Con la polverizzazione dell’ascolto radiofonico determinata dall’aumento dei vettori digitali (DAB+ e piattaforme eterogenee IP) si comprende come il problema delle indagini d’ascolto sia generalizzato e non solo italiano.
Così, quelli che qualcuno pensava fossero problemi specifici della nostra indagine ufficiale TER (Tavolo Editori Radio), si scopre che non lo sono.
Da una ricognizione di NL, è infatti emerso che il dibattito è diffuso in diversi paesi europei, anche se con differenti presupposti.
Adeguamento organizzativo e metodologico
Da noi, infatti, l’adeguamento del modello TER, sul piano organizzativo e metodologico, consegue alla bacchettata di Agcom, che, con la delibera 202/23/CONS, ha imposto correttivi (trasformazione da soggetto partecipato dai soli editori radiofonici, cd. MOC, a società rappresentativa dell’intera industria radiofonica, pubblicitari in primis, cd. JIC ed adozione di rilevazione ibrida, con l’integrazione di quella elettronica in affiancamento all’accertamento dichiarativo) che la società Tavolo Editori Radio s.r.l. adotterà nel 2024 per l’indagine 2025.
Resistenze
Un adeguamento che avrebbe dovuto essere spontaneamente adottato almeno da un paio d’anni, cioè allorquando fu chiara la necessità di mettervi mano. Ma le resistenze all’interno del CdA del TER erano evidentemente tali che si è giunti all’inevitabile.
L’evoluzione della vicenda
Così, in attesa di conoscere quale sarà lo sviluppo della situazione, soprattutto lato RAI – principale contestatrice dell’attuale indagine TER, che potrebbe promuovere presto un consesso con altri editori insoddisfatti della rilevazione d’ascolti vigenti per partire con una raccolta dati alternativa – abbiamo indagato sugli altri mercati ed abbiamo avuto conferma che l’insofferenza verso modelli d’analisi antiquati non è solo italica.
Francia
Per esempio, Oltralpe la società di rilevazione Médiamétrie ha recentemente integrato la propria rilevazione dichiarativa (CATI), con una tecnologia simile al Portable People Meter (PPM) – noto anche come Nielsen Meter, sviluppato da Arbitron (ora Nielsen Audio) per misurare quante persone di un panel ascoltassero singole stazioni radio e televisive – chiamata RateOnAir.
Olanda
La recente adozione di sistemi di misurazione convergenti è poi rinvenibile anche nell’esperienza olandese, che ha avviato un sistema cross platform e cross device per la misurazione della radiofonia, considerata la sua ormai consolidata dimensione multipiattaforma.
OK in UK
Anche RAJAR (Radio Joint Audience Research), l’indagine sull’ascolto radiofonico UK, è stata in tempi recenti innovata, come sottolineato dalla stessa Agcom nella delibera 202/23/CONS, che ha annotato la presenza di “una soluzione ibrida che combina i dati rilevati dai diari e dai meter” che potrebbe essere assunta a riferimento per l’ammodernamento della rilevazione italiana.
Upgrade
“Infatti, ad ottobre 2021 RAJAR (dopo anni di sollecitazione da parte dell’industria radiofonica, ndr) ha introdotto una nuova metodologia che aggiunge al sistema esistente, basato sui diari d’ascolto, l’ampliamento delle sue fonti di raccolta dei dati con l’inclusione per la prima volta di un panel con la tecnologia MediaCell (tecnologia PPM)”, ha spiegato l’Autorità nel suo percorso d’analisi.
I vantaggi della rilevazione ibrida
“Questa metodologia flessibile e avanzata – secondo l’Autorità – fornisce una maggiore stabilità e sicurezza per i futuri sondaggi RAJAR, ottimizzando le risorse e creando una solida base per lo sviluppo futuro”.
Effetto ricordo del brand vs ricordo dell’ascolto
D’altra parte, è noto che “il metodo dei diari (qui per scaricare un modello, ndr) neutralizza per il 70% l’effetto ricordo del brand e non dell’ascolto, non è inficiato dagli effetti negativi del marketing telefonico e dai timori del phishing rispettivamente di CATI e CAWI e, se integrato da una rilevazione elettronica, può effettivamente contemperare le esigenze di stazioni nazionali e locali”, si legge in un report d’analisi della società di consulenza strategica nell’ambito delle comunicazioni di massa Media Progress.
Il caso della Germania
L’insofferenza che ha spinto il sistema radiofonico anglosassone ad aggiornare RAJAR, si ritrova anche in Germania, dove si contesta il fatto che per comparire negli elenchi della rilevazione MA (Media-Analyse) una stazione deve arrivare ad almeno 351 casi nei sondaggi CATI, su un totale di circa 67.000 interviste.
351 casi, con l’exit immediata sotto i 201
Se l’emittente monitorata scende al di sotto della soglia di 351 casi per tre rilevazioni successive, ma ha raggiunto almeno 201 casi, la quarta ondata sarà l’ultima. Se una stazione non totalizza nemmeno i 201 casi, invece, non comparirà più in elenco.
Soglie di sbarramento troppo alte a fronte della polverizzazione dell’ascolto
Sennonché, la moltiplicazione dell’offerta radiofonica digitale, specularmente alla polverizzazione dell’ascolto su più soggetti, in Germania come in Italia ha reso problematica una soglia di sbarramento che aveva senso con la proposta analogica, decisamente più limitata.
Gli ascoltatori non sono pani e pesci
Perché, si sa, checché se ne dica, gli ascoltatori radiofonici non si moltiplicano come i pani e i pesci. Semmai diminuiscono (al cospetto della competizione delle piattaforme di streaming audio on demand) e si suddividono tra un numero sempre maggiore di soggetti. Una polverizzazione identica a quella della televisione digitale terrestre.
Horizont
Alla questione ha dedicato un articolo il periodico tedesco Horizont (al quale rimandiamo per un approfondimento), che ospita vari contributi di operatori.
In Germania l’ascolto si sta spostando dalla FM al DAB+, polverizzandosi
Secondo Jan-Uwe Brinkmann, Head of Legal & Political Affairs di Raudio.biz (Data-Driven Audio Advertising), player nel campo del digital audio, i limiti quantitativi di MA ostacolano “la concorrenza non tenendo conto che l’ascolto FM diminuisca progressivamente a vantaggio dell’offerta DAB+, su prodotti non sempre rilevati dall’indagine, con un danno per l’intero ecosistema”.
Il veto del TER all’iscrizione dei nativi digitali
Una situazione per certi versi analoga a quella italiana, che vede l’anacronistico divieto di TER all’iscrizione di stazioni native digitali (DAB+), regolarmente autorizzate dal Ministero delle imprese e del made in Italy solo perché non dispongono di impianti FM.
Quadro (ir)realistico dell’ascolto con la polverizzazione progressiva
Un atteggiamento che, oltre ad impedire una fotografia realistica della distribuzione dell’ascolto, favorisce le accuse di corporativismo mosse al comparto radiofonico italiano e, soprattutto, appare incurante verso la tendenza all’implementazione dell’offerta digitale.
150 stazioni sull’elenco dell’autoradio…
D’altra parte, con la progressiva attivazione di mux di stazioni locali, il caso di Milano, con oltre 150 stazioni ricevibili, più che raddoppiate rispetto a quattro anni fa, la polverizzazione dell’offerta diverrà la norma.
…. e 200.000 online
Beninteso, niente a confronto delle oltre 100.000 stazioni presenti nel solo aggregatore di flussi TuneIn (che pure da qualche anno non inserisce nuove emittenti). E di aggregatori ce ne sono circa un centinaio, quindi, al netto delle sovrapposizioni, parliamo di circa 180.000/200.000 stazioni da tutto il mondo.
Il nodo automotive
Situazione aggravata dal fatto che la tendenza dell’automotive non è quella di favorire il DAB+, ma i sistemi integrati Apple CarPlay ed Android Auto che, naturalmente, fanno riferimento alle app delle stazioni o degli aggregatori radiofonici scaricate sugli smartphone degli utenti.
Play
Chiunque in possesso di una nuova vettura, può verificare che se allo spegnimento dell’auto si sta ascoltando un’app attraverso Apple CarPlay o Android Auto, essa sarà riproposta al successivo avvio della vettura.
Come per le smart tv
E’ quindi evidente che, come accade con le smart tv, la progressiva fidelizzazione dell’utente a tali sistemi di fruizione audio, spingerà ad emarginare le soluzioni via etere.
Perimetro d’analisi
Di qui, più che mai, la necessità di allargare il perimetro d’analisi affiancando ai metodi dichiarativi quelli tipici della total audience, come la metodologia SDK.
Adatta allo sviluppo velocissimo dell’ascolto digitale eterogeneo
La quale, in effetti, appare più adatta al velocissimo sviluppo dell’ascolto digitale eterogeneo che è il vero motore della polverizzazione.
Come funziona
Il sistema SDK (Software Development Kit), già impiegato da Audiweb che contribuisce alla rilevazione Audiweb Daily/Weekly consente di integrare gli strumenti di misurazione nei contenuti digitali indipendentemente dal device utilizzato per la fruizione del contenuto.
Terzi contributori
Così permettendo la coerente attribuzione di tutte le audience rilevate, anche quando riferite a contenuti editoriali fruiti in applicazioni mobile di terzi, alla fruizione di video su differenti piattaforme, alla modalità Facebook in-app mobile browsing, a Facebook Instant Article o Google AMP.
Contenuti statici e dinamici
Più in dettaglio, l’SDK può rilevare sia contenuti statici (pagine) che contenuti video live e on-demand ed è disponibile per browsers, applicazioni iOS ed Android.
Dati censuari
Inoltre, nella raccolta dei dati censuari vengono utilizzati dei filtri in grado di identificare traffico non umano, così da registrare esclusivamente il traffico proveniente da browser e applicazioni, sia esso contenuto testuale o video.
Cosa è il Software Development Kit
Il Software Development Kit di Nielsen (SDK), permette agli editori iscritti al sistema di integrare
pagine e applicazioni proprietarie con i sistemi Nielsen, al fine di restituire dati censuari sui volumi della fruizione di tutti i contenuti online distribuiti tramite differenti piattaforme. (M.R. per NL)