Ma il loro obiettivo è tutt’altro che piratesco. In gioco c’è un pezzo significativo della memoria storica e democratica italiana. «Siamo consapevoli di aver scritto una pagina di storia,» mi racconta al cellulare Maurizio Amici, regista televisivo e fondatore, nel 1976, di una delle prime emittenti private romane, Radio Hanna. Il problema è che questa consapevolezza è andata perduta in chi, smessa la veste del pioniere dell’etere libero, ha indossato quelli dell’imprenditore radiofonico. I pirati come Maurizio e i suoi colleghi dell’associazione Libere Voci e del portale Broadcast Italia hanno sfidato negli anni 70 il muro di gomma del monopolio e dei furgoncini dell’Escopost che perlustravano etere e strade alla ricerca di impianti da sequestrare. I pirati alla fine ebbero ragione anche della polizia postale e con l’epocale sentenza della Corte Costituzionale ottennero una grande vittoria. «Molti allora dovettero fare una scelta commerciale, era inevitabile. Ma la paradossale conseguenza è che gli spazi che allora riuscimmo ad aprire si sono quasi completamente richiusi,» si lamenta Amici. Lo spirito di allora, le tante cose che l’Italia dei mille campanili e delle quattromila stazioncine aveva da dire oggi si trovano, secondo Amici, dentro alle Web Radio.
Trent’anni dopo, ecco nascere una iniziativa che come vedremo ha un obiettivo doppio ma complementare. Raccogliere attraverso Broadcast Italia le registrazioni originali delle voci delle prime radio private, un audiolibro di storia che possa servire non solo per nutrire la nostalgia dei pirati di allora, ma fungere da strumento prezioso per capire come eravamo fatti e soprattutto come siamo diventati. «Vogliamo essere le Teche Radio delle stazioni private, oggi abbiamo messo online una trentina di ore ma vorremmo che fossero migliaia,» dice Maurizio confrontando il progetto di Broadcast Italia con il noto archivio multimediale della radiotelevisione pubblica. L’altra necessità è una naturale conseguenza della prima: una volta costruito l’archivio deve essere reso accessibile. Perché accontentarsi del Web per diffondere questo patrimonio sonoro? Mettere su una radio è tutta un’altra soddisfazione.
Amici racconta che l’idea di mettere in onda il materiale storico di Broadcast Italia si è subito rivelata una ambizione proibita. Oggi mettere su una radio FM richiede troppi investimenti. «Così abbiamo pensato alle onde medie. Ma come fare? In teoria non si poteva, anche se sospetto che neanche al Ministero sappessero bene come reagire.» I creatori di Broadcast Italia a questo punto hanno deciso di tirar fuori dall’armadio la bandiera con teschio e tibie. «Prima abbiamo rilevato una piccolissima frequenza FM nella provincia di Frosinone per ottenere una autorizzazione vera e propria e poi abbiamo acceso un piccolo impianto in onde medie, che speriamo sarà seguito da altri» Per certi versi è una specie di provocazione, non troppo diversa da quella che portò alla liberazione dell’etere. Amici e soci vogliono smuovere le acque, ottenere un riconoscimento. Ma anche mettere in piedi un progetto articolato e continuativo. Da un lato, come si è detto, diffondere i materiali sonori del passato. Dall’altro raccogliere e rendere più fruibili quelli prodotti attualmente dalle Web Radio «Ce ne sono alcune estremamente interessanti, via etere vogliamo provare a fare in modo che invece di cento contatti online ad ascoltarli ci sia un’intera città. E’ il contrario delle Direzioni Regionali della Rai: invece di decentrare la capacità produttiva verso il territorio noi portiamo i piccoli territori dentro alle città.» Broadcast Italia cercherà di stipulare accordi con le stazioni su Internet per concetrare i loro programmi e ritrasmetterli, a titolo del tutto gratuito.
Bellisimo e romantico progetto. Ma come si sostiene? «Inizialmente lo sosteniamo noi,» risponde Amici. «Siamo tutti professionisti, possiamo permetterci di spenderci qualcosa.» In futuro chissà, ci potranno essere sponsorizzazioni, o magari aiuti regolamentati per legge, come accade in diverse realtà europee. Dice apertamente di rendersi conto dei limiti attuali dellla modulazione d’ampiezza. «Una banda che al contrario dell’FM non sembra avere molto futuro in Europa,» che può dare fastidio e soprattutto soffrire dei rumori e delle interferenze urbane. L’importante è rendersi in qualche modo visibili e ascoltabili. Broadcast Italia ha rapporti stretti con l’Università La Sapienza di Roma, nei master dove molti membri dell’associazione di Amici insegnano. Si spera però di coinvolgere anche studenti, laureandi e ricercatori nel lavoro di creazione degli archivi, mettendo conteporaneamente al servizio di coloro che vogliono imparare come si faceva la radio in passato (e come è avvenuto il passaggio dall’analogico al digitale) tutta l’esperienza accumulata in materia dagli animatori di Broadcast Italia e della stazione radio che dovrebbe iniziare a trasmettere dopo questa prima fase di testing.
«Molti di noi – io per primo, anche se sono rimasto nel settore – con la radio hanno smesso, fanno da anni altri mestieri.» Ma la radio è una passione che non ti lascia mai. «Mi danno del matto, conclude Maurizio. Neppure io so perché mi è venuta questa idea.» A volte, quando le idee sono buone, non hanno bisogno di un perché. Si prova a metterle in pratica e basta. Auguri, cari pirati.