”Voglio esprimere la mia solidarieta’ a Radio Radicale e spero che vengano scongiurati il pesante ridimensionamento o addirittura la chiusura di una storica testata, cosi’ come denunciano in queste ore Marco Pannella ed Emma Bonino”.
Lo ha affermato Dario Franceschini, segretario del Partito Democratico, che ha aggiunto: "Radio Radicale svolge da piu’ di trent’anni una fondamentale funzione di vero e proprio servizio pubblico, diffondendo ogni giorno in tutto il Paese i lavori parlamentari e l’attivita’ delle istituzioni. Spegnere la sua voce, in un momento cosi’ delicato per l’informazione e la democrazia in Italia, sarebbe un ulteriore, triste segnale”. Con una periodicità costante arrivano pertanto i lamenti e le comunicazioni di solidarietà all’emittente dei Radicali che da venti anni "rischia di chiudere" (ma non chiude mai). Il problema, in realtà, come scriviamo da anni, è che quella svolta da Radio Radicale è un’attività completamente duplicata da GR Parlamento, la quarta rete RAI costruita come un fulmine nel 1997 con frequenze, spesso di scarsa qualità, acquistate da privati e malamente ascoltabile nella più parte del territorio nazionale. Del fatto che gli italiani pagano due volte per lo stesso servizio si è parlato in più di un’occasione e la questione è stata pure oggetto di un’interrogazione parlamentare di Alessio Butti, senatore del Popolo della Libertà, presentata il 17 giugno 2008 (che riportiamo in calce), cui era seguita una risposta netta di Paolo Romani, viceministro del MSE-Com (che pure trascriviamo per intero), che aveva evidenziato che allo scadere della convenzione (31/12/2009) sarebbero state "certamente considerate la ormai piena operatività della rete Rai dedicata alla trasmissione radiofonica dei lavori parlamentari, nonché, in coerenza con il recente complessivo riordino in materia di contributi pubblici al settore dell’editoria, le esigenze di riduzione della spesa pubblica". E siccome il 31/12/2009 è alla porte, le doglianze dei Radicali hanno (nuovamente) inizio. Beninteso, nulla contro Radio Radicale, che svolge un ottimo servizio. Ma se si vuol consentire la prosecuzione di tale attività coi soldi pubblici, forse sarebbe più logico e coerente che si smantellasse (previa riforma della norma che ne aveva imposto la realizzazione) il deludente progetto GR Parlamento, magari trasferendo le (pessime) frequenze acquistate con i (buoni) soldi pubblici alle reti 1, 2 e 3, ai fini del rafforzamento del segnale RAI. Così facendo si realizzerebbero tre risultati: RAI ridurrebbe la pressione sul MSE-Com per la definizione di non poche situazioni interferenziali coi privati che, alla prova dei fatti, sono risultate irrisolvibili (senza penalizzare le emittenti private, che, fino a prova contraria, operano sulla base di titoli assentiti dallo Stato); RAI potrebbe conseguire il rafforzamento della copertura tanto invocato senza gravare nuovamente sulle finanze pubbliche; il sostanzioso contributo economico dato ai Radicali troverebbe piena giustificazione. E tutti la pianterebbero di piangere.
"L’art. 24 della legge n. 223 del 1990 (cosiddetta “Legge Mammì”) prevede che, ove richiesto dai Presidenti delle Camere, possa essere concessa alla Rai un’ulteriore rete radiofonica (in aggiunta alle tre esercitate in base all’atto di concessione) riservata esclusivamente a trasmissioni dedicate ai lavori parlamentari;
tale disposizione è rimasta inattuata per ben sette anni, fino all’introduzione, nel contratto di servizio tra il Ministero delle comunicazioni e la Rai approvato con decreto del Presidente della Repubblica 29 ottobre 1997, di una disposizione (articolo 14) che ha impegnato la concessionaria ad avviare il servizio a partire dal 1° gennaio 1998;
nel frattempo, allo scopo di assicurare comunque il servizio e sulla base di atti di indirizzo parlamentari, era intervenuto l’art. 9 del decreto-legge 30 dicembre 1993, n. 558 (primo di una serie di decreti-legge aventi per oggetto il risanamento e il riordino della Rai), che dava incarico al Ministero delle poste e delle telecomunicazioni di stipulare una convenzione triennale con un soggetto già concessionario per la radiodiffusione sonora in ambito nazionale;
la norma veniva ripresentata, con integrazioni e modifiche, nelle successive reiterazioni del provvedimento, sino al decreto-legge 23 ottobre 1996, n. 540. Anche quest’ultimo decreto, come i precedenti, decadde per mancata conversione in legge entro il termine costituzionale, ma l’articolo 1, comma 3, della legge n. 650 del 1996, di conversione del D.L. 545/1996, fece salvi gli effetti dei provvedimenti adottati sulla base dei decreti-legge reiterati;
stante la decadenza dei citati decreti-legge, tuttavia, alla scadenza della convenzione (21 novembre 1997) non esistevano fondamenti legislativi per il suo rinnovo;
Radio radicale ha comunque unilateralmente proseguito la trasmissione delle sedute parlamentari, mentre (il 2 febbraio 1998) la Rai dal canto suo iniziava la trasmissione delle sedute parlamentari (in attuazione dei sopra citati articolo 24, comma 1, legge n. 223 del 1990 ed articolo 14 del contratto di servizio), con la trasmissione Gr parlamento;
anche a seguito della presentazione e dell’accoglimento di ordini del giorno sottoscritti da esponenti di più Gruppi, fu approvata la legge 11 luglio 1998, n. 224, che ha disposto in via transitoria il rinnovo per un triennio della convenzione, al fine di garantire la continuità del servizio nell’attesa che una disciplina definitiva dello strumento (convenzione da stipulare a seguito di gara pubblica) fosse adottata nel quadro della riforma generale del sistema delle comunicazioni. l’onere fu quantificato in 11,5 miliardi annui;
la medesima legge ha previsto, a carico della concessionaria, l’obbligo di applicare ai propri dipendenti i contratti collettivi nazionali di lavoro dei giornalisti e l’obbligo di segnalare, all’inizio e al termine della programmazione dei lavori parlamentari, rispettivamente il termine e l’inizio dei programmi trasmessi in quanto emittente organo di informazione di partito;l’articolo 145, comma 20, della legge finanziaria per il 2001 ha autorizzato la spesa di 15 miliardi di lire (circa 7,75 milioni di euro) per ciascuno degli anni 2001, 2002 e 2003 per la proroga della convenzione, scaduta il 21 novembre 2000;
una disposizione di contenuto analogo è stata prevista per il triennio 2004-2006 dall’articolo 4, comma 7, della legge finanziaria per il 2004;
l’art. 1, comma 1242, della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria per il 2007) autorizza la spesa di 10 milioni di euro, per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009, per la proroga della convenzione tra il Ministero delle comunicazioni e il Centro di produzione Spa, titolare dell’emittente Radio radicale, stipulata ai sensi dell’articolo 1, comma 1 della legge 11 luglio 1998, n. 224, per la trasmissione radiofonica delle sedute parlamentari,
si chiede di sapere:
se non si ritenga opportuno revocare al più presto la convenzione tra il Ministero delle comunicazioni e il Centro di produzione Spa, titolare dell’emittente Radio radicale, palesemente in contrasto con quanto disposto dalla citata legge n. 223 del 1990;
se non si ritenga sufficiente la presenza, come previsto dalla legge, del quarto canale radiofonico della RAI per la trasmissione delle sedute parlamentari ed i relativi approfondimenti".
All’interpellanza così aveva risposto il 18 dicembre 2008 l’attuale viceministro al MSE-Com Paolo Romani:
"L’articolo 24 della legge n. 223 del 1990 prevedeva che alla Rai venisse concessa un’ulteriore rete, in aggiunta alle altre tre, destinata esclusivamente a trasmettere i lavori parlamentari. Tale disposizione ha trovato concreta attuazione solo con il contratto di servizio approvato con decreto del Presidente della Repubblica del 29 ottobre 1997, laddove, all’articolo 14, si prevedeva l’impegno da parte della Rai a dare inizio a tali trasmissioni con decorrenza 1° gennaio 1998. Nel frattempo, onde assicurare comunque il servizio, era intervenuto l’articolo 9 del decreto-legge 30 dicembre 1993, n. 558, cui seguirono altre disposizioni legislative in tema di risanamento e riordino della Rai, in virtù del quale al Ministero delle poste e delle telecomunicazioni veniva affidato l’incarico di stipulare una convenzione triennale con un soggetto già concessionario che si impegnasse a svolgere tale servizio, convenzione che venne stipulata con decreto ministeriale del 21 novembre 1994 con il Centro di Produzione Spa, titolare dell’emittente Radio Radicale che già da alcuni anni svolgeva per suo conto un servizio di informazione parlamentare. Alla sopra citata emittente è stato riconosciuto il ruolo di impresa radiofonica che svolge attività di informazione di interesse generale e l’indirizzo politico seguito nel corso degli anni successivi è stato quello di rinnovare tale Convenzione, benché la Rai abbia avviato già dal febbraio 1998 le trasmissioni di informazione parlamentare; la stessa legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria per il 2007) prevede infatti all’articolo 1, comma 1242, che venga autorizzata la spesa 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009 per la proroga della convenzione in argomento. Fino a tale data, pertanto, il Centro di Produzione Spa continuerà a svolgere il servizio previsto, mentre allo scadere della convenzione verranno certamente considerate la ormai piena operatività della rete Rai dedicata alla trasmissione radiofonica dei lavori parlamentari, nonché, in coerenza con il recente complessivo riordino in materia di contributi pubblici al settore dell’editoria, le esigenze di riduzione della spesa pubblica".