Piccoli e moderni Orson Welles crescono. Il grande regista americano fu l’antesignano delle bufale radiofoniche, provocando un marasma generale negli Stati Uniti degli anni trenta, con la sua celeberrima “Guerra dei mondi”. In tanti, nell’arco degli anni, lo hanno emulato in tutto il mondo. Lunedì è toccato a Radio Popolare, voce libera ed anticonformista milanese dal 1976. L’emittente, che dall’anno scorso conta anche una redazione nella Capitale, è controllata da una cooperativa azionaria composta dai suoi lavoratori, coadiuvata da un vasto azionariato popolare e da una sorta d’abbonamento annuale, assimilabile al canone Rai. E proprio la sua storica indipendenza dai poteri è sempre stata la bandiera di Radio Popolare. Figurarsi cosa succederebbe tra i suoi ascoltatori se da un giorno all’altro venisse annunciata la vendita della radio con successiva perdita della sua storica indipendenza.
Lunedì scorso è andata in onda, in diretta radiofonica, una fiction. Protagonisti: direttore, amministratore delegato ed altri dirigenti che, davanti ai microfoni, annunciavano la triste notizia che, a causa di un accordo stretto l’anno scorso con un fondo etico, cui in garanzia erano state concesse alcune azioni dell’emittente, la crisi dei mutui subprime e la successiva trasformazione del debito in posti nel CdA della radio, Radio Popolare aveva perso per sempre la sua indipendenza. Lo scherzo è durato circa mezzora, ed è culminato tra le risate generali. Tanto è bastato, comunque, per mobilitare gli ascoltatori, che hanno letteralmente assalito la redazione con mail, sms e telefonate di protesta. “Sono entrato nel panico”, scrive uno; “stavo per dirottare la 91 per venire a occupare la radio e organizzare una resistenza”, scrive un altro. Oppure, “vi stavo portando i risparmi dei bambini”, dice un’ascoltatrice. Insomma, fosse stato vero vi sarebbe stata un’insurrezione popolare. Per fortuna era una bufala. (Giuseppe Colucci per NL)