Per Radio Radicale alla fine stavolta qualcosa è successo; ma di nuovo, più che altro, si prende un po’ di tempo, per trovare, poi – forse – una soluzione definitiva.
Sulla questione questo periodico è stato molto critico, ma l’abbiamo ritenuto doveroso, di fronte a un coro che univa opposizione, parte della maggioranza, tanti singoli politici e gran parte del mondo giornalistico e intellettuale e che chiedeva una cosa sola: l’ennesimo rinnovo della Convenzione, in modo che le cose rimanessero immutate, come è accaduto per decenni.
In sostanza, si riteneva giusto che continuasse, più o meno in eterno, una situazione assurda per cui a una singola emittente radiofonica privata, per giunta legata a un partito (o giù di lì, ormai), venisse assegnata una convenzione del valore di una decina di milioni (lordi) di euro di soldi pubblici per la pura ritrasmissione dei lavori parlamentari. Ma non bastava neppure, perché c’era poi un’altra legge, in sostanza ormai ‘ad hoc’, che assegnava altri quattro milioni di euro lordi alla stessa emittente, forse (stavolta) per il solo fatto di esistere.
La situazione era con immediata evidenza assurda e paradossale, non solo perché una Radio di partito veniva pagata per un servizio pubblico rivolto a tutti (magnifica utopia pannelliana ma in realtà priva di senso logico) ma perché poi era stata istituita dal Parlamento anche un’altra Radio ‘ad hoc’ della Rai, Gr Parlamento, per svolgere lo stesso servizio di Radio Radicale.
Sono cose note e anzi ormai risapute ma soverchiate costantemente dal coro di cui sopra (con a contorno i soliti scioperi della fame e pure un intervento dell’Agcom), per cui chiunque voglia modificare le cose attenta alla libertà d’informazione, vuol chiudere Radio Radicale che svolge così bene un servizio pubblico importante, non ama la democrazia e via dicendo.
Fatta questa premessa, vediamo cosa è successo dopo le elezioni del 26 maggio, che dovevano in qualche modo decidere, fra le tante cose, anche la sorte di Radio Radicale. La Convenzione era infatti scaduta sempre in maggio e la Lega pareva molto più sensibile dei Cinquestelle all’ennesimo ‘salvataggio’ dell’emittente.
Il clamoroso successo elettorale della Lega poteva allora far pensare che Radio Radicale, così com’è, potesse cavarsela di nuovo ma per i Cinquestelle sarebbe stato l’ennesimo totale smacco su un punto per loro ‘decisivo’ come quello dei soldi pubblici per l’editoria.
Alla fine è così stata trovata – dopo il precario rilancio anche del Governo – più che una soluzione un modo per ‘tirare avanti’, che segna in effetti qualcosa di nuovo ma lascia anche tanti interrogativi per il futuro, anche immediato.
Con 138 voti a favore, 45 no (del PD) e 57 astenuti (Sel-Fratelli d’Italia, Forza Italia) il Senato ha infatti approvato nei giorni scorsi una mozione della maggioranza Lega-Cinquestelle su Radio Radicale, riformulata per il Governo dal sottosegretario Vito Crimi. La mozione prevede di fatto la concessione all’emittente di circa quattro milioni di euro (o almeno così pare, le cifre non sono chiare) come misura-ponte legata alla digitalizzazione dell’archivio, in attesa di una legge che preveda una gara per la trasmissione dei lavori parlamentari e per altri servizi radiofonici a carattere istituzionale.
Affinché si arrivi nel 2019 ad assegnare a Radio Radicale 9 milioni invece dei 12 precedenti (cifre di Crimi, che non si capisce però se siano al lordo o al netto), è previsto anche lo slittamento del via ai tagli alla legge sull’editoria dal 1° gennaio al 1° febbraio 2020. Non ci sarà, invece, almeno, l’ennesima proroga della famosa Convenzione e forse non poteva neanche esserci, essendo scaduti i termini senza né legge né rinnovo.
“Non è possibile oggi procedere con un rinnovo della Convenzione in assenza di una legge – ha chiarito Crimi – . L’impegno è che si farà nel più breve tempo possibile una legge in ambito parlamentare”. Peraltro, come correttamente detto dal sottosegretario, “il servizio pubblico garantito da Radio Radicale con la convenzione è esclusivamente limitato alla trasmissione delle sedute parlamentari, tutto il resto è altro (ovvero la copertura di congressi, convegni, incontri e manifestazioni fatta da Radio Radicale e considerata a sua volta da molti servizio pubblico; N.d.R.). Nessuno ha mai cambiato le cose in tutti questi anni; c’erano soluzioni, si potevano prendere prima, noi ci prendiamo il tempo di trovare una soluzione possibile. Ben venga quindi che per la prima volta un Governo ha apportato un cambiamento”.
In dettaglio, sarà invece attivata, nel frattempo (come prevede il testo della mozione), “una separata convenzione con Centro Produzioni S.p.A. di durata triennale, volta esclusivamente a concludere l’attività di digitalizzazione e messa in sicurezza degli archivi di Radio Radicale anche antecedenti all’attivazione della prima convenzione del 21 novembre 1994, per un importo che copra esclusivamente il costo del personale necessario allo svolgimento di detta attività”. La sostanza è che si daranno un po’ di soldi a Radio Radicale legandoli al punto meno ‘controverso’, quello dello straordinario archivio politico-istituzionale dell’emittente. Ci si domanda se poi questo archivio, sostenuto da soldi pubblici, diventerà in qualche modo a sua volta pubblico (o sarà ceduto alla Rai) ma naturalmente sono discorsi prematuri.
Ci sarà poi, dopo il varo di un’apposita legge, una gara per un “servizio radiofonico e multimediale di interesse generale destinato all’informazione e comunicazione istituzionale”, che sembra essere qualcosa di più, nella sua formulazione, della pura ritrasmissione dei lavori parlamentari.
È prevista anche la disciplina del “periodo transitorio in attesa della gara” e “l’abolizione del divieto di ampliamento della rete radiofonica dedicata ai lavori parlamentari da parte del concessionario del servizio pubblico” (qui si fa capire, in qualche modo, che la Rai potrà candidarsi alla gara, con buone possibilità).
Come si vede, restano tanti interrogativi. Fra questi ci sono anche le scelte che saranno fatte nel frattempo dalla stessa Radio Radicale. Reggerà al calo dei finanziamenti, taglierà qualcosa, continuerà tutte le sue trasmissioni e manterrà tutti i dipendenti e collaboratori? Per ora l’emittente ha salutato “con favore l’indizione di una gara per l’assegnazione del servizio di trasmissione delle sedute del Parlamento, gara che chiede pubblicamente dal 1998, e al contempo chiede che si arrivi rapidamente ad una soluzione per la copertura del periodo transitorio, che va dal 21 maggio scorso all’assegnazione della medesima gara. Senza questa rapida soluzione transitoria il servizio svolto da Radio Radicale fino ad oggi rischia di interrompersi”.
Di sicuro, insomma, c’è solo che della questione bisognerà tornare a parlare presto e che le polemiche continueranno, come sempre (M.R. per NL)