Per gli analisti finanziari l’unica speranza è il consolidamento. Un interessantissimo articolo del Guardian spiega la strana situazione per cui uno dei mercati più liberisti del mondo invoca a gran voce una minore concorrenza.
Leggere l’affermazione di Richard Menzies-Gow di Dresdner Bank mi ha fatto sgranare gli occhi:
“We need big industry forces to champion the attractions of radio as an advertising medium and to drive that through to the agencies to put pricing up,” says Richard Menzies-Gow, a media analyst at Dresdner. “And you need a cohesive commercial sector to compete against the BBC, which has continued to grow share. To do that you mustn’t have too much competition between commercial players.”
C’è però un problema, osserva il Guardian. Sono già due anni che l’80% della proprietà delle stazioni private è concentrato in tre gruppi.
In 2003, the year of the Communications Act, which relaxed ownership rules, the top three – GWR, Capital Radio and Emap – held 63% of the market. By the end of 2005, following the merger of GWR and Capital to form GCap and Emap’s purchase of Scottish Radio Holdings, these two groups and Chrysalis held 81% between them.
Non è un consolidamento sufficiente? Che cosa vogliono gli inglesi, il duopolio tra la BBC e un Berlusconi radiofonico d’oltremanica? Gli spazi per un ulteriore accentramento sembravano aperti per Global Radio (LBC London, 1152 kHz), che prima ha acquisito Chrysalis e poi ha fatto un’offerta di circa 300 milioni di sterline (pensare che all’epoca del merger GCap ne capitalizzava 700) per rilevare anche GCap (Capital Radio). Emap nel frattempo è finita nelle mani del gruppo tedesco Bauer. Ma in questi giorni proprio non sembra che Global e GCap finiranno per convolare ad auspicate nozze: la seconda non è più allo sbando e priva di guida e il suo presidente, Richard Eyre, non vuole vendere a prezzo così stracciato, specie dopo la fresca nomina a CEO di Fru Hazlitt al quale sarebbe stato affidato il compito di rilanciare le stazioni del gruppo per incrementarne nuovamente il valore.
Quello che mi chiedo io è quale possa essere l’effetto di tutto questo consolidamento sulla diversificazione dei programmi. Come sia possibile conciliare l’alta concentrazione con la presenza di operatori grandi e piccoli. Secondo il Guardian:
Competition authorities have tended to oppose concentration of local ownership to protect smaller advertisers from price inflation. But the growth of online advertising is one factor that may have moved the goalposts in favour of consolidation.
Insomma, visto che Internet come medium pubblicitario fa sempre più paura, i regolatori potrebbero allentare il controllo in nome del supremo interesse collettivo dell’industria. Paradossalmente, quello che su Internet funziona (mi riferisco al moltiplicarsi delle iniziative addirittura individualistiche come i blog o il grande successo del “citizen advertisement” alla AdSense), con la radio non va. Sul Web la torta pubblicitaria cresce più la fai a fettine. Nel mondo della radio commerciale le fettine si trasformano in briciole e i commensali muoiono di fame. Ma anche ipotizzando di salvare l’industria rinunciando alla diversificazione, chi ci garantisce che la radio commerciale possa sopravvivere alla crescente uniformità? Un bel dilemma, non c’è che dire.