C’è un rapporto sui tavoli dei radiofonici americani che sta preoccupando non poco: è uno studio di 32 pagine intitolato “Paradigm Shift: Why Radio Must Adapt to The Rise of Digital” scritto dal professor Larry Miller, direttore dello Steinhardt Music Business Program alla New York University, considerato un luminare sulla materia.
In sintesi, Miller critica la disaffezione del pubblico giovane verso la radio a favore dello streaming on-demand, favorita dall’incapacità dei broadcaster di adattarsi alle esigenze della generazione Z (generalmente circoscritta tra i nati dalla seconda metà degli anni novanta o dagli inizi del 1990 fino al 2010).
Il professor Miller, che si dice “molto preoccupato della prognosi della radio AM/FM in generale e della radio musicale in particolare durante questa lunga transizione dall’analogico al digitale”, esprime otto punti specifici che mostrano come “la resilienza della radio si stia indebolendo”. Tra le note dolenti, spiccano il fatto che la radio non sarebbe più in grado di decretare il successo musicale e si allontanerebbe “dai cruscotti dell’auto”, cioè il terreno fertile per eccellenza.
“Se inizialmente la radio AM/FM è stata un mezzo capace di adattarsi all’era di Internet, ora questa resilienza sta indebolendo: mentre il medium è stato in grado di sopravvivere e di adattarsi all’introduzione della televisione, i nuovi servizi digitali stanno cambiando il modo in cui la gente ascolta la musica, mettendo in pericolo ancora una volta la sopravvivenza del mezzo“, spiega Miller.
Le major discografiche cominciano a mettere in discussione la leadership della radio come trampolino di lancio musicale e corteggiano i nuovi vettori, in considerazione che i nati nel 1995 o successivamente, stanno abbracciando i formati digitali a discapito dell’uso radiofonico. “I nativi digitali non sono interessati alla radio AM/FM e preferiscono la maggiore interattività e la personalizzazione garantita da Spotify, Pandora e YouTube”, insiste Miller.
“Non solo, le stazioni radio non pagano royalties nella stessa misura dei servizi digitali, che, al contrario, sono una fonte di ricavi importanti per il comparto musicale“, continua il professore della Università di NY, precisando, sul lato tecnologico, che un ulteriore grande problema del medium è “l’invasione del cruscotto: le macchine, una volta erano il bastione della radio AM/FM, mentre ora che lì vi è la concorrenza delle app, l’ascolto radiofonico cala, poiché la radio viene marginalizzata da servizi digitali più personalizzati, spesso non commerciali”.
Ma anche in casa non va meglio: “gli altoparlanti intelligenti come Amazon Echo hanno introdotto una nuova opportunità per l’intrattenimento audio e stanno alterando le preferenze dei consumatori. Inoltre, a differenza delle auto e dei tradizionali ricevitori audio domestici, gli smartphone dispongono di wifi e sono privi di un’antenna AM/FM. Senza una forte presenza digitale e un focus sul servizio di streaming digitale, le emittenti tradizionali saranno emarginate“.
La conclusione di Miller sulla sostenibilità e la crescita della radio? “La radio deve investire in servizi digitali forti e convincenti. Se lo fa, può guardare avanti verso un futuro robusto; diversamente, farà la fine del giradischi a 78 giri“.
Il rapporto Miller ne ha anche per Nielsen, il cui metro di rilevazione non riuscirebbe a misurare il gradimento verso stazioni specifiche da parte di target più giovani e gruppi etnici sull’onda dei cambiamenti di formato di stazioni dedicate a generi musicali più morbidi, ma anche di avvicendamenti tecnologici (il riferimento è naturalmente agli sviluppi del digital broadcasting, soprattutto in car play). In due parole, per il professore, quello di Nielsen è un “sistema di misura improprio che può essere ingannato e che non riesce a fornire le specifiche che gli inserzionisti richiedono” (critiche non molte distanti da quelle mosse all’indagine sull’ascolto radiofonico come condotto anche in Italia, del resto).
Immediata la risposta dell’istituto di ricerca Nielsen: “I dati audio di Nielsen sono quanto di meglio disponibile sul mercato di riferimento per la compravendita di spazi pubblicitari. Le nostre rilevazioni rilevano completamente il mercato e forniscono una misura globale e rappresentativa della fruizione del medium radiofonico. Siamo fortemente in disaccordo con la relazione dello Steinhardt Music Business Program della NYU: nell’ultima relazione pubblica globale di Nielsen 2017, i dati Q1 mostrano che la generazione Z ha passato più di 35 ore al mese ascoltando la radio AM/FM e l’88% utilizza la radio ogni settimana. Nel frattempo, il rapporto Etnico Audio Today di Nielsen attesta che quasi 75 milioni di consumatori radio settimanali sono neri e ispanici – a partire da 73 milioni di un anno prima. Milioni di americani si affidano alla radio per reperire informazioni e intrattenimento ogni settimana. I dati di Nielsen affermano la continua vitalità della radio. Di fronte a un paesaggio mediatico che cambia continuamente, la radio continua ad avere il più ampio accesso settimanale tra tutti i media”. (E.G. per NL)
“Se inizialmente la radio AM/FM è stata un mezzo capace di adattarsi all’era di Internet, ora questa resilienza sta indebolendo: mentre il medium è stato in grado di sopravvivere e di adattarsi all’introduzione della televisione, i nuovi servizi digitali stanno cambiando il modo in cui la gente ascolta la musica, mettendo in pericolo ancora una volta la sopravvivenza del mezzo“, spiega Miller.
Le major discografiche cominciano a mettere in discussione la leadership della radio come trampolino di lancio musicale e corteggiano i nuovi vettori, in considerazione che i nati nel 1995 o successivamente, stanno abbracciando i formati digitali a discapito dell’uso radiofonico. “I nativi digitali non sono interessati alla radio AM/FM e preferiscono la maggiore interattività e la personalizzazione garantita da Spotify, Pandora e YouTube”, insiste Miller.
“Non solo, le stazioni radio non pagano royalties nella stessa misura dei servizi digitali, che, al contrario, sono una fonte di ricavi importanti per il comparto musicale“, continua il professore della Università di NY, precisando, sul lato tecnologico, che un ulteriore grande problema del medium è “l’invasione del cruscotto: le macchine, una volta erano il bastione della radio AM/FM, mentre ora che lì vi è la concorrenza delle app, l’ascolto radiofonico cala, poiché la radio viene marginalizzata da servizi digitali più personalizzati, spesso non commerciali”.
Ma anche in casa non va meglio: “gli altoparlanti intelligenti come Amazon Echo hanno introdotto una nuova opportunità per l’intrattenimento audio e stanno alterando le preferenze dei consumatori. Inoltre, a differenza delle auto e dei tradizionali ricevitori audio domestici, gli smartphone dispongono di wifi e sono privi di un’antenna AM/FM. Senza una forte presenza digitale e un focus sul servizio di streaming digitale, le emittenti tradizionali saranno emarginate“.
La conclusione di Miller sulla sostenibilità e la crescita della radio? “La radio deve investire in servizi digitali forti e convincenti. Se lo fa, può guardare avanti verso un futuro robusto; diversamente, farà la fine del giradischi a 78 giri“.
Il rapporto Miller ne ha anche per Nielsen, il cui metro di rilevazione non riuscirebbe a misurare il gradimento verso stazioni specifiche da parte di target più giovani e gruppi etnici sull’onda dei cambiamenti di formato di stazioni dedicate a generi musicali più morbidi, ma anche di avvicendamenti tecnologici (il riferimento è naturalmente agli sviluppi del digital broadcasting, soprattutto in car play). In due parole, per il professore, quello di Nielsen è un “sistema di misura improprio che può essere ingannato e che non riesce a fornire le specifiche che gli inserzionisti richiedono” (critiche non molte distanti da quelle mosse all’indagine sull’ascolto radiofonico come condotto anche in Italia, del resto).
Immediata la risposta dell’istituto di ricerca Nielsen: “I dati audio di Nielsen sono quanto di meglio disponibile sul mercato di riferimento per la compravendita di spazi pubblicitari. Le nostre rilevazioni rilevano completamente il mercato e forniscono una misura globale e rappresentativa della fruizione del medium radiofonico. Siamo fortemente in disaccordo con la relazione dello Steinhardt Music Business Program della NYU: nell’ultima relazione pubblica globale di Nielsen 2017, i dati Q1 mostrano che la generazione Z ha passato più di 35 ore al mese ascoltando la radio AM/FM e l’88% utilizza la radio ogni settimana. Nel frattempo, il rapporto Etnico Audio Today di Nielsen attesta che quasi 75 milioni di consumatori radio settimanali sono neri e ispanici – a partire da 73 milioni di un anno prima. Milioni di americani si affidano alla radio per reperire informazioni e intrattenimento ogni settimana. I dati di Nielsen affermano la continua vitalità della radio. Di fronte a un paesaggio mediatico che cambia continuamente, la radio continua ad avere il più ampio accesso settimanale tra tutti i media”. (E.G. per NL)