E’ triste aprire la prima pagina del sito web di Radio Rebelde e non vedere nemmeno due righe sulla morte di colui che l’ha portata in auge.
Accanto ai soliti proclami – "unirnos, luchar, vencer" – che si odono e leggono da ormai oltre cinquant’anni, nulla di più della solita, vecchia e vuota, informazione di regime. Carlos Franqui è morto, lo scorso venerdì, nella sua casa di Porto Rico, luogo che l’ex giornalista dissidente aveva scelto come sua residenza negli ultimi lustri perché, diceva, "mi ricorda la luce di Cuba". Franqui, come tanti, è morto da esiliato, lontano dalla sua terra, che tanto aveva amato e per cui aveva combattuto. Prima dei dissidi con Castro e la fine del suo rapporto con il regime. Poco più che trentenne, infatti, Carlos era entrato a far parte del collettivo "26 luglio", unendosi ai "barbudos" di Castro, per combattere Batista. Lui, però, era un democratico, un intellettuale, non un ideologo o un leninista. In un’intervista al messicano "Letras Libras" aveva detto: "Fidel Castro mi offrì la carica di Comandante e poi quella di ministro, ma rifiutai sempre perché quel che volevo fare era una rivoluzione culturale, non burocratica, ed invitare tutto il mondo a conoscere Cuba e la sua gente". Il suo idillio con il regime, di fatti, finì presto, durante gli anni Sessanta. Il suo rapporto con Castro non era mai stato particolarmente stretto, egli era amico di Camilo Cienfuegos, il generale castrista morto in circostanze misteriose in un incidente aereo nel ’59. Ma ciò che lo spinse lontano dal Lìder Maximo fu il patto di sangue che questo strinse con Mosca, che condannò Cuba definitivamente a dire addio alla democrazia e Franqui a rinunciare alle ultime speranze democratiche che nutriva. Prima d’emigrare, però, organizzò – nel 1966 – "El Salon de Mayo", un’esposizione cui parteciparono numerosissimi artisti internazionali, tra cui Mirò.Da allora, lasciata a malincuore anche Radio Rebelde, visse la vita dell’esiliato, anche, molto, in Italia ed in Europa. Strinse amicizia con Picasso e Jean-Paul Sartre ed instaurò un contatto preferenziale con la redazione di Repubblica. Che lo aveva contattato due giorni prima della sua morte, ma lui aveva risposto: "Non mi sento bene, sentiamoci domani". È morto a Porto Rico, lontano dai lidi della sua Cuba e dagli studi della sua Radio Rebelde. (L.B. Per NL)