Massimo Lualdi: In FM al massimo ci si trovava a scegliere tra una cinquantina di emittenti; con il DAB si arriva anche a 200; con gli aggregatori IP si parla di centinaia di migliaia di canali.
A questo punto è indispensabile che ci siano criteri di preselezione; il più logico è quello proxy: dare priorità alle emittenti più vicine all’utente, attraverso la geolocalizzazione, ordinandole poi a partire dalle nazionali fino a quelle locali.
In ogni caso la prominence non deve rinnovare o estendere rendite di posizioni broadcast: deve avere prima di tutto la finalità di semplificare la vita dell’utente.
Non è facile, sono obblighi da imporre a tutti gli aggregatori e a tutte le liste delle case automobilistiche: per questo la regolamentazione non può riguardare soltanto il nostro Paese.
Tuttavia, in auto si utilizzeranno sempre più i comandi vocali per scegliere cosa ascoltare; quindi, l’attenzione primaria va alle denominazioni.
Sintesi
Anche il quotidiano economico Italia Oggi ha dedicato ampio spazio al tema delle progressive criticità che sta incontrando la radio al cospetto dei nuovi sistemi di car entertainment, che rendono sempre più complessa la ricerca e la selezione delle emittenti sul dashboard delle vetture connesse.
Nel pezzo di oggi del giornalista Andrea Secchi si riassumono tutti i problemi oggetto di approfondimento tra luglio ed agosto da parte di Newslinet: dai conflitti dei codici PI alla confusione di nomi e loghi per mancato aggiornamento (o errato popolamento) dei database delle case automobilistiche; dal ruolo sempre più determinante di alcuni aggregatori di flussi streaming radiofonici, al dominio dei sistemi Android Auto ed Apple CarPlay, fino ad arrivare al futuro della selezione: i comandi vocali. Con le conseguenze giuridiche, linguistiche e di marketing a riguardo di denominazioni da aggiornare al cospetto delle nuove regole di engagement. Il tutto in attesa di una prominence dei servizi radiofonici di interesse nazionale, di cui si parla e basta da oramai troppo tempo.
Il criterio proxy
E proprio sulla vexata quaestio della prominence si è espresso, nell’articolo di Italia Oggi, Massimo Lualdi, avvocato fondatore di Consultmedia e direttore di questo periodico, che ha avanzato l’idea del principio proxy, a fondamento di un possibile intervento regolamentare di stampo sovranazionale (europeo, nel caso di specie).
Il debole precedente televisivo
Ricordiamo che sulla questione della preminenza dei servizi di media audiovisivi di interesse generale, mentre per la televisione c’è già stato un primordiale approccio alla prominence, con l’approvazione di un provvedimento da parte di Agcom che impone ai produttori di televisori di inserire in evidenza nella main page delle smart tv l’icona per la Live Tv per accedere ai canali del digitale terrestre limitando complesse operazioni, per la radio non è ancora stato fatto nulla.
Perdita di controllo
Così, nel frattempo, secondo alcuni, l’automotive sta gradatamente prendendo il controllo della somministrazione dei contenuti sulle vetture, mentre per altri, più semplicemente sono i broadcaster ad aver ormai perso il controllo dei loro contenuti.
Uno, nessuno e centomila
D’altra parte, mentre con la modulazione di frequenza “al massimo ci si trovava a scegliere su una cinquantina di emittenti; con il DAB si arriva anche a 200; ma con gli aggregatori online si parla di centinaia di migliaia di canali“, spiega Lualdi su Italia Oggi.
I criteri di preselezione. Anzi, il criterio
“A questo punto è indispensabile che ci siano criteri di preselezione; il più logico è quello proxy: dare priorità alle emittenti più vicine all’utente, attraverso la geolocalizzazione, ordinandole poi a partire dalle nazionali a quelle locali.
No al rinnovo o all’estensione delle rendite di posizione broadcast
In ogni caso, la prominence non deve rinnovare o estendere rendite di posizioni broadcast: deve avere prima di tutto la finalità di semplificare la vita dell’utente.
Non sarà facile
Non è facile, sono obblighi da imporre a tutti gli aggregatori e a tutte le liste delle case automobilistiche: per questo la regolamentazione non può riguardare soltanto il nostro Paese.
Comandi vocali
Però aggiungo una considerazione: in auto si utilizzeranno sempre più i comandi vocali per scegliere cosa ascoltare; quindi, l’attenzione primaria va alle denominazioni”.
Il valore strategico del nome
Di qui l’accento al valore strategico del nome, altro tema su cui NL dibatte da mesi: “Finché si tratta di brand nazionali o locali molto conosciuti, la possibilità di essere richiamati dagli utenti resta alta, ma per tutto il resto dell’offerta non avere un nome che rispecchi la programmazione o la propria peculiarità può significare non emergere dal mare magnum“, conclude Lualdi.
Recap
L’articolo di Italia Oggi riassume anche i contorni del pasticcio avvenuto in questo mese, quando, a seguito di un aggiornamento software della casa automobilistica BMW, si è acuito un problema in realtà noto da tempo: quello della progressiva difficoltà di diversi sistemi di infotainment ad associare regolarmente loghi e denominazioni di emittenti, con la sempre più frequente presenza di grafiche errate (non aggiornate oppure riferite ad altre emittenti, spesso omonime, anche se non necessariamente), nomi incompleti o inesatti, che impediscono l’individuazione o la selezione della stazione desiderata.
Il casus belli BMW
In breve, in base all’upgrade BMW (che presumibilmente lo estenderà agli altri marchi del gruppo), i sintonizzatori prelevano loghi e codici PI delle emittenti da alcune banche dati internet, disintermediando i mux DAB con effetti deleteri come la presenza di trascrizioni errate delle denominazioni (errori plateali nei nomi, associazioni di loghi o claim errati o superati) senza possibilità alcuna di intervento correttivo da parte delle emittenti.
Codici PI
Ricordiamo che il Programme Identification (cd. codice PI) è un numero esadecimale a 4 cifre (16 bit), veicolato a livello broadcasting, che consente ai ricevitori radio (di norma autoradio) di identificare la medesima stazione radio a prescindere dai diffusori utilizzati, consentendo all’utente di mantenere l’ascolto agganciando i diversi relay.
Esempio
Ad esempio, BBC Radio 1 ha il codice PI C201 (il codice di solito non viene visualizzato sui ricevitori radio). In questo caso avremo il Extended Country Code (ECC) ce1, associato all’Ensemble Identifier (EId) ce15, al Service Identifier (SId) c221 e al Service Component Identifier within the Service (SCIdS).
RadioDNS
Questi parametri possono essere utilizzati per costruire un nome di dominio completamente qualificato (FQDN) che nel sistema RadioDNS, uno standard tecnologico aperto che favorisce l’integrazione delle tecnologie di radiodiffusione via etere analogica (FM) e digitale (DAB) con quella Internet (IP), punta ad una distribuzione armonizzata del medesimo contenuto (il programma radiofonico lineare).
FM/DAB+/IP
Per la commutazione da FM/DAB+ a IP, i codici PI identificano la stazione, in questo caso 09880.c201.ce1.fm.radiodns.org per i vettori FM, o 0.c221.ce15.ce1.dab.radiodns.org per quelli DAB. Una ricerca DNS restituisce il nome canonico (CNAME) per questo FQDN: nslookup -type=CNAME 09880.c201.ce1.fm.radiodns.org.
Codici PI non univoci
Da annotare che i codici PI non sono univoci a livello globale (possono esserlo solo combinandoli con un ECC, codice paese esteso): gli intervalli sono assegnati per paese e vengono riutilizzati nei paesi oltre la portata radio FM l’uno dell’altro.
Il codice PI col DAB
Col DAB il codice PI ha assunto una ulteriore valenza a seguito della intermediazione della stazione dal vettore (operatore di rete), che non è più di proprietà (come nel caso della rete FM o delle applicazioni IP proprietarie, sito, app, ecc.), ancorché nell’eventualità partecipato, come nel caso dei consorzi DAB, di cui le emittenti concessionarie FM sono socie.
Codici PI in Italia
I codici PI in Italia cominciano col numero 5, identificando, con la seconda cifra, una stazione nazionale (col numero 2), oppure una interregionale (col 3) o una locale (col 4), consentendo l’individuazione di una determinata stazione da parte delle autoradio, favorendo, come detto, lo scambio di frequenze in movimento senza percezione della variazione dall’utente.
L’impiego odierno
Tuttavia, i codici PI vengono sfruttati dai nuovi ricevitori (autoradio in primis) anche per visualizzare i loghi delle emittenti. E da qui è nato un problema che, piano piano è diventato sempre più rilevante: a causa dell’assenza di un’attribuzione univoca ex ante, molte stazioni radio locali adottano (si presume sempre inconsapevolmente) codici PI già utilizzati da altre emittenti che si trovano in diverse zone d’Italia.
Due ordini di problemi
Allo stato questa pratica, all’inizio foriera di ostacoli solo in caso di spostamento territoriale da una regione all’altra, è diventata un problema per due ordini di motivi: (1) la sempre maggiore diffusione di autoradio che visualizzano il logo dell’emittente che si sta ascoltando e (2) la presenza massiccia di stazioni provenienti da altre regioni, principalmente ospitate nei consorzi DAB.
Dissociazione
Accade così che, sintonizzando una radio, appaia il logo di un’altra; oppure che, in movimento, un utente sintonizzato su una emittente DAB (o viceversa) si trovi catapultato su una diversa stazione, causando danno tanto alla prima quanto alla seconda, perché, con ogni probabilità, esse non verranno più memorizzate dall’utente.
Attivi penalizzati da inattivi
Un’altra disparità si genera fra le emittenti che provvedono ad inviare con celerità gli aggiornamenti dei loghi e dei codici PI alle case automobilistiche (o ai database delle organizzazioni terze che gestiscono i servizi di catalogazione) e quelle che fino ad ora hanno – colpevolmente – trascurato questi aspetti.
All’italiana
In Italia, che già si sta facendo riconoscere in Europa per l’uso deleterio di segni distintivi come asterischi e cancelletti e delle numerose “furbizie” degli editori per scalare posizioni finalizzate ad ingannare le autoradio e favorire il posizionamento nei primi posti degli elenchi delle stazioni, superando la logica alfanumerica della denominazione (prima i numeri da 0 a 9, poi le lettere dell’alfabeto dalla A in poi), la vicenda si è, nelle ultime settimane, ampliata con un nuovo capitolo.
Associazione PI incontrollabile
Per dare una portata della gravità della questione, qualora una o più emittenti hanno lo stesso codice, il sistema BMW (per attenerci al solo caso specifico sopra enunciato) abbinerà automaticamente tutte le emissioni al nome associato al codice PI in questione, rendendo praticamente impossibile per l’ascoltatore trovare o identificare la radio che verrà oscurata da un’altra denominazione, sicché un ascoltatore che cercasse la stazione preferita occultata da un’altra riportante lo stesso codice, non la troverà mai senza ascoltarle tutte.
Risoluzione autonoma impossibile
Ed anche qualora dovesse trovarla (e qui si aggiunge un elemento di ulteriore gravità) non gli sarà possibile modificare il nome nemmeno memorizzandola, poiché quel nome è ormai irrevocabilmente assegnato all’altra emittente. La stazione occultata, allo stato, non potrà quindi far altro che cambiare codice (su tutta la rete, FM e DAB), cercandone uno non utilizzato.
La regia assente
In effetti, il problema appare ancora più vasto di quello che sembra emergere, considerata l’assenza di una regia centrale che possa impartire linee guida univoche alle due industrie interessate: quella dell’automotive e quella della radiofonia (content e network provider).
Non solo database
Non sembra infatti che sia sempre e solo una questione di aggiornamento dei database non gestiti dagli operatori broadcast da parte delle emittenti radiofoniche (che pure è incombenza a cui tutti i fornitori di contenuti ed i network provider devono imparare a prestare costante attenzione), quanto di imporre all’industria radiofonica l’obbligo di adeguarsi a criteri definiti ed univoci.
Imposizione sovranazionale
Un’imposizione che, per forza di cose, non può che pervenire da organismi sovranazionali verso le industrie di riferimento (radiofonica ed automobilistica), un tempo alleate per coincidenza d’interessi. Alleanza che nella sostanza si realizzava nel soddisfacimento delle necessità dell’automobilista-ascoltatore.
Alla fine, sempre di prominence si tratta
Ora non è più così, perché la tendenza alla disintermediazione dei broadcaster dal cruscotto dell’auto da parte dell’industria automobilistica – sollecitata e condizionata dalle opportunità delle piattaforme over the top e dal business dello streaming – evidenzia che si potrà uscire dallo stallo solamente attuando proprio quella prominence a favore della radiofonia che da molti mesi sembra essersi arenata. (E.G. per NL)