Da settimane se ne parlava in maniera (molto) abbottonata. Ora i soggetti coinvolti sono (più o meno) usciti allo scoperto e il quadro si sta delineando.
Il fatto è che la crisi economica ha indebolito tutti gli operatori radiofonici, ma allo stesso tempo – anche se ciò sembra paradossale – ne ha rafforzato alcuni, creando le premesse per operazioni di concentrazione prima impensabili in un mercato che sta tornando a crescere (+8,6% la raccolta nel primo quadrimestre 2015).Ma facciamo un passo indietro. Dopo l’acquisto dal Tribunale di Milano (in conseguenza dei guai giudiziari dei fondatori, i fratelli Angelo e Rino Borra), Mondadori non è mai riuscita a lanciare R 101, nonostante un’immane profusione di energie finanziarie, mediatiche e tecniche. Si potrebbe discutere dei continui cambi di formato, della cattiva gestione dell’enorme potenziale di fuoco fornito dalle tv e dai periodici del gruppo Mediaset e di molte altre cause, ma per il momento ci basta prendere atto che la società presieduta da Marina Berlusconi non vuole più saperne di Radio. Almeno come gestione diretta. Ma non solo per la figlia del Cavaliere il mezzo di comunicazione elettronico è pesante. Dopo il frettoloso acquisto di Italia Network, logo assurdamente immolato per il lancio della indigesta Play Radio, il medium ha determinato gastriti ai vertici di RCS Media Group. Bruciori che sono stati alleviati solo in parte dal conferimento dell’infelice emittente nel gruppo Finelco – per l’Antitrust secondo operatore nazionale dopo la RAI quanto a raccolta – per il lancio della ben più fortunata Virgin Radio. Ma le quote ricevute in dote da RCS, maturate nell’attuale 44,45%, non sono state considerate strategiche da Via Rizzoli nell’ambito del complesso e controverso piano di disimpegno da aree non considerate più core. (M.L. per NL)
Il fatto è che la crisi economica ha indebolito tutti gli operatori radiofonici, ma allo stesso tempo – anche se ciò sembra paradossale – ne ha rafforzato alcuni, creando le premesse per operazioni di concentrazione prima impensabili in un mercato che sta tornando a crescere (+8,6% la raccolta nel primo quadrimestre 2015).Ma facciamo un passo indietro. Dopo l’acquisto dal Tribunale di Milano (in conseguenza dei guai giudiziari dei fondatori, i fratelli Angelo e Rino Borra), Mondadori non è mai riuscita a lanciare R 101, nonostante un’immane profusione di energie finanziarie, mediatiche e tecniche. Si potrebbe discutere dei continui cambi di formato, della cattiva gestione dell’enorme potenziale di fuoco fornito dalle tv e dai periodici del gruppo Mediaset e di molte altre cause, ma per il momento ci basta prendere atto che la società presieduta da Marina Berlusconi non vuole più saperne di Radio. Almeno come gestione diretta. Ma non solo per la figlia del Cavaliere il mezzo di comunicazione elettronico è pesante. Dopo il frettoloso acquisto di Italia Network, logo assurdamente immolato per il lancio della indigesta Play Radio, il medium ha determinato gastriti ai vertici di RCS Media Group. Bruciori che sono stati alleviati solo in parte dal conferimento dell’infelice emittente nel gruppo Finelco – per l’Antitrust secondo operatore nazionale dopo la RAI quanto a raccolta – per il lancio della ben più fortunata Virgin Radio. Ma le quote ricevute in dote da RCS, maturate nell’attuale 44,45%, non sono state considerate strategiche da Via Rizzoli nell’ambito del complesso e controverso piano di disimpegno da aree non considerate più core. (M.L. per NL)