All’indomani della “rassicurante” riunione ministeriale del 09/09/2021, indetta in fretta e furia dopo la ridda di proteste a seguito dello scoop estivo di NL sul refarming FM previsto dal nuovo TUSMAR, quando le dichiarazioni istituzionali sulla volontà di preservare il patrimonio impiantistico FM erano state accolte dagli editori con “soddisfazione“, gli unici scettici eravamo noi. Tanto che avevamo invitato gli operatori a non abbassare la guardia.
Il Piano FM si farà. Ma sarà la fase II
Il Piano FM si sarebbe fatto comunque – questo era ed è ovvio, in quanto normativamente previsto (ancorché con oltre 30 anni di ritardo dalla L. 223/1990, che lo aveva introdotto). Ma – e qui stava e sta il problema – sarebbe stato preceduto da una attività di rimozione delle interferenze internazionali. Cioè quel refarming FM che si voleva evitare.
RSPG
E l’abbiamo scritto a più riprese, anticipando, ancora una volta per primi (anzi, ancora oggi, da soli), il contenuto del report del 24/11/2021 del Radio Spectrum Policy Group (RSPG) in seno alla Commissione Europea (RSPG21-042 Final Radio Spectrum Policy Group – 28th Progress Report of the RSPG Sub-Group on cross-border coordination).
Le lamentele croate e slovene alla base del refarming FM
Nel corso delle riunioni tecniche in videoconferenza del 20/09/2021 e del 05/11/2021 al RSGP (successive alla riunione ministeriale rassicurativa del 09/09/2021), Croazia e Slovenia (in particolare) si erano lamentate di come non vi fossero stati “progressi significativi da parte italiana nella risoluzione delle problematiche interferenziali in FM”.
Refarming FM cold case
La Croazia, per parte propria, aveva dichiarato a verbale che “5 anni dopo aver individuato i casi prioritari, ancora nulla è stato fatto”. Ancora più netta la Slovenia, che aveva ricordato di “aver prodotto misure interferenziali dettagliate di interferenza 18 anni fa, relativamente a 100 segnalazioni”.
Delusi e frustrati
I due paesi avevano definito la situazione italiana “deludente e frustrante”, chiedendo garanzie che Agcom definisse un piano di assegnazione FM solo sulla base dei “diritti internazionali italiani”. Cioè delle frequenze coordinate. Che, come noto, allo stato, sono solo quelle RAI (ironia della sorte, unico player radio favorevole allo switch-off FM/DAB+).
Perché?
Perché un Piano FM e non solo la rimozione delle specifiche situazioni interferenziali?
Il punto è che per poter iscrivere frequenze coordinate (oltre a quelle RAI), evidentemente serve un Piano di Assegnazione FM, così come avvenuto con la televisione. Diversamente la situazione sarebbe transitoria ed instabile, come avvenuto negli ultimi quattro decenni.
Insistenza straniera
Di qui l’insistenza estera sull’adozione italiana della pianificazione per la radiodiffusione sonora in tecnica analogica, a 47 anni dalle prime attivazioni private e a 32 dall’approvazione della legge che lo imponeva (la L. 223/1990). Solo così, sono convinti i nostri stanchi confinanti, si potrà confidare sugli spegnimenti FM (interferenti).
Questione di fiducia
“L’Italia ha l’obbligo di rispettare le regolamentazioni ITU per gestire e utilizzare lo spettro radio in modo efficiente e per prevenire la produzione di interferenze – si legge nel report –. Solo quando si realizzerà un piano FM italiano, Slovenia e Croazia avranno sufficiente fiducia per poter negoziare un’armonizzazione delle emissioni scevre da interferenze ed una ottimizzazione della capacità trasmissiva per ciascun paese, secondo il principio dell’accesso equo”.
Conversione digitale
Il rapporto del Radio Spectrum Policy Group sottolinea, peraltro, come, tenuto conto dell’elevato numero di programmi FM italiani, sarà necessario rendere disponibile una capacità trasmissiva sufficiente in DAB+ per consentire la migrazione delle emissioni in modulazione di frequenza non coordinabili.
Cani & code
Tradotto: switch-off FM/DAB+ di fatto e fine del symulcasting analogico/digitale (o comunque di uno switch-over). Sennonché, soprassedendo sul fatto che l’utenza non è attrezzata per uno switch-off ravvicinato (la penetrazione dei ricevitori, nonostante l’obbligo di dotare le nuove auto di ricevitori digitali, è ancora a livelli assolutamente insufficienti), mancano le frequenze coordinate per le attivazioni impiantistiche della radio digitale. Si tratta quindi del classico cane che si morde la coda. Tutto spiegato da NL tra fine novembre e dicembre 2021.
Il nuovo TUSMAR
Poi, il giorno di Natale, è entrato in vigore il nuovo TUSMAR, cioè il D. Lgs. 208/2021 (che ha abrogato l’antico D. Lgs. 177/2005).
Con tanto di pericolosissima previsione di una “attività di ricognizione e progressiva razionalizzazione dell’uso delle risorse frequenziali in tecnica analogica in particolare al fine di eliminare o minimizzare situazioni interferenziali con i paesi radioelettricamente confinanti”.
Cioè proprio quell’attività che gli editori radiofonici erano convinti di aver scongiurato. Un po’ ingenuamente, va detto. Ed infatti l’avevamo detto.
Refarming FM e Piano DAB+
Inoltre, l’art. 50 c. 5 del D. Lgs. 208/2021 dispone che “L’Autorità adotta e aggiorna i piani nazionali di assegnazione delle frequenze per il servizio di radiodiffusione terrestre considerando le codifiche o standard piu’ avanzati per consentire un uso piu’ efficiente dello spettro nonché garantendo su tutto il territorio nazionale un uso efficiente e pluralistico della risorsa radioelettrica, una uniforme copertura, una razionale distribuzione delle risorse fra soggetti operanti in ambito nazionale e locale, in conformità con i principi di cui all’articolo 11. Per la pianificazione delle frequenze in ambito locale è adottato il criterio delle aree tecniche”.
Piani solo con frequenze coordinate a livello internazionale
Il successivo comma 6 prevede che “Al fine di escludere interferenze nei confronti di Paesi radioelettricamente confinanti, in ciascuna area di coordinamento definita dagli accordi internazionali sottoscritti dal Ministero e dalle autorità degli Stati radioelettricamente confinanti, sono oggetto di pianificazione esclusivamente le frequenze attribuite all’Italia dagli accordi stessi. Le frequenze non attribuite internazionalmente all’Italia nelle aree di coordinamento definite dagli accordi internazionali di cui al presente comma, non possono essere pianificate dall’Autorità né assegnate dal Ministero. Nella predisposizione dei piani di assegnazione di cui al comma 5 l’Autorità adotta il criterio di utilizzazione efficiente e razionale dello spettro radioelettrico, suddividendo le risorse in relazione alla tipologia del servizio e prevedendo di norma reti isofrequenziali per macroaree di diffusione”.
Nelle more…
L’Autorità, a mente dell’art. 50 c. 10 del D. Lgs. 208/2021, “adotta il piano nazionale di assegnazione delle frequenze radiofoniche in tecnica analogica, tenendo conto del grado di sviluppo della radiodiffusione sonora in tecnica digitale.
Chi c’è non è detto che rimarrà
E cosa consegue ad un Piano di assegnazione delle frequenze? L’assegnazione delle frequenze, ovviamente.
Sul modello di quello televisivo, partendo dalle aree tecniche (“Per la pianificazione delle frequenze in ambito locale è adottato il criterio delle aree tecniche”) e proseguendo con i bandi, come per i fornitori di servizi di media audiovisivi. Che hanno dimostrato che chi oggi c’è, non è affatto detto che domani rimarrà. (E.G. per NL)