Radio. Ruggero Po: l’informazione sulle radio locali italiane, dall’illusione degli anni 80 a quella di oggi, che c’é “basta che duri poco”

Ruggero Po

Ruggero Po: quello delle radio libere all’alba degli anni ’80 era un mondo diverso, un passato concettualmente molto lontano, dove all’informazione veniva ancora dato un certo peso.
La legge 223/90 studiò una quota minima di informazione per ogni radio. Ma poi arrivò la seconda Repubblica, Berlusconi guadagnò Palazzo Chigi ed i problemi divennero altri.

Oggi l’informazione in radio c’è, ma è ridotta ai minimi termini e sempre con l’avvertenza, per chi ascolta, che “dura poco”. Perché è l’ascoltatore che chiede altro.
Ritengo che la radiovisione abbia influito più di quanto si crede in questa trasformazione.

Per il giornalista professionista l’Intelligenza Artificiale è una sfida in più dal momento che la verifica della notizia si farà sempre più complicata fino, temo, a sparire. Chi oggi si oppone all’IA fa il paio con chi centocinquant’anni fa si opponeva all’arrivo del telegrafo e del telefono.
Euforia della dimensione mondiale della diffusione in streaming? Chi ti ascolta, a meno che tu non sia la BBC? C’è a Auckland qualcuno interessato a sapere che cosa sta facendo la Roma?

Sintesi

L’occasione dell’intervista che segue discende da un curioso fatto. Il direttore di questo periodico, sfogliando un vecchio numero di Millecanali del 1981 si è imbattuto nell’inserzione che segue, con la quale un giovane giornalista emiliano (nato a Carpi, Modena, nel 1952) proponeva programmi informativi di elevata fattura ad emergenti radio locali.
Poiché, nel frattempo, la carriera di Ruggero Po era decollata e viaggia tuttora col vento in poppa, abbiamo deciso di contattarlo per ricordargli quelle sue esperienze degli esordi e ricavarne il suo punto di vista sullo stato (decisamente non brillante) dell’informazione della radiofonia locale.
Quello che segue, quindi, è il resoconto di una bella chiacchierata effettuata da NL con Ruggero Po, giornalista e podcaster, che ha attraversato mezzo secolo di radiofonia italiana ed estera.

Il curriculum di Ruggero Po

In onda già nel 1973 su Radio Capodistria alla guida del popolarissimo Canzoni in Transito, Po fu successivamente tra i pionieri delle radio libere (Radio Bruno, Modena Radio City). Dal 1990 fu tra le voci di Radio1 RAI dove condusse anche Radio Anch’Io e Zapping. Docente di giornalismo al Centro Italiano di Studi Superiori per la Formazione e l’aggiornamento in Giornalismo Radiotelevisivo, di Perugia, fondato dalla RAI nel 1992 assieme all’Università di Perugia, oggi cura il podcast quotidiano Ristretto Italiano e conduce su Radio Radicale Alta Sostenibilità.

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La pubblicità di Millecanali del 1981

(Newslinet) – Una pubblicità di Millecanali del 1981 come produttore di programmi per emittenti radiofoniche ci riporta ad un tuo passato lontano, forse più concettualmente che cronologicamente…
(Ruggero Po) – Quella fu una tappa giovanile del mio percorso professionale, che non ha lasciato traccia. Erano ancora gli anni delle prime radio libere, delle emittenti che si costruivano i loro palinsesti senza troppi condizionamenti commerciali.

Un passato concettualmente molto lontano, dove all’informazione era ancora dato un certo peso

Era un mondo diverso, un passato concettualmente molto lontano dove all’informazione veniva ancora dato un certo peso. Attraverso quell’iniziativa distribuivo a diverse decine di radio sparse in tutt’Italia le interviste che facevo a cantanti e musicisti.

Sanremo a nastro

Fornivo quel valore aggiunto che non tutte le piccole emittenti potevano permettersi. Andavo a Sanremo per loro, per esempio, e ricordo alcuni festival dei primi anni ottanta passati interamente al telefono, una radio via l’altra…

Grandi aspettative dalle radio locali

(NL) – Al tempo c’erano grandi aspettative sul ruolo informativo delle radio locali (non erano già più “libere”, al limite “private”)…
(Ruggero Po) – Verissimo. Le emittenti potevano ancora tentare di guadagnare ascolti attraverso l’informazione, magari locale. Erano ancora gli anni delle lunghe dirette con gli ascoltatori a discutere di attualità, di politica, delle scelte locali. E c’erano governi che bene o male prendevano a cuore la situazione.

La quota d’informazione imposta dalla Mammì

Penso alla famosa Legge Mammì (legge 223/90, ndr) che all’inizio degli anni ’90 studiò per imporre a ogni emittente una quota minima di informazione. Ma poi arrivò la seconda Repubblica, Berlusconi guadagnò Palazzo Chigi e i problemi divennero altri.

Cosa non ha funzionato. Se non ha funzionato…

(NL) – Qualcosa deve non aver funzionato in questi quaranta anni, visto che il 90% delle radio locali si approvvigiona di notiziari tramite le stesse 4 o 5 agenzie di informazione…
(Ruggero Po) – Non so se qualcosa non abbia funzionato o se semplicemente sia cambiato il mondo. L’impressione mia, che da trent’anni sono fuori dall’emittenza privata, è che radiofonicamente siamo davvero su un altro pianeta.

L’informazione dura poco

L’informazione nei network c’è, ma è ridotta ai minimi termini e sempre con l’avvertenza, per chi ascolta, che “dura poco”. Perché è l’ascoltatore che chiede altro. Ritengo che la radiovisione abbia influito più di quanto si creda in questa trasformazione.

Tutte le notizie al punto ora

(NL) – Nell’era dell’informazione istantanea del web ha senso aspettare il punto ora per ascoltare un notiziario radiofonico? Secondo alcuni, le news radio possono essere al più un recap o un invito ad approfondire il tema sui portali online. In definitiva, non sarebbero più autosufficienti….
(Ruggero Po) – E questa, giustamente, è l’altra questione. Un tempo, ma parlo di preistoria, si usava dire che la radio ti dà la notizia, la TV te la fa vedere e il quotidiano te la approfondisce il giorno dopo. Oggi prima di tutto arriva il social.

Occhio allo schermo

L’occhio è più attaccato allo schermo dello smartphone di quanto l’orecchio sia incollato al ricevitore. Che poi è sempre uno smartphone, avendo mandato in pensione i transistor.

Solo Radio RAI può farlo

Riguardo i punti, ora ci sarebbero anche le breaking news, ovvero l’interruzione dei programmi per dare la “ultim’ora”, ma questo ormai solo Radio Rai può permetterselo, Radio Uno in particolare, con lo stuolo di giornalisti sempre presenti.

Chi ha pura della IA?

(NL) – Circa un anno fa era esploso uno sciopero dei doppiatori USA preoccupati della loro sostituzione con la sintesi vocale IA. Pochi se ne sono accorti, ma i giornalisti sintetici sono già in onda in molte emittenti, quantomeno per la lettura dei testi più (per ora) che per la conduzione. Gli operatori si dividono tra chi vuole opporsi alla IA e chi, viceversa, ritiene che debba essere cavalcata…
(Ruggero Po) – Nessuna paura, da parte mia, dell’intelligenza artificiale in sé. L’ha creata l’uomo e ciò che mi spaventa è l’uomo che se ne servirà.

Chi si oppone all’IA è come chi, 150 anni fa, contrastava telegrafo e telefono

Per il giornalista professionista è una sfida in più dal momento che la verifica della notizia si farà sempre più complicata fino, temo, a sparire. Chi oggi si oppone all’IA, fa il paio con chi centocinquant’anni fa si opponeva all’arrivo del telegrafo e del telefono.

Amplificatore di faking 

(NL) – La IA è uno strumento utile contro le fake news o, piuttosto, ne è un potenziale amplificatore, come l’invasione di immagini sul web di complotti, UFO, misteri, passati alternativi, ecc. sembrerebbero confermare?
(Ruggero Po) – La seconda che hai detto: un amplificatore. E la sfida, come dicevo, sarà quella di smascherare le fake. I complottisti ci sono sempre stati, con l’intelligenza artificiali avranno uno strumento per rendersi più credibili.

Ma chi ti ascolta anche se arrivi in tutto il mondo?

(NL) – Torniamo alla radio: una volta era locale una radio in funzione della sua potenzialità diffusiva; la portata del suo trasmettitore, per intenderci. Oggi, con lo streaming, ogni radio è potenzialmente internazionale. Si dice quindi che il relativo ambito è determinato dal contenuto. Concordi?
(Ruggero Po) – Sì, vabbè, ma anche se arrivi in culo al mondo chi ti ascolta, a meno che tu non sia la BBC? C’è a Auckland qualcuno interessato a sapere che cosa sta facendo la Roma? (M.L. per NL)

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