Roberto Sergio: ragionevole pensare ad uno switch off dell’FM entro il 2030, meglio prima. Oggi siamo a uno stallo: non si investe sul Dab+ perché l’Fm assorbe risorse, non si spegne l’Fm perché il Dab+ non è diffuso. E’ il classico cane che si morde la coda. L’unica via di uscita è decidere insieme una data di switch off.
Rai Play Sound organizzerà i podcast per genere e non per canale di provenienza.
TER: i colleghi privati concordi con noi sul superamento dell’indagine? Un conto sono le interviste, un altro le posizioni portate al tavolo di discussione.
Una presentazione ed un’intervista
Mercoledì 15 settembre la RAI ha presentato alla stampa i palinsesti di Radio Rai in un evento che ha visto la partecipazione dei massimi vertici dell’azienda e che ha avuto luogo in numerosi studi storici della radiofonia italiana.
A margine abbiamo avuto l’occasione di intervistare nuovamente il direttore di Radio Rai, Roberto Sergio, che abbiamo potuto sollecitare sui temi caldi del momento, quali lo switch off, la strategia multipiattaforma e le radio digitali.
Alcuni dati
Cominciamo con alcuni dati interessanti emersi durante la conferenza stampa. Primo di tutti il playing field, identificato come gli operatori del “total audio”, dunque le altre emittenti radiofoniche ma anche (e soprattutto?) gli OTT e le piattaforme audio digitali. Per essere competitiva, la RAI ha implementato i “processi di digitalizzazione e alleggerimento delle produzioni”.
Contenuti originali in crescita
Numericamente il risultato e‘ stato un incremento del 74% dei contenuti prodotti a fronte di una contrazione del budget (con conseguente imbarazzo nel rispondere alla domanda di un collega che chiedeva di quanto sarebbero aumentati gli effettivi nel settore informazione…).
Budget per contenuti, non per la corrente elettrica: spegnere FM aiuterà
Per ben due volte Sergio ha parlato di un suo cavallo di battaglia dello switch off FM, visto come un modo per riallocare parte del budget attualmente utilizzato per la diffusione verso la produzione dei contenuti. “Relativamente all’Fm, si immagina un accompagnamento non traumatico verso lo switch off, con date certe. Questo consentirebbe a tutti gli editori di impostare al meglio le proprie strategie. Andare verso una trasmissione solo digitale significherebbe efficientare risorse, offrire a tutti una radio moderna e andare in una direzione di ecosostenibilità.“
Quando? Dieci anni, meglio prima. Diciamo 2030
Riguardo a quando, riportiamo testualmente le sue parole: “Io non ho calcolato una data (per lo switch off, N.d.R.), ho solamente detto di arrivarci nei tempi più brevi possibili e tenendo conto delle esigenze di tutti. Siccome abbiamo detto prima che lo switch-off per quanto riguarda la televisione è durato dieci anni mi sembra ragionevole pensare che si possa rientrare il quel perimetro: il 2030 andrebbe in quella direzione, se poi si riuscisse a fare prima secondo me sarebbe meglio per tutti”.
Dieci anni o forse venti
In merito ci permettiamo di notare come lo switch off della tv analogica è stato completato nel 2012, solo 9 (nove) anni dopo l’inizio delle trasmissioni in DTT.
Nel caso del DAB i primi multiplex sono stati attivati stabilmente nel 2004, mentre nel 2009 la RAI presentava già tutta la sua (di allora) offerta radiofonica in digitale. Versante IP, la versione Symbian di TuneIn contava “oltre 200 stazioni” nel 2009. In sintesi, il 2030 è un traguardo ventennale, più che decennale.
Pippo Baudo
In mezzo a tanti progetti digitali grande emozione ha suscitato il premio ai 60 anni di carriera (analogica) consegnato dal Presidente Rai Marinella Soldi a Pippo Baudo. Il premio stesso consisteva in uno storico microfono che ha dato il là ad alcuni ricordi di antiche emissioni, le più prestigiose delle quali avevano luogo proprio dallo studio utilizzato per la conferenza. “Trasmettere da qui voleva dire essere in Serie A”, ha affermato Baudo.
L’intervista
(Newslinet) – Dalla conferenza stampa traspare chiaramente un rinnovato impegno della RAI per la radio e sono state annunciate novità per ottobre. Qualche anticipazione inedita per NL.
(Roberto Sergio) – La nuova piattaforma Rai Play Sound sarà un luogo unico per tutta l’offerta audio della Rai. Vi si troveranno quindi le radio in streaming, l’ascolto on demand di ciò che è andato in onda e – appunto – i podcast originali.
Podcast originali, la vera scommessa
Ed è proprio su quest’ultimo aspetto che si gioca la scommessa della app che sta per nascere, con un obiettivo chiaro: essere leader nel cosiddetto total audio. Non posso dare anticipazioni perché ne parleremo presto in una conferenza stampa ad hoc. Posso solo dire che i podcast saranno offerti secondo una classificazione per generi, non quindi per canale di provenienza. Ci sarà la sezione informazione, l’area scienza e poi ancora società, bambini e ragazzi, spettacolo, storia, territorio e così via, in un’ottica di fruizione semplice, immediata e moderna.
Lo switch off analogico
(NL) – Switch off FM: lei ha parlato di 10 anni in analogia con quanto avvenuto nel settore TV, dove pero’ la RAI disponeva fin da subito di un’ottima copertura. Il vostro DAB e’ invece per ora piuttosto debole. Ci puntate ancora o siete più IP-oriented?
(R.S.) – Switch off FM e potenziamento Dab+ sono due cose strettamente collegate. Oggi tutti gli editori radio si trovano a dovere investire su due sistemi di trasmissione. Rai, poi, paga anche la limitazione di legge che la obbliga a cedere parte della banda a terzi (il cosiddetto “must carry”). Ecco perché credo che sia fondamentale arrivare a uno spegnimento dell’Fm, nei tempi e nei modi che si concorderanno.
Essenziale liberare le risorse (economiche)
Perché solo in quel caso si libererebbero risorse da poter reinvestire nello sviluppo delle reti digitali. Oggi siamo a uno stallo: non si investe sul Dab+ perché l’Fm assorbe risorse, non si spegne l’Fm perché il Dab+ non è diffuso. E’ il classico cane che si morde la coda. L’unica via di uscita è decidere insieme una data di switch off. Altrimenti, difficilmente si arriverà a una vera trasformazione digitale del mondo delle radio in Italia.
Utenza estera e all’estero
(NL) – Nel comunicato stampa lei cita tra le priorità’ l’Estero. Cioè?
(R.S.) – Quotidianamente riceviamo messaggi WhatsApp e e-mail da ascoltatori delle nostre radio che si trovano fuori Italia. Si tratta di italiani all’estero o di stranieri amanti della cultura italiana. Sono persone che ci ascoltano via web e che, magari per caso, si sono imbattuti in Rai Radio 3 Classica o in Rai Radio Tutta Italiana e ne sono diventati ascoltatori a distanza. Ecco, credo che questo fenomeno, che sta accadendo spontaneamente, possa invece diventare un settore di crescita e forse anche di business.
Ascolto estero potenzialmente enorme
Vorrei quindi diventare propositivo in tale direzione, andando a creare accordi e partnership per diffondere i nostri canali all’estero, dove l’ascolto potenziale è enorme. Si pensi ad esempio al mondo degli italiani in America, anche ormai di seconda e terza generazione, o ai tantissimi appassionati di Opera nel nord Europa o in Oriente. Pubblico potenziale, che farebbe schizzare in alto i numeri degli accessi alle nostre piattaforme digitali.
E le radio digitali?
(NL) – Palinsesti e personaggi delle tre reti analogiche sono stati ben illustrati durante la conferenza stampa, ma – a parte una sua citazione di Rai Radio KIDS – le radio digitali sono state completamente ignorate. Addirittura il nuovo AD ha parlato di “tre reti radiofoniche” (quando ne esistono 12). Forse qualcuno in RAI è ancora troppo legato alle reti legacy?
(R.S.) – Questo tipo di presentazione è in realtà pensato soprattutto a uso e consumo degli investitori pubblicitari. Non a caso, è sempre forte la presenza di Rai Pubblicità. Per questo, il focus non può che essere su quei canali che ancora oggi assorbono la maggior parte delle attenzioni e dei budget dei nostri clienti. Sugli specializzati faremo sicuramente dei focus a parte: purtroppo abbiamo molto da raccontare della nostra offerta e mettere tutto insieme non sarebbe stato utile.
La questione me-TER
(NL) – Per due volte in conferenza ha invitato i colleghi del settore privato a unirsi alla sua richiesta per una rilevazione moderna basata sul meter. Eppure dalle nostre interviste sembra che tutti siano d’accordo sul superamento di TER. Dov’è quindi il problema?
(R.S.) – Un conto sono le interviste, un conto le posizioni portate dentro Ter. Al momento, non c’è una decisione interna al tavolo circa il passaggio alle rilevazioni con meter. Spero che la sua sensazione sia foriera di buone notizie. Noi, intanto, continueremo a chiedere con forza un cambiamento di passo, dall’interno di Ter.
Premio Biagio Agnes e il giornalismo oggi
(NL) – Lei stato recentemente insignito del prestigioso premio Biagio Anges. Oggettivamente, quello di Biagio Agnes è un modello di giornalismo ancora possibile, oggi?
(R.S.) – Certamente i tempi sono cambiati, le tecnologie, il modo di fruire dei media. Credo però che di quel tipo di giornalismo oggi rimanga ancora l’attitudine. Ossia, la volontà di investigare e andare oltre i comunicati stampa e il chiacchiericcio generale. Tanta parte del giornalismo di oggi è appiattito in tal senso, è vero. Basti pensare ai casi di fake news divulgate anche da testate importanti. Ma a medio lungo termine, è il giornalismo di qualità a vincere, quello basato sulle stesse regole che professava Agnes. (M.H.B. per NL)