Il rapporto FutureBrand Consumer Index 2024, espressione di FutureBrand, società londinese di consulenza per la tutela e la promozione di brand, conferma la relazione sempre più stretta tra marchi e media, nella consapevolezza che, nel mondo interconnesso, il successo di un segno distintivo dipende dalla sua capacità di evolvere restando autentico. Un obiettivo per il quale il supporto mediatico è, naturalmente, essenziale.
Anche se non tutti i mezzi hanno la medesima capacità in termini di percezione del brand awareness.
Sintesi
Lo studio FutureBrand Consumer Index 2024 evidenzia come i marchi consumer affrontino un mercato sempre più complesso, dove il rapporto con i mezzi tradizionali, come radio e TV, diventa cruciale per mantenere la consapevolezza del segno distintivo presso il pubblico.
In un mondo senza confini, i brand devono adattarsi, innovare ed utilizzare i canali mediatici per rafforzare il legame con i consumatori.
Il concetto di Seamlessness, cioè la capacità di un marchio di radicare un sentimento di stabilità, ma allo stesso tempo di fluidità di un marchio nella vita del consumatore, diventa sempre più importante.
Non si tratta solo di coerenza, ma di una connessione intuitiva e facile, dove l’interazione con il brand avviene in modo immediato, senza barriere o complessità.
Secondo FutureBrand, si tratta di una condizione fondamentale, così come l’autenticità, l’innovazione, la sostenibilità e la personalizzazione giocano ruoli chiave nella protezione del marchio in un panorama mediatico in costante cambiamento.
FutureBrand, marchi e media: l’importanza del contatto diretto
Nel 2024, l’evoluzione dei media ha creato nuove opportunità per i marchi consumer di connettersi con i consumatori. Ed i canali mediatici tradizionali, come radio e TV, rimangono strumenti ancora potenti per raggiungere ampie fasce di pubblico: i marchi che utilizzano efficacemente questi mezzi, in combinazione con piattaforme digitali, riescono a creare esperienze seamlessness che integrano messaggi coerenti tra canali offline ed online.
Il rischio della Blandificazione
Un punto cruciale messo in luce dal FutureBrand Consumer Index è il rischio di blandificazione: molti marchi cadono nella trappola di contenuti ripetitivi e standardizzati, soprattutto nella distribuzione sui media tradizionali. Il report sottolinea che la creatività e l’autenticità sono fondamentali per evitare che un brand venga percepito come indistinto dalla concorrenza (il che è, ovviamente, un paradosso per un segno distintivo).
In un contesto mediatico saturo, i marchi che investono in contenuti autentici e innovativi riescono a distinguersi e creare un legame più forte con il pubblico.
L’influenza dei media nella percezione del benessere e della sostenibilità
Secondo gli analisti di FutureBrand, i consumatori privilegiano marchi che, oltre ad identificare prodotti, inducono a sentimenti di benessere e sostenibilità. Per conseguire tale obiettivo radio e tv possono svolgere un ruolo fondamentale sulla scorta della loro autorevolezza, che nell’ultimo anno è fortemente cresciuta in coincidenza col crollo della fiducia degli utenti verso gli influencer ed i loro principali strumenti: i social media.
Reputazione
“Programmi televisivi e spot radiofonici sono in grado di amplificare le iniziative green, di solidarietà e di responsabilità sociale delle aziende, rendendo il messaggio di sostenibilità più immediato e accessibile al pubblico”, osserva Giovanni Madaro, ceo della società di ricerche ed analisi strategici Media Progress (gruppo Consultmedia), confermando le tendenze rimarcate da FutureBrand. “In Europa, i brand che si impegnano a proteggere l’ambiente e promuovere pratiche sostenibili usano frequentemente i canali mediatici tradizionali per comunicare tali valori. In Italia, la sensibilità verso il tema della sostenibilità sta crescendo, e i media tradizionali sono uno strumento importante per sensibilizzare i consumatori e rafforzare la reputazione dei marchi impegnati in questo ambito”.
Radio for brand building
Una posizione, quella di Madaro e di FutureBrand, condivisa da Chad Lopez presidente di Red Apple Media: “Con la nostra stazione WABC (emittente di New York fondata nel 1921 e diffusa in gran parte degli Stati Uniti orientali e del Canada orientale, (famosa per il format 77 WABC Talkradio, ndr) vediamo sempre più inserzionisti che vogliono integrarsi nel tessuto della stazione. Non vogliono più comprare solo spot, ma acquistare il biglietto per una presenza costante del loro brand all’interno del nostro palinsesto; quasi che esso sia parte essenziale dell’emittente, identificandosi con l’autorevolezza della stessa”.
Web perfomance
Sulla stessa linea di Lopez si pone David Santrella, presidente e amministratore delegato di Salem Media Group (Irving, Texas), titolare di Salem Radio Network (2.400 affiliati), della concessionaria Salem Media Representatives, di Salem Web Network (content provider di oltre 100 siti web di contenuti cristiani) e Salem Publishing (editrice di riviste a tema religioso): “Il web è un mezzo basato sulla performance.
Pay per click
È fondato sul pay per click, e l’ottenimento del click è esattamente ciò per cui paghi. Stai pagando affinché un’azione specifica abbia luogo. Anche se le conseguenze del click spesso non sono quelle attese. Ed il brand building non prevede un’azione specifica da svolgere. Non puoi vederlo o sentirlo”.
Il brand building differenziatore
Anche Digiday, rivista di settore per i media online fondata nel 2008, conferma il trend: “C’è una rinnovata attenzione sul brand building e sulle tattiche di marketing di sensibilizzazione, poiché gli inserzionisti mirano a bilanciare meglio le loro prestazioni e il brand marketing per differenziarsi dalla concorrenza”.
Budget ridistribuiti
“Questo è il motivo per cui gli investimenti sul marchio stanno progressivamente tornando a ricevere più budget” scrive Digiday riportando il commento di Nik Sharma, CEO dell’agenzia di branding strategy Sharma Brands. “Perché la sfida ora è: come si convince l’utente all’acquisto di un prodotto o servizio? Non semplicemente pubblicando annunci su Facebook…”.
Ritorno alle origini
“Molti indizi sono coerenti: si sta andando (o tornando) ad investire sul brand building”, ribadisce Pierre Bouvard, Chief Insights Officer del colosso radiofonico Cumulus Media/Westwood One. “Viviamo l’era della gratificazione immediata nelle campagne pubblicitarie. Un risultato effimero, come quasi tutte le strategie basate sull’istantaneità. La radio deve formare i propri venditori sul valore del brand building, un’attività però a lungo termine”.
L’importanza di saper dire no al cliente
“Troppo spesso un account executive evita di condurre un’analisi approfondita delle esigenze del cliente, solo perché l’inserzionista possa risparmiare qualche soldo destinandolo all’acquisto di spazi pubblicitari”, enfatizza Santrella. “I venditori dovrebbero semplicemente opporsi quando ciò accade, rispondendo: “Quello che mi chiedi di fare, non funzionerà e non voglio essere artefice di un fallimento”. Così il venditore acquisirà fiducia dal cliente.
Il prodotto deve essere già conosciuto dall’utente prima che ne abbia bisogno
Les Binet, riconosciuto deus ex machina del marketing, è sostenitore del principio che “perché sia più facilmente venduto, il prodotto deve essere già conosciuto dal consumatore prima che questi ne abbia bisogno”. Pensiero condiviso da Bouvard, secondo il quale tale obiettivo si consegue con “annunci di ampia diffusione interessanti e divertenti”, non solo con la rincorsa all’inserzione per la vendita last minute.
Il marketing istantaneo raggiunge solo il 5% dell’utenza. Il 95% al momento della necessità ricorda il brand noto
“Le ricerche di mercato hanno dimostrato che solo il 5% delle persone ha consapevolezza in qualsiasi momento di un prodotto specifico, sia esso bricolage, un’auto, un mobile o un’esigenza sanitaria. Il restante 95% quando maturerà la necessità si affiderà in primo luogo al brand già conosciuto per la sua necessità, che ispira maggiore fiducia. E’ sulla visione a lungo termine, che crea un ricordo con emozioni positive, che occorre lavorare attraverso il brand building. Per crescere davvero nel lungo termine, sono necessarie creatività e strategie che generino i presupposti per una domanda futura”, ammonisce Bouvard.
Processo virtuoso
“Nel breve termine, una vendita genererà certamente maggiori entrate; ma è nel lungo termine che il brand building dispiegherà i suoi effetti, creando un processo virtuoso motivato dal beneficio di un prodotto già conosciuto prima che il consumatore ne abbia bisogno. Così quando le persone maturano una necessità, pensano immediatamente a quel brand. La promozione per la vendita istantanea è importante, ma lo è altrettanto la consapevolezza e l’interesse verso un prodotto prima che sia utile”, chiosa Bouvard.
Perché i media tradizionali sono essenziali per il brand building
“Da tempo sosteniamo che l’autorevolezza di un medium è commercializzabile. E, infatti, lecitamente è commercializzata”, osserva Giovanni Madaro, che illustra i risultati di una ricerca Media Progress proprio sul ruolo strategico nel brand building della radio che avevano già confermato gli indicatori ora ribaditi dalla elaborazione di FutureBrand.
Monetizzare il credito d’influenza nella comunicazione
“Occorre maturare un credito di influenza, per poi monetizzarlo proponendolo ad inserzionisti affini interessati: pensiamo, per esempio, alle case editrici, che chiedono di recensire i loro libri per ottenere ranking positivo. E’ l’applicazione del cosiddetto ‘effetto di ancoraggio’, cioè un pregiudizio cognitivo per cui le decisioni di un individuo sono rafforzate da un particolare punto di riferimento (l’ancora, appunto)”, si legge nel rapporto Media Progress (pubblicato a settembre 2023) sul brand building.
Differenza con gli influencer
“Sebbene sia una forma di influenza, l’autorevolezza si differenzia dalla classica attività dell’influencer per la sua solidità: quest’ultima è spesso transitoria, legata alle mode ed agli eventi. L’autorevolezza è invece un qualcosa di più stabile e radicato, perché consolidato.
Influenzare senza essere influencer
Il giornalista Paolo Mieli, è senza dubbio un giornalista e saggista dotato di grande autorevolezza, in grado di influenzare con le sue opinioni lettori ed ascoltatori: nondimeno, nessuno si sognerebbe di definirlo un influencer. Chi opera nell’editoria online sa che arrivano richieste sempre più rilevanti per l’inserimento di link a singole parole nei pezzi pubblicati quotidianamente. Link destinati a siti di varia natura, ma mai ingannevoli“, spiega il rapporto Media Progress.
No gaming, no betting
“Non parliamo infatti di siti di sexing o betting e gaming (la cui pubblicità è vietata nel nostro ordinamento ex D.L. n. 87/2018, convertito nella legge n. 96/2018, ndr), ma di normali portali di abbigliamento, elettronica, generi alimentari, ecc. Per ognuno di questi link, ovviamente, i committenti sono disponibili a pagare”, sottolineano nel report gli analisti MP.
Il link building come tecnica per migliorare la comunicazione
“Nulla di nuovo, beninteso: si tratta del vasto (ma poco conosciuto) universo del link building, per migliorare il posizionamento nei motori di ricerca e le prestazioni SEO. In breve, il processo (non ancora perfettamente intellegibile, perché fondato su algoritmi dei motori di ricerca che non sono resi noti, ndr) funziona acquisendo link ad alta rilevanza a pagine target sui domini degli interessati, considerato il più importante fattore di ranking di Google (che li definisce collegamenti di valore).
Prestigio di riflesso
Il più importante motore di ricerca, infatti, nei suoi processi di indicizzazione, tiene conto del numero dei link, ma anche della loro provenienza, qualità e natura, oltre ad altri aspetti non resi pubblici ma certamente afferenti al prestigio del sito che li ospita”.
Presupposti
“Ovviamente per arrivare a rivestire un interesse di backlinking, i contenuti del portale devono essere riconosciuti come originali, affidabili, innovativi (nel senso che introducono elementi inediti) e possibilmente crossmediali. Queste formule vanno gestite attentamente, selezionando le numerosissime richieste di backlink, perché l’indirizzamento a portali truffaldini o comunque non seri, così come l’adozione dei cosiddetti black hat link building, pregiudicherebbe anche la credibilità della testata che li ospita.
Catching up
Un aspetto su cui si deve operare il catching up dei contenuti trasmessi, un’altra espressione dell’economia di scala: riteniamo assurdo che un contenuto d’interesse venga bruciato solo nella sua dimensione lineare. Il processo di linking virtuoso descritto è infatti – con i dovuti accorgimenti – replicabile sui contenuti catch-up e podcast. Per questo avere come principali aree di interesse commerciale gli spot o la gestione degli eventi sia ormai limitativo per il mezzo radiofonico e televisivo. Il futuro è e rimane il brand, si dice spesso: ma il brand non deve essere solo forte perché riconoscibile, distintivo, riconducibile, ma anche e soprattutto stimato. E autorevole”, conclude il rapporto Media Progress. (M.R. per NL)