Nessuno mette in dubbio che Radio Radicale svolga un ottimo servizio informativo. La radio di Pannella mette a disposizione di tutti gli italiani (e non solo) un formidabile archivio storico audio (e video) e conduce un eccellente servizio di informazione politica e culturale. Ma, naturalmente, non lo fa gratis: prende oltre 14 milioni di euro all’anno dallo Stato: 4 milioni e 431 mila euro sotto forma di contributi (cui vanno aggiunte le quote delle provvidenze per l’editoria) e 10 milioni in forza della convenzione per la trasmissione dei lavori parlamentari (la Finanziaria 2007 ha rinnovato il contratto per il triennio 2007-2009).
Tuttavia, dal 1998 RAI ha costituito la rete GR Parlamento proprio per trasmettere i lavori parlamentari, investendo denaro pubblico per l’acquisizione (dai privati) di frequenze da destinare a tale servizio. Quindi, da 10 anni, gli italiani pagano (salato) due volte lo stesso servizio. Vero che quello di GR Parlamento è pessimo, con una rete a macchia di leopardo, afflitta da frequentissimi (praticamente cronici) problemi tecnici probabilmente a causa di un sostanziale disinteresse della concessionaria pubblica che, pur obbligata al servizio GRP, preferisce destinare attenzioni e risorse alla tutela delle reti principali, sicché nel paragone tra la qualità dei due servizi quello di Radio Radicale è nettamente da considerare migliore. Tuttavia, resta il fatto che si paga due volte per la stessa cosa. Sta benissimo (per modo di dire, visto che, allo stato dello sviluppo tecnologico, Internet potrebbe sopperire gratis…) che Radio Radicale continui a trasmettere le sedute parlamentare percependo 10 milioni di euro all’anno dagli italiani (oltre ai citati restanti contributi milionari); ma che almeno si novelli la norma esistente consentendo a RAI di smantellare l’inutilissima rete GR Parlamento, destinando le risorse frequenziali a scopi ben più utili, quali il rafforzamento delle reti 1, 2 e 3. Siamo certi che anche i tecnici della concessionaria pubblica sarebbero felicissimi di ciò.