Fastidioso è fastidioso; efficace non si sa. Il preroll, il lunghissimo (anche se magari dura solo 15 o 20″) spot audio che anticipa l’apertura di un flusso audio in streaming (normalmente radiofonico, ma anche podcast ed audiolibri) potrebbe avere i giorni contati.
Almeno su alcune (importanti) piattaforme televisive che veicolano contenuti radiofonici.
Il dito nella piaga del preroll
Sul modello del preroll nell’ambito del digital audio (la pubblicità sonora sul web) abbiamo più volte puntato il dito. Troppo lunghi, anche se corti, al punto da disincentivare l’ascolto del flusso streaming (tanto che YouTube li sta riducendo progressivamente), i messaggi pubblicitari audio/video sono guardati con diffidenza dagli editori ma anche da alcuni inserzionisti, che li considerano scarsamente efficaci, anche se alcuni recenti test USA ne hanno dimostrato la valenza.
Opinioni, beninteso, ma che impongono delle riflessioni.
TuneIn & C.
Tanto più se nelle tasche delle emittenti non arriva nulla, come nel caso dei preroll di TuneIn e di altri aggregatori indipendenti.
Cos’è il preroll?
E’ un formato che anticipa la connessione al flusso radiofonico (o audio in generale). È un solo spazio della durata massima di 30 secondi e non può essere skippato perché insito nel flusso audio. “Per misurare il gradimento di questo annuncio occorre fare riferimento all’unico parametro attualmente riconosciuto a livello mondiale, ovvero l’LTR, misurato in percentuale“, spiega a NL Enrico Sindico di TeamRadio, concessionaria di digital audio già conosciuta ai nostri lettori.
LTR
“Il nostro benchmark di riferimento è oltre il 90% di LTR sui formati da 30 secondi e oltre il 95% sui formati brevi (fino a 15 secondi). Cosa significa questo valore percentuale? Che sull’interezza dello spot dalla totalità degli ascoltatori coinvolti, c’è stato un ascolto medio di quella porzione di spot”, sottolinea Sindico.
Messa al bando
Ora, tuttavia, si prospetta all’orizzonte un nuovo spettro: quello, sei li si utilizza (direttamente o indirettamente), di essere banditi (bannati, utilizzando un brutto anglicismo) da alcune importanti piattaforme per la fruizione (anche) video. Parliamo di smart tv, smartphone e di tablet.
Contromisure
Fonti autorevoli hanno riferito a NL che alcuni grandi costruttori di televisori e di sistemi operativi starebbero per introdurre algoritmi in grado di riconoscere il preroll nello stesso modo in cui vengono rilevati spot tv nell’ambito di una normale programmazione televisiva. Il tutto finché, evidentemente, non sarà negoziato con la piattaforma un contratto che preveda opportune retrocessioni sul ricavato dalla vendita pubblicitaria.
Peculiarità
Il problema è serio per concessionarie di pubblicità ed emittenti, in quanto il preroll consente una gestione efficente ed automatica del digital audio con funzioni di centralizzazione dell’emissione, geolocalizzazione dell’utente, profilazione del target, tempestività del caricamento e della programmazione, senza gravare sulle strutture delle stazioni.
AdBlocker
“Siamo a conoscenza di alcuni AdBlocker audio, simili ai “controllori” del traffico web che negli ultimi anni hanno aiutato i lettori a ridurre il carico di banner e video preroll troppo invasivi. Il funzionamento di queste piattaforme è simile a quello utilizzato da Shazam, ovvero c’è un algoritmo che analizza le forme d’onda e sa distinguere uno spot da un brano musicale”, commenta Enrico Sindico.
Perchè agire in questo modo può non essere funzionale?
“Perché il preroll in digital audio è nativo, insito nel flusso audio, a differenza dei preroll video o dei banner display che sfruttano delle chiamate visibili e bypassabili dai software. Questo algoritmo, per come è stato pensato attualmente, è suscettibile ad imprecisioni: agendo a gamba tesa sui flussi audio, non fa distinzione fra uno spot in digital audio e uno spot di pubblicità locale (ad esempio) trasmesso in FM. Inoltre è un metodo che può attivare un singolo aggregatore, una singola piattaforma. Vorrei ricordare che gli editori digitali non si appoggiano solo ed esclusivamente su piattaforme terze ma soprattutto su siti e app proprie.
Rapporto piattaforme proprietarie vs aggregatori
Il peso degli aggregatori, nel caso di Teamradio Network è irrisorio, perché il pubblico è fidelizzato sui canali proprietari. Inoltre allo stato attuale, in Italia non è ancora emerso un prodotto simile, forse per le problematiche sopracitate”, evidenzia Sindico.
Ritorno al passato?
Ma sostituire il preroll coi classici spot all’interno della programmazione dei flussi streaming non costituirebbe un dannoso arretramento del processo evolutivo del medium radiofonico? Anche se, va detto, il preroll non è l’unica soluzione disponibile nel variegato mondo del digital audio (pensiamo ad esempio all’overlay). “No. Non ci spaventa perché abbiamo adottato già da tempo il formato midroll, proprio per soddisfare clienti, editori e ascoltatori. Il midroll ha un funzionamento simile al preroll ma eroga uno o più spot durante l’ascolto del contenuto audio e non a monte. I livelli di LTR registrati sfiorano il 98% e questo ci fa ben sperare per un futuro in cui il digitale potrà affiancare senza problemi la pianificazione tradizionale. D’altra parte, per le nostre radio il fruitore che arriva tramite i canali digital fa una scelta precisa di ascolto di quell’emittente o podcast. Si conferma quindi la centralità della forza del contenuto”.
Crescita a doppia cifra del digital audio in Italia ma su volumi ancora piccoli
“Inoltre, non dimentichiamoci che, ad oggi, in Italia il digital audio, per quanto in crescita a doppia cifra, rappresenta ancora un fenomeno piccolo, che garantisce un audience incrementale da affiancare alla pianificazione “tradizionale” per colpire in modo mirato il target di riferimento. Teamradio essendo una concessionaria creata e partecipata dagli editori, ragiona sempre in ottica di tutela del prodotto editoriale e non da pura concessionaria che cerca di massimizzare il proprio guadagno“, conclude il manager di TeamRadio. (E.G. per NL)