentrazione impiantistica
Analizzando singolarmente le questioni, assumiamo che certamente la concentrazione degli impianti FM in capo ad un numero ridotto di soggetti (reti nazionali, superstation, grandi emittenti regionali) ha favorito la gestione (e la risoluzione) dei contenziosi interferenziali, poste le inevitabili relazioni costanti tra i grandi gruppi editoriali.
Questioni di principio…
Magari limando quelle questioni di principio, o quantomeno determinate intransigenze, che si erano radicate negli anni al punto da divenire, loro malgrado, fini a se stesse.
… ed anagrafiche
Sul punto va detto che anche la successione, per ragioni anagrafiche, degli editori persone fisiche ha incentivato l’archiviazioni di atavici contenziosi.
Riduzione delle potenze d’esercizio
In secondo luogo, probabilmente la riduzione delle potenze di 6 dB indotta dai rincari energetici all’indomani della guerra Russia-Ucraina ed in gran parte stabilizzatasi anche dopo il ritorno dei prezzi ai valori precedenti (a dimostrare che, in realtà, si trattava di modalità d’esercizio eccessivamente protettive), ha oggettivamente limitato la sussistenza di interferenze e quindi l’insorgenza di contenziosi.
Incidenza degli impianti FM sull’ascolto radiofonico
Ma su tutte, a nostro avviso, la progressiva minore incidenza della modulazione di frequenza sul complesso dell’ascolto radiofonico, sempre più orientato verso il digitale (DAB, DTT, IP, nelle sue varie espressioni) ha determinato una speculare inferiore rilevanza delle relative problematiche ed una inevitabile minore destinazione delle risorse economiche; per converso, inevitabilmente, dirottate in altre direzioni.
FM ancora primaria piattaforma distributiva. Ma sempre più erosa
Del resto, se in Italia la FM rimane concretamente ancora la principale piattaforma diffusiva radiofonica, altri vettori cominciano ad avere numeri percentuali a due cifre, come sta accadendo peraltro in tutta Europa.
Aule liberate. E rioccupate
Così, mentre le aule dei tribunali ordinari sono state liberate da editori in lotta per il preuso delle proprie frequenze FM, le medesime stanze cominciano ad essere sempre più frequentate dagli stessi operatori che litigano per la titolarità dei marchi.
Valorizzazioni e destinazione delle risorse d’esercizio
In generale, quindi, possiamo dire che, probabilmente, la più incidente tra le motivazioni della riduzione dei contenziosi in FM è da ricondurre ad una diversa riallocazione delle risorse economiche per l’esercizio di un’emittente radiofonica.
I modelli di valutazione
Sul punto vale la pena effettuare un approfondimento di ordine economico-culturale.
Per molti anni, in Italia, per attribuire un valore economico tendenzialmente oggettivo ad un impianto FM occorreva effettuare un complesso calcolo tecnico-economico, che tenesse conto di svariati criteri.
Dieci piccole sentinelle
Dieci per la precisione: dal valore dell’area di servizio del diffusore FM all’importanza della stessa sotto l’aspetto demografico e commerciale; dalla disponibilità alternativa di altri impianti (FM) sul bacino al valore tecnologico della trasmittente, passando per la rilevanza strategica della postazione utilizzata e dal valore del livello di pre-sintonizzazione.
Last but not least
Per arrivare, infine – appunto – allo stato interferenziale, all’affermazione tecnologia digitale non in FM (quindi DAB e IP), concludendo con la conformità alle disposizioni sanitarie, ambientali, urbanistiche e della sicurezza.
Scetticismo verso il mercato italiano
Un modello valutativo che, tuttavia, non era mai stato condiviso dagli investitori esteri potenzialmente interessati ad entrare nel mercato radiofonico italiano. Per una semplice ragione: il valore degli asset FM appariva al loro esame economico del tutto scollegato dalla redditività effettiva del mezzo.
Mercato drogato
In sostanza, secondo loro, il nostro era un mercato esasperato, drogato, che soprassedeva alla regola capitalistica in base alla quale un bene vale in quanto rende e per quanto rende. Nella maggior parte dei casi, il mercato italiano radiofonico veniva pertanto archiviato come non meritevole di investimenti stante la sua incontrollabile anomalia.
La Grande Crisi
Poi c’è stata la grande crisi economica mondiale, che ha quasi azzerato le compravendite FM per due o tre anni (da fine 2010 fino a metà 2013). Alla ripresa delle transazioni, i valori erano scesi di ben oltre la metà ed il numero degli acquirenti si era ridotto al 50% degli editori nazionali e a 15/20 dei player locali di spessore.
Le piattaforme integrative
Nel contempo, le piattaforme digitali di distribuzione di contenuti radiofonici si stavano progressivamente affermando: primo su tutti il DTT, con la ormai consolidata visual radio, che sopperiva alla scomparsa dei ricevitori FM nelle abitazioni domestiche.
IP e DAB
Indi l’IP, grazie al crollo dei costi di connessione con le tariffe flat e l’ampliamento delle celle a 4 e 4,5 G, che rendevano agevole ed economico lo streaming in mobilità. Infine, la ripresa del DAB+, che dopo un lungo periodo di letargo, aveva iniziato una nuova espansione. Questi avvicendamenti avevano condotto ad un’ulteriore riduzione del valore degli impianti FM che, misurati rispetto al 2008, in epoca pre-Covid erano arrivati a circa il 15%.
Il Cigno Nero
Col crollo degli investimenti pubblicitari determinati dalla crisi sanitaria mondiale, il trading delle frequenze FM si era pressoché bloccato e quattro anni fa (agosto 2020) scrivevamo: “E’ lecito attendersi che una eventuale ripresa delle transazioni avverrà su valori ancora inferiori”.
Il 2° Cigno (quasi) Nero
Così avvenne e il successivo Cigno Nero (o quasi) della guerra Russia-Ucraina, ha intensificato la crisi (pubblicitaria) ed il fenomeno in esame.
Radio in salute
Questo, tuttavia, non significa che la Radio, in quanto mezzo di comunicazione, sia in crisi; anzi.
Gli ascolti, se pur progressivamente frammentati su piattaforme eterogenee, sono sostanzialmente gli stessi di prima, almeno per quanto riguarda gli over 40.
Must
Quel che è certo è che se prima il must era disporre del maggior numero di impianti FM, oggi il fattore determinante è presidiare tutte le piattaforme possibili (da quelle omogenee – FM/DAB/DTT – a quelle eterogenee – IP nelle sue numerose declinazioni, quali player, app, smart speaker, smart tv, aggregatori). In sostanza, non basta essere solo in FM, solo su DAB+, solo su DTT o solo su IP. Occorre essere ovunque e comunque.
Interesse commerciale immutato
L’interesse commerciale verso la radio è pure rimasto immutato. Anzi, è quasi tornato ai livelli pre-Covid, recuperando le posizioni perse in occasioni delle crisi economiche citate.
Differenza
La differenza, semmai, è che ora gli investitori esteri guardano al mercato radiofonico italiano con un’attenzione rinnovata.
Occhio diverso
Come quello che osserva un settore risanato; cioè che non valuta più un asset prescindendo da quello che può produrre sul piano economico.
Un bene vale in quanto rende e per quanto rende
Ma che, finalmente, applica il normalissimo principio del valore di capitalizzazione. In un contesto siffatto, assume preponderante rilevanza la storicità, unita alla fidelizzazione al prodotto editoriale, a mente del quale “un bene vale in quanto rende e per quanto rende”.
Contenziosi interferenziali internazionali
Concludendo quindi, possiamo dire che residuano, per ora e sostanzialmente, in prevalenza i contenziosi interferenziali internazionali, in particolar modo quelli con Croazia e Slovenia, mentre la prossima dismissione degli impianti FM in Svizzera dovrebbe limitare ulteriormente le controversie (anche se non risolvere completamente, visto che il divieto di giungere oltreconfine coi segnali permane al di là del concetto evanescente del “naturale debordo“).
Incidentalmente…
A tal fine, del tutto incidentalmente, va data notizia della decisione dell’11/07/2024 della Corte d’Appello di Venezia, che definitivamente pronunciando sull’appello proposto da Radio Televizija Slovenija nei confronti di O-Spera s.r.l. (editrice dell’emittente Radio 80) dell’appello incidentale della Repubblica di Slovenia avverso la sentenza del Tribunale di Treviso 1° febbraio 2023 n. 163/2023 (di cui ci siamo ampiamente occupati), ha rigettato l’appello principale e dichiarato inammissibile l’appello incidentale, confermando la sentenza impugnata. (M.R. per NL)