L’abbiamo scritto più volte: per risolvere definitivamente la problematica dell’incompatibilità radioelettrica con emissioni estere nell’area adriatica (che sta bloccando lo sviluppo del DAB, impedendo l’attribuzione di frequenze coordinate) ci sono solo due strade. Una radicale, l’altra basata su un compromesso.
La prima passa, ovviamente, dal Piano FM, che comporta l’azzeramento della situazione attuale e la ricostruzione del sistema radiofonico attraverso procedimenti di assegnazione (con bandi, graduatorie, ecc., come per la tv); la seconda percorre interventi limitati alle frequenze incompatibili, con tutta una serie di limiti di natura giuridica legati a possibili disparità di trattamento.
Disparità di trattamento
Per chiarire l’aspetto legato al vizio di legittimità che potrebbe contagiare atti limitativi all’esercizio di un impianto interferente con quello di uno stato estero, basti una semplice considerazione: tutte le emittenti legittimamente operanti trasmettono in FM in assenza di un piano nazionale di assegnazione delle frequenze (PNAF). Nessuna di esse, tranne la RAI, esercisce impianti su frequenze coordinate.
Piano
Pertanto, tutti i concessionari sono sullo stesso piano giuridico, sulla scorta del diritto soggettivo discendente dall’applicazione dell’art. 32 della L. 223/1990 (censimento impianti). Conseguentemente, punire solo i soggetti che hanno la sventura di essere titolari di impianti incompatibili con quelli di stati esteri (spesso attivati dopo quelli degli italiani) costituisce, all’evidenza, una disparità di trattamento. Che è un vizio di legittimità dell’atto amministrativo.
Gruppo di lavoro per la razionalizzazione
Anche per questo, Mise ed Agcom intendono tentare di percorrere la seconda strada limitando il rischio di disparità di trattamento, attraverso la costituzione di un gruppo di lavoro che partirà dalla ricognizione della consistenza delle attuali reti FM per individuare eventuali ridondanze impiantistiche che potrebbero costituire una riserva di risorse da attribuire ai soggetti che dovranno dismettere le frequenze incompatibili.
Si parte dal Friuli Venezia Giulia
Tanto che, in occasione della riunione del 07/06/2022 del Radio Spectrum Policy Group in seno alla Commissione europea, i rappresentanti italiani hanno dichiarato che il progetto partirà dal Friuli Venezia Giulia. Al vaglio anche “ipotesi di misure di compensazione”, che non potranno che passare da indennizzi per gli spegnimenti.
MAVE: la proposta di rottamazione…
E sul punto è ferma l’associazione di emittenti radiofoniche MAVE (Media Audiovisivi Europei): “Per attuare tale obiettivo occorrerebbe una sorte di “rottamazione” come è stato previsto per le TV, incentivando al passaggio al digitale“, spiega a NL l’ente esponenziale. In tal senso, la dismissione volontaria di frequenze potrà favorire la sostituzione con quelle incompatibili a favore di soggetti che, viceversa, intendono proseguire la propria attività. Un mezzo piano di assegnazione, in sostanza.
… e di razionalizzazione
Un altro approccio costruttivo, secondo MAVE, potrebbe essere quello della razionalizzazione, “attraverso l’ottimizzazione degli impianti delle emittenti operanti nello stesso bacino, aumentando i parametri radioelettrici di uno a fronte della dismissione di altri ridonanti”.
La provvista
Il problema, al solito, è però quella della provvista finanziaria: nel caso delle emittenti televisive essa è stata alimentata dalla vendita delle frequenze della banda 700 MHz alle telco per lo sviluppo del 5G. In quello delle emittenti radiofoniche, invece, non vi è nessun soggetto che potrebbe contribuire a creare la riserva economica, perché le frequenze FM dismesse non avranno altra destinazione. (M.L. per NL)